Tutto è energia: come BLOND:ISH ha trasformato il club da spazio di fuga a spazio di consapevolezza
Cambiare le "regole" del clubbing e preservare le energie: la DJ canadese si racconta nella nostra nuova digital cover story

La storia della musica elettronica è indissolubilmente anche legata agli eccessi. Non per semplice estetica o provocazione, ma per ragioni culturali, sociali e politiche. A partire dalla seconda metà degli anni ’80, periodo noto come la “Second Summer of Love”, il movimento rave si sviluppa come risposta diretta alle politiche restrittive del governo conservatore di Margaret Thatcher nel Regno Unito. I giovani, esclusi dai circuiti ufficiali della cultura e schiacciati da un clima di repressione, trovano nei rave illegali uno spazio di libertà radicale, espressione collettiva e resistenza. È l’origine di un immaginario che porterà alla nascita di icone come Orbital, The Prodigy, Underworld, e a una rivoluzione culturale che supera rapidamente i confini britannici.
Per decenni, club culture e nightlife hanno vissuto all’interno di questa dialettica: creatività, innovazione e visione ma anche autodistruzione, abuso e fuga. Ma se allora quella scena rappresentava una controcultura, una zona temporanea in opposizione al sistema, oggi le cose sono cambiate radicalmente. La musica elettronica è diventata un’industria globale: festival in ogni angolo del pianeta, tournée intercontinentali, brand, sponsor, media, comunicazione. La club culture non è più soltanto un rifugio ai margini, ma una delle industrie culturali più potenti e strutturate al mondo.

Oggi però il panorama è profondamente cambiato. Fare il DJ è diventato a tutti gli effetti un lavoro, con ritmi serrati, tournée globali e una richiesta crescente di presenza, lucidità e professionalità. Il lifestyle degli anni ’90 non è più sostenibile in un mondo che viaggia h24, dove essere centrati e in salute è diventato un requisito fondamentale per reggere la pressione di un’industria sempre più complessa.
In questo nuovo equilibrio, dove la ribellione degli anni ’90 ha, di fatto, lasciato il posto al linguaggio della performance e dell’imprenditoria, emerge una generazione di artisti che riscrive le regole a modo proprio. Persone che hanno vissuto sulla propria pelle il fascino e il peso degli eccessi, ma che hanno saputo trasformare la cultura del clubbing in qualcosa di più professionalizzante.
BLOND:ISH è l’incarnazione di questo passaggio ed è per questo la protagonista della nostra nuova digital cover. Oggi BLOND:ISH è una delle voci più autorevoli del cambio di paradigma all’interno della musica elettronica, capace di unire musica, benessere, sostenibilità e community. A testimoniarlo è la sua residency al Pacha Ibiza, dove ogni mercoledì, dal 21 maggio al 30 luglio, con il suo format Abracadabra, trasforma il club in uno spazio che fonde musica, spiritualità e connessione collettiva. Nata da una famiglia di immigrati ungheresi, cresciuta in una provincia canadese, dentro le dinamiche di una famiglia disfunzionale, scopre presto nella musica e nella nightlife uno spazio di espressione, ma anche di fuga. Per anni pensa che per “esserci” serva stare ovunque: in ogni festa, ogni after, ogni evento. Un copione che conoscono bene tutti quelli che hanno vissuto la club culture dal basso. Ma la svolta arriva quando capisce che, se vuoi fare di questa vita un lavoro e non solo una corsa alla performance, servono regole. Serve centratura e disciplina. Serve trasformare il club da spazio di fuga a spazio di consapevolezza.
L’intervista a BLOND:ISH
Partiamo da un tema centrale: come si tiene l’equilibrio tra la vita del clubbing e una vita personale sana e consapevole?
Non è facile, ma è fondamentale. Ho fatto anch’io la gavetta nelle feste infinite, negli after senza fine, pensavo fosse necessario per “esserci”, per farmi vedere, per crescere. È un’illusione che molti nel nostro mondo hanno. Poi, grazie a un mio ex manager, che lavorava anche con Black Coffee, ho capito che puoi fare le cose in un altro modo. Mi disse: «Guarda lui. Arriva dieci minuti prima, fa il suo show, abbraccia chi deve, scatta due foto e va a casa. Non lo vedi mai agli after. È professionale, è centrato, ed è una leggenda». È stato un momento di svolta.
Una scelta radicale, considerando il mondo in cui ti muovi.
Sì, e mi ha cambiato la vita. Ho capito che la mia energia è il mio capitale più importante. Se la spreco, non posso dare niente alle persone. È lì che ho iniziato a interessarmi sempre di più a pratiche come la meditazione, il qigong, il tai chi, la respirazione. Non sono solo pratiche spirituali: sono strumenti pratici per chi, come me, vive in un ciclo continuo di voli, set, stress e fusi orari.
E hai trovato anche soluzioni molto concrete. Parliamo degli energy patch.
Assolutamente! Ho creato questi energy patch con un’azienda inglese. Sono dei cerotti che rilasciano sostanze naturali come yerba mate, ashwagandha, lion’s mane, coenzima Q10, vitamine del gruppo B… Ti danno focus, lucidità, energia. Li porto ai festival, aiuto gli artisti e anche il pubblico a ricaricarsi in modo sano. È un’alternativa agli stimolanti tossici. Non è che non mi piaccia ancora ballare e fare festa, ma lo faccio in modo consapevole.
Veniamo al tema culturale. Credi che la scena elettronica sia pronta per questo cambio di paradigma?
Negli Stati Uniti il cambiamento è già realtà. Oggi se fumi una sigaretta a Los Angeles sei visto come un alieno. Moltissimi club stanno facendo fatica a vendere tavoli perché la gente beve sempre meno. In Europa è più lento, ci sono più resistenze, ma è inevitabile. Anche il clubbing deve evolversi. Non possiamo continuare a pensare che fare festa significhi solo distruggersi.
È curioso come questo tema in Italia sia ancora un tabù. Spesso la musica elettronica viene etichettata come eccesso, droga, alienazione.
Lo so. C’è ancora molta paura del cambiamento. Una volta, in un viaggio in Italia, ho portato delle gomme alla caffeina – che in America vanno fortissimo – e la gente era diffidente! Mi dicevano: «No, no, preferisco altro…» (ride, ndr). Ma è un processo. La mia missione è mostrare che puoi divertirti, ballare, creare connessione e trasformazione senza necessariamente fare scelte distruttive.
Parliamo di Abracadabra. Non è solo un party: cos’è per te?
È un portale. Un’esperienza immersiva che unisce musica, arte, spiritualità, benessere e community. È uno spazio dove puoi esplorare te stesso, oltre il dancefloor. Non è un caso che negli Stati Uniti Abracadabra sia registrato come una chiesa. Il nostro credo è semplice: crediamo nella magia, ma la magia che ognuno può creare dentro di sé. E la musica è uno degli strumenti più potenti per attivarla.
Anche la scelta estetica è molto forte. Le grafiche, il visual design… quanto c’è di tuo?
Tantissimo. Sono ossessionata dalla coerenza visiva. Tutto il concept grafico di Abracadabra si ispira ai francobolli di LSD: quel tipo di immaginario che apre portali, che richiama mondi paralleli, ma senza essere esplicitamente psichedelico. È un invito a scoprire cosa c’è dietro il visibile. Ho un direttore creativo pazzesco con cui lavoro, ma sono presente in ogni fase, perché per me tutto è parte dello stesso linguaggio: suono, immagine, energia.
Articolo di Tatiana Tardio
Leggi l’intervista completa a BLOND:ISH nel nuovo magazine Electronic Issue di Billboard Italia, già disponibile qui in pre-order e da fine luglio in punti vendita selezionati.