Interviste

Paky, la giusta vita sbagliata

Siamo stati a Rozzi con il rapper ma non è stato il solito giro in quartiere. Mentre sta ultimando l’album si è preso una pausa e ci ha mostrato i

Paky, la giusta vita sbagliata
Autore Silvia Danielli
  • IlMaggio 26, 2025

La storia di Paky e di Rozzano potrebbe essere riassunta da uno degli incipit più famosi della storia della letteratura. «Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece infelice a modo suo». Anna Karenina. Molti paesini dell’hinterland milanese si somigliano rispetto alla felicità delle vie più curate e anche standardizzate del centro. Ma ognuno di loro ha la sua storia. A Rozzano questa sensazione di trovarsi in un luogo a sé è più forte che mai. Non è la Cinisello Balsamo di Sfera Ebbasta e nemmeno la Cesano Boscone di Shiva. Ci sono anche qui i palazzoni anni ‘60/70 piuttosto abbandonati, anzi è uno dei paesi in cui si concentra il maggior numero di edilizia popolare in Italia e Rozzano, tra l’altro, è stato incluso nei paesi che ricevono il contributo per lo sviluppo stabilito dal Decreto Caivano del 2023.

Come scriveva in Febbre Jonathan Bazzi, lo scrittore più famoso del luogo: “A Rozzano tanta gente ha origini meriodionali. Ma Rozzano non è Sud. È una specie di Sud senza il calore del Sud. È Sud sradicato e reimpiantato in fretta. Un concentrato delle difficoltà delle piccole periferie della Calabria, della Sicilia, della Puglia, della Campania, innestato in mezzo al freddo e alla nebbia della Pianura Padana”. Per aiutarci a decifrare questi sentimenti, non può esserci miglior rappresentante del rapper che ci vive da quando ha 10 anni. Per chi non se lo ricordasse, il nickname deriva dal lituano pakartas, impiccato. E per spiegarlo lui aggiungeva di aver cercato quale traduzione suonasse meglio nelle diverse lingue.

Foto di Antonio De Masi

Innanzitutto: è davvero infelicità quella che percepiamo? O è un misto di sensazioni? E poi, perché anche Paky è così particolare, riconoscibile appena apre bocca o solo per come si muove? Adorato come un idolo nella sua zona, certo. Ma non solo. Siamo stati un pomeriggio e una serata con lui che sta preparando il nuovo album e che ci ha fatto vedere i luoghi che lo hanno formato e da cui non vuole allontanarsi, come ha raccontato anche anni fa. Ci aggiriamo tra le viette del centro di Rozzano che sono tutte poeticamente intitolate a delle piante:  via dei Garofani, delle Verbene, delle Peonie, dei Tigli.

«L’altro giorno ho incontrato un gruppo di ragazzi che arrivavano da Firenze e volevano proprio vedere Rozzano», racconta lui, all’anagrafe Vincenzo Mattera, classe 1999. «Quando mi hanno visto sono rimasti stupiti, non se lo sarebbero mai immaginati di incontrarmi. E io gli ho chiesto perché dalla loro bella città fossero venuti proprio qui, se non fosse per “comprare” perché qui costa tutto meno». Eppure, non era assolutamente per quello. «Erano venuti solo per cercare me e per vedere quello che racconto. Ma io non ci credevo, pensavo mi prendessero per il culo. Gli ho ricordato che a Rozzano non c’è niente di bello da vedere, era meglio se andavano a divertirsi in centro a Milano. Invece probabilmente era proprio per il racconto che ho trasmesso di questi posti».

Mentre Paky parla si sente decisamente l’eco dei suoi brani. Sarà il timbro nasale così riconoscibile o la cadenza del flow. Lento ma implacabile. Prosegue: «Non me ne capacitavo. Noi spesso vorremmo andarcene da qua. E questi ragazzi sono venuti apposta».

Foto di Antonio De Masi

In realtà da qua non pare che Paky se ne voglia andare. «Vorrei solo vedere altro». Cresciuto tra Secondigliano e Fuorigrotta, Paky si è trasferito qui da piccolo, a 10 anni, insieme ai genitori che a loro volta raggiungevano altri parenti. «Eravamo in autostrada e ricordo che qualcuno diceva al telefono a mio padre che si era perso che quando avrebbe visto “il fungo” voleva dire essere a Rozzano. Che poi era la torre Telecom. E quell’immagine del “fungo” me la ricordo benissimo. Mi sono trovato subito bene. Ho capito che era terra di nessuno nel senso che non prevaleva nessuno. Qui non senti i pregiudizi verso l’altro». Paky al simbolo della Torre Telecom tiene tantissimo e infatti andiamo proprio lì sotto a scattare alcune foto di questo servizio.

Qui Vincenzo fa la sua vita, con i suoi orari completamente diversi dalle persone “normali”. Va a letto alle 10 del mattino e si sveglia alle 17. «Mi sento un po’ stressato però, perché devo chiudere il disco. Prima vivevo un po’ alla giornata, quando mi veniva qualcosa la scrivevo. Adesso devo chiudermi in studio per forza». All’album stanno lavorando tanti produttori: i fidati Kermit e Night Skinny. Pietro dei 2roof, Timon.

Gli studi sono belli e piuttosto grandi, vicino a una chiesa evangelica e a una discoteca. Un’altra accoppiata che rende particolare l’atmosfera di Rozzano, anche se si potrebbe ritrovare tranquillamente pure in viale Monza a Milano. «Li ho fatti costruire per me, soprattutto all’inizio, ma non solo, perché i ragazzi di Rozzano devono avere un’alternativa. Se no i ragazzi finiscono solo in strada, non ti pare? Non ci sono i soldi per andare a Milano».

Sul muro dello studio risaltano i due dischi di platino per Rozzi, la sua hit incredibile del 2019 che lo fece conoscere a chiunque. Sul pavimento, invece, sono incastonate le targhe dei platino: i tre per Salvatore, il primo album ufficiale del 2022 dedicato allo zio morto in un incidente stradale a cui l’artista era legatissimo. I singoli platini per Mi manchi e per Star con Shiva. E quando i platini aumenteranno? I ragazzi del team hanno già pensato a come fare per aggiungerli: alzare la resina, aggiungerli, rimetterla.

Ed è molto probabile che Paky ne aggiungerà altri. Il suo modo di fare e di essere, così indecifrabile ma allo stesso tempo comunicativo, è sicuramente una sua caratteristica. Sul palco dell’Ultimatum a Milano di Night Skinny si è distinto subito in mezzo ai veterani come Ghali e Tedua e alle nuove leve come Artie 5ive, Papa V, Kid Yugi. Ma che cosa lo rende così diverso? «Me lo chiedo anche io. Non mi sento migliore, solo differente. Credo sia perché sono cresciuto davvero nelle fognature».

Leggi l’intervista completa sul nuovo numero di Billboard Italia The Suburbia Issue prenotabile a questo link.

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