prima stanza a destra, nascosto in piena vista
Misterioso, intimo, sperimentale: dell'artista napoletano non sappiamo nulla se non questo, ma ci basta per farcelo amare

GEN B è il nuovo format editoriale di Billboard Italia che vuole dare agli emergenti più interessanti in circolazione lo spazio che meritano. Una serie di cover digitali che approfondiscono a tutto tondo le next big thing della scena scelti direttamente dalla redazione, che ogni mese punterà su due artisti che hanno dimostrato di avere quel quid per fare il grande salto. Il nuovo protagonista è prima stanza a destra, e questa è la sua prima intervista.

Foto: Simone Biavati
Creativer director: Pierfrancesco Gallo
Stylist: Sofia Spini
Ass. stylist: Ilaria Campana
Digitando il nome di prima stanza a destra su internet, la prima cosa che si legge è che “è un luogo in cui sentire le proprie emozioni, rivivere il passato e viaggiare con la mente”. Di lui, infatti, non sappiamo nulla, se non che è giovanissimo (ha solo 22 anni), di Napoli e, pur rimanendo nascosto in un anonimato che non è quello delle maschere, ma quello delicato, sognante, sfocato e soffuso, ha iniziato a farsi conoscere nel panorama musicale italiano per il suo stile unico. Una scelta, quella di non mostrarsi, in contrasto con la società dell’apparenza che ogni giorno ci spinge a performare sempre di più, a mettere il nostro io al centro di tutto e davanti alla musica stessa. «L’anonimato è un modo per abbandonare ogni forma di ego quando creo», mi spiega infatti prima stanza a destra nella sua prima intervista in assoluto.
Il suo primo EP, AMANDA, è una piccola perla che mischia elettronica, synth pop e shoegaze; le 9 tracce raccontano di una storia consumata tra finestrini appannati, stanze silenziose con un pianoforte che nessuno suona più e hanno il sapore di una sigaretta fumata al buio in cameretta o di un viaggio in auto da soli in piena notte su una strada lunghissima in cui forse non conosci ancora la meta.
Ed è proprio durante un viaggio verso la sua Napoli che si svolge questa intervista in cui prima stanza a destra ci ha aperto un piccolo squarcio su di sé, raccontandoci di quando ha capito che scrivere canzoni era il luogo in cui poteva essere davvero se stesso, degli artisti che lo hanno ispirato e di quella volta che, in apertura di Fred Again.. in Piazza del Plebiscito, ha guardato il Vesuvio tutto il tempo sentendosi davvero a casa. Come solo la musica può fare.
La prima intervista di prima stanza a destra
Quando e come ti sei avvicinato alla musica?
Mi sono avvicinato alla musica relativamente tardi, avevo quindici anni e la sensazione di sentire tutto in un modo più intenso degli altri. Mi sentivo costantemente fuori posto, poi è arrivata la musica. Ho iniziato a scrivere e da quel momento non ho più smesso, è come se mi fossi sentito a casa per la prima volta, una sensazione che è difficile da spiegare a parole. Ma spero di aver reso l’idea.
Come è nato il progetto prima stanza a destra e cosa significa per te questo nome?
È nato totalmente per caso, ero in un periodo della mia vita molto particolare, stavo cambiando università, iniziavo ad abbandonare l’idea di provare a pubblicare della musica. Ricordo benissimo quella serata: era il primo luglio del 2023, mi trovavo ai giardinetti del Corso Vittorio Emanuele di Napoli, ero lì con un mio amico a mangiare una pizza. A un certo punto, mentre parlavamo di musica, mi viene in mente di iniziare a fare delle canzoni cantate in falsetto su dei beat super ambient che avevo, senza struttura, solo con un sacco di emotività.
Glielo dissi e iniziammo a pensare a un nome: subito mi è venuta in mente la parola “stanza” perché ero sempre chiuso li dentro a fare musica. E poi “prima stanza a destra” perché, molto teoricamente, quando entri a casa, la mia stanza è la prima a destra. A quel punto gli dissi: “Matte’, non mi dire niente, devo andare subito a casa a fare ‘ste canzoni” e scappai via. Ne ho fatte praticamente sei in due giorni, e circa una settimana dopo è nata ti amo.
L’idea di fare musica mantenendo l’anonimato l’hai sempre avuta o è arrivata con l’inizio del tuo progetto?
È arrivata con l’inizio di questo progetto, ma non è stata una cosa ragionata. All’inizio volevo solo pubblicare un disco con le demo che avevo, usando una copertina con una foto a caso di uno spot in cui vado sempre, a Posillipo, con quei pini meravigliosi, la luna che riflette sul mare e Capri di fronte che ti guarda.
Cosa rappresenta per te questa scelta? È un modo per raccontarti nei tuoi lati più intimi? È una cosa che ti fa sentire più libero e in qualche modo più protetto?
Non è una cosa a cui dò tanto peso, e non mi piace “sfruttarla” per creare mistero/interesse. È un modo per abbandonare ogni forma di ego quando creo.
Rimanere anonimo è anche una sorta di ribellione a una società che si basa troppo sull’immagine?
Forse inconsciamente un po’ lo è, non saprei. In generale ho sempre odiato essere al centro dell’attenzione. O forse è solo insicurezza: le cose che vediamo fuori e ci infastidiscono spesso sono solo il riflesso dei nostri lati irrisolti.
Rinunciare all’ego e alla fama è forse l’atto d’amore per la musica più puro che ci sia: ma quanto è difficile conciliare le due cose? Hai mai pensato di voler uscire allo scoperto per questo motivo? E se sì, cosa ti ha fatto desistere?
Secondo me una componente imprescindibile degli artisti dovrebbe essere fare bella musica e basta. Nel mio caso non è una scelta cosi drastica, non mi interessa più di tanto e non escludo che un giorno il mio volto sarà noto. Resta il fatto che metterò sempre in primo piano la musica e non la mia faccia o il mio ego, questo è sicuro.
Quali sono le tue principali influenze musicali, sia italiane che internazionali?
Sicuramente una delle mie influenze più grandi è Battisti, amo il suo modo di usare la voce. Ci sono tanti artisti italiani che stimo, in particolare ultimamente sto ascoltando tanto Brunori Sas e Andrea Laszlo De Simone. All’estero c’è troppa musica di cui sono innamorato, a partire da Franz Liszt fino ai Daft Punk, Lana del Rey, Sufjan Stevens, Tame Impala. Sento una connessione molto profonda con questi artisti, mi tengono compagnia in quasi tutte le mie giornate.
Da produttore, per te arriva prima il testo o la musica?
Per me trovare una progressione armonica che mi emoziona è la cosa più bella e divertente che c’è, è come dipingere un quadro. Il testo viene fuori da sé, quando l’armonia ti tocca nel profondo.
Cosa rappresenta per te AMANDA?
L’innocenza.
Qual è il tuo brano cui sei più legato e perché?
Non siamo durati niente noi. Non posso dirvi perché, però la seconda strofa rende l’idea.
Hai collaborato nell’album di Golden Years in un bellissimo pezzo con nayt e Frah Quintale: con
quali altri artisti ti piacerebbe sperimentare?
Grazie mille, ci sono tanti artisti con cui sto sperimentando e da cui sto imparando tanto. La musica mi sta facendo conoscere un sacco di persone meravigliose, molti ormai sono amici, ed è forse la cosa più bella che potesse accadere.
Questa estate hai aperto i concerti di James Blake e Fred Again..: che emozioni hai provato e quanto
sono stati di ispirazione per la tua arte?
È stata un emozione bellissima, soprattutto a Napoli: mi ricordo che, mentre stavo prendendo il motorino per andare a fare il soundcheck, dal b&b che c’è nel mio palazzo sono usciti dieci ragazzi con la maglietta di Fred Again.., sono rimasto senza parole. Poi su quel palco è stato emozionantissimo, si vedeva benissimo il Vesuvio da lì: l’ho guardato tutto il tempo. In generale per me è un onore aver fatto queste due aperture, sono due artisti a cui sono molto legato. E che sì, mi hanno ispirato tanto.
Puoi raccontarci qualcosa del tuo ultimo singolo, dimmi che provi quello che provo io?
Ho scritto il giro di accordi e la prima strofa poco prima di andare dalla persona di cui parlo nella canzone, poi mi sono messo in macchina. Avevo un’ ora di viaggio davanti a me: mentre guidavo, guardavo questi monti con solo la punta innevata, tra la Campania e il Lazio, e ascoltavo a ripetizione quella bozza. Appena sono tornato a casa, circa alle due di notte, mi sono messo a sperimentare ed è venuto fuori il ritornello. Poi qualche mese dopo, per caso, l’ho riascoltata e ho scritto la seconda strofa. Mi ha tenuto compagnia tutta l’estate, e non vedevo l’ora di condividerla con il mondo.
Nel 2026 sarai in tour per la prima volta: quanto è importante per te la dimensione live?
È una figata e ovviamente non vedo l’ora, sto scrivendo delle canzoni che mi emozionano davvero tanto e cantarle dal vivo sarà bellissimo.
Di seguito tutte le date del primo tour di prima stanza a destra.