The Rhove Moves
L’artista di Rho, protagonista della nostra digital cover story, si racconta senza filtri: che cosa ha capito quando ha raggiunto il successo così in breve tempo, che cosa ha in mente ora, con chi vorrebbe collaborare, dove vuole arrivare

Rhove, foto di Alessio Mariano
Incontrare Rhove significa resettare qualsiasi idea si possa avere su di lui. Fare una bella capriola sui pregiudizi, come quelle che ha fatto lui nel nostro shooting, e ripartire. Perché inutile negarlo: lui nell’immaginario di chiunque non l’abbia mai incontrato rimane l’artista da milioni di stream di Shakerando che ha raccontato la sua provincia influenzato profondamente dal rap francese. Eppure, imbattersi nell’artista significa scoprire altri lati inediti della sua personalità.
Lui lo dice subito, scherzandoci sopra: «Non sono come gli altri artisti». E un po’ è vero. Di recente è tornato con Avion, con i beat afro prodotti da MadFingerz e una storia di incontri, viaggi, ragazzini di strada. Una storia un po’ diversa da quelle raccontate nei pezzi che vanno in questo momento e che convertono in stream e views. Ma dalle sue parole non traspare alcun sentimento di insoddisfazione per il fatto che il suo brano non sia nella Top 50 di Spotify.
Foto: Alessio Mariano
Creative director: Pierfrancesco Gallo
Stylist: Sofia Spini
Ass. stylist: Giorgia Acalia, Sofia Riva
MUA: Marta Carrara
Produced by: The Hills
Executive producer: Andrea Chelli
Producer: Simone Petrucci
Rhove è molto interessato anche a fare esperienze e incontri, sport (tantissimo), meditazione. E comunque ha tutta l’intenzione di raccontare ancora la sua vita di strada, da solo (come il recente La Provincia 4) e in feat (l’ultimo quello con Niky Savage in MBAPPE HAMSIK). Per comprendere le intenzioni del nuovo Rhove e l’evoluzione del suo ultimo periodo, partiamo dalla fine, dall’ultimo aneddoto che racconta prima di salutarci: «Come quando ci sono dei corridori in gara, uno arriva prima e l’altro si ferma ad aiutare una persona in difficoltà e arriva dopo. Chi avrà avuto più soddisfazioni tra i due? Io non ho dubbi».
L’intervista a Rhove
In questo periodo hai viaggiato molto: stavi cercando qualcosa in particolare?
Qualcosa di più profondo della fama, diciamo, per sintetizzare parecchio il concetto. Ho iniziato, ho avuto successo dopo non molto tempo e mi sono chiesto se tutto ciò mi bastasse o se avessi bisogno di qualcosa di più vero. Quindi ho iniziato a comprendere che la strada non fosse la mia vera madre. E che forse fare qualcosa di positivo per me e per gli altri sarebbe stato meglio. Così ho iniziato a viaggiare, a meditare, ad aprirmi a nuovi incontri e a conoscermi meglio.
Quali incontri ti hanno condizionato?
Un insieme mi ha illuminato, non proprio uno in particolare.
Invece ce n’erano stati di negativi in precedenza che ti hanno spinto ad allontanarti per un po’?
Sì, quello con il mondo dei ricchi. Io ho iniziato a rappare perché volevo far conoscere il mondo dei miei amici e il mio, ovviamente. Ma poi sono entrato in contatto con questo universo dove dovevo sempre e soltanto mostrare. E mi sono ritrovato in situazioni dove la gente ha iniziato a esaltarmi. Così mi sono chiesto: “Ma a me interessa?”. Così ho deciso di allontanarmi per un po’ per dedicarmi davvero a ciò che mi dà soddisfazione. Anche per affrontare tutte le situazioni che mi provocavano rabbia e frustrazione in una maniera diversa. Ho capito che ci vuole più coraggio ad amare che a odiare.
Ripensando al periodo di Shakerando,c’è qualcosa che faresti in modo diverso?
No, non penso proprio. In fondo una persona senza sofferenza è totalmente diversa.
Anche rispetto ad alcuni episodi del passato, come quello in cui hai incitato il pubblico a partecipare di più a un tuo concerto ma in modo forse un po’ aggressivo, pensi di aver sbagliato o sono stati riportati in maniera esagerata?
Sicuramente mi sono trovato da molto giovane ad avere troppa attenzione addosso. Forse poi le persone pensavano che dicendo sempre cose positive dovessi sempre comportarmi di conseguenza, quando invece anche Bob Marley di sicuro si è trovato a perdere le staffe. Poi, insomma, avevo solo chiesto al mio pubblico perché non saltasse. Però è stato utile quel periodo perché mi ha fatto capire un sacco di cose. E poi penso che in Italia se uno si trova in alto poi viene giudicato da tutti, è una gara un po’ malsana.
Ti senti ancora dentro alla scena?
No, per nulla. Non mi sento dentro alcuna scena. E soprattutto: non voglio essere al primo posto della scena. Tengo moltissimo a questo concetto. Semmai vorrei essere il più felice della scena.
La scena ti vede sempre come uno tranquillo che si fa gli affari propri?
Certo, penso di sì. Ho un ottimo rapporto con tanti artisti e penso che loro mi vedano come quello che c’è ma a volte sparisce. Anche i miei fan lo sanno: ho bisogno di allontanarmi, a volte. Perché ho bisogno di vedere altro per poi raccontarlo, se no di cosa parlo? Se io viaggio, mi butto per strada e dormo in giro, voglio e posso far capire che forse la felicità sta da un’altra parte.
Ci sono molto artisti che si sono arricchiti e ora raccontano cose meno interessanti.
Non so se sono meno interessanti ma di sicuro si ritrovano dentro alla gara. Ed è facilissimo entrarci. Perché la gara un po’ ti richiama, perché viene da chiederti: “Ma perché quello lì è primo e non io?”. Ma che gara è? Tanto un pezzo quanto dura? Un mese?
Ma Shakerando ti è servita?
Certo, qualche pezzo che funziona e ti aiuta a espanderti serve sempre. Però se avessi fatto dieci pezzi come Shakerando sarei più famoso ma sarei inutile. Ne sono convinto.
Adesso invece è uscita Avion.
È nata in studio a Lione con il mio produttore, Madfingerz, e per me è l’inizio di un nuovo ciclo nato dall’esigenza di pubblicare musica che arriva al cuore. Magari inizialmente sarà un po’ meno nelle classifiche, ma sono sicuro che poi arriverà dove deve arrivare. C’è molta gente che mi scrive che quando l’ascolta scoppia a piangere perché si ricorda di casa sua in Senegal. Per me quello è più importante di qualsiasi disco d’oro.
Hai mai sentito pressioni da parte della casa discografica in questi mesi e anni?
Mai. Anche perché ho ben chiaro ciò che voglio, così è difficile che qualcuno provi a convincermi a fare qualcosa.
Qual è il viaggio che ti ha cambiato la vita?
Ho viaggiato ancora poco per quello che vorrei: sono stato in Cina, Vietnam, Indonesia e ognuno di questi viaggi mi ha dato qualcosa. Perché non penso che il viaggio sia andare in un posto bello ma, in fondo, regalarsi alla vita. Quando viaggio mi lascio trasportare dalle cose: finisco in una fattoria, aiuto a coltivare, mi faccio ospitare. Un viaggio senza difficoltà non può piacermi.
Quando sei andato in Senegal per girare il video cosa ti è successo?
Ho preso un’infezione. Imito spesso i ragazzini e salgo sugli alberi, così sono caduto. Mi sono ferito e diciamo che non ho seguito la cosa con attenzione, così mi sono infettato e sono finito in ospedale.
Che cosa vuoi fare musicalmente in questa tua nuova fase?
Vorrei continuare a lavorare con Madfingerz e coinvolgere anche nuovi artisti. Vorrei raccontare la nuova versione di me che sta nascendo e si sta evolvendo. Voglio produrre una musica che aiuti. Non voglio abbandonare il rap ma non voglio più essere solo un rapper. Perché non mi basta più.
Ma andrai avanti con la serie di LAPROVINCE?
Se mi verranno dei pezzi in linea, senza alcun dubbio. In questo momento però non ne sento l’esigenza. Erano pezzi di ribellione e forse quest’ultima non è lo strumento per rispondere all’odio. Credo proprio che in questo periodo di forti energie negative, bisogna rispondere più con concetti d’amore piuttosto che d’odio. E credo che di rap ce ne sia già abbastanza.
Ascolti ancora il rap francese?
Mi pare che in questo momento abbia delle chiare influenze afro e quindi mi piace un sacco: Tiakola, Gims, Jul che considero come un padre.
E invece degli italiani con chi vorresti lavorare?
Mi piacerebbe collaborare con Elisa, per esempio, che è la cantante preferita di mia mamma. E poi Tedua: ci siamo detti che avremmo fatto qualcosa insieme ma non abbiamo mai avuto occasione.
Quanto sono importanti i tuoi amici?
Tanto, però un po’ ci si perde perché ognuno ha i suoi interessi. Poi ci sono molti miei amici che, come me, amano fare sport e viaggiare ma non può essere come quando eravamo più piccoli che eravamo una quarantina di persone in compagnia. Non ce l’hanno fatta tutti e io non posso nemmeno salvare tutti. Ci ho anche provato ma è impossibile se l’altra persona non vuole. Ognuno deve capirlo da solo e provarci da solo.
Continui a pensare che la provincia sia meglio della periferia?
Decisamente. Immagino che in periferia o comunque in città ci siano più rapporti finti “col sorrisino”. E quindi penso che non lascerò mai Rho per andare a Milano. Al massimo mi trasferirò in un luogo circondato dalla natura.
Dove fare sempre sport?
Sì, direi. Mi piacciono il wake-board, il parkour e sto anche seguendo un corso per diventare stuntman.
Quindi potresti andare a recitare?
Certo, mi piacerebbe. E poi medito, faccio yoga. Mi concedo del tempo per ringraziare per quello che ho. Cerco di “centrare il mio plesso solare”.
Come viaggio ora dove vorresti andare?
In Australia: mi hanno detto che si sperimenta una libertà totale, e io amo andare in giro a petto e piedi nudi. Vorrei andare a Byron Bay, in particolare. Io ascolto anche un po’ di artisti australiani, innanzitutto Bobby Alu, che ho anche conosciuto a un suo concerto in Svizzera dove c’erano cento persone e mi sono presentato. E poi Jack Johnson e Xavier Rudd, che sono anche surfisti. Voce e chitarra per me sono il massimo, chissà magari un giorno arriverò a fare musica del genere e in inglese, ma mi sembra un po’ troppo per questo momento.