Essere Sven Väth
Una conversazione con il Maestro su passato e presente della musica dance (nell’attesa del suo set da headliner ad Adriatic Sound Festival)

Sven Väth (foto di Daniel Woeller)
Quarantaquattro anni da DJ e producer, con il dito sempre pronto sul play e un desiderio infinito di condividere le sue intuizioni musicali. Sven Väth è un artista unico, che a 60 anni compiuti da poco ha ancora molto da dire, non solo con le sue playlist durante le sue serate (lo vedrete all’opera questa estate anche nel nuovissimo Adriatic Sound Festival, il 13 giugno a Fano) ma anche con le sue parole.
Non so se avete mai visto dal vivo Sven Väth: a parte l’invidiabile forma fisica e un’energia contagiosa, ciò che colpisce è che ancora suona i vinili con una grazia e un’abilità che raramente si percepiscono oggi. Roba da anni ’80 e ’90, quasi archeologia da clubbing. Eppure non ci sono mai atti nostalgici nei suoi set, tranne – se volete interpretarli così – quei passaggi tra remix contemporanei e tracce originali di trenta o quarant’anni fa. Le sue borse dei dischi contengono tanti segreti, e oggi in questa nostra conversazione ha tirato fuori ancora una volta (mi era già capitato di incontrarlo nei lustri) i suoi limpidi e illuminanti pensieri su passato e presente della musica dance, ma anche sullo stato dei club, luoghi sacri per lui ancora oggi.
Un po’ di storia di Sven Väth
Dopo aver iniziato a suonare nei primissimi anni ’80 i dischi nel pub di famiglia, Sven ottiene un posto da DJ – in piena esplosione del movimento new romantic – al Dorian Gray di Francoforte, dove incontrò Michael Münzing e Luca Anziloti. Insieme formarono gli OFF (Organisation For Fun) nel 1985, ottenendo un enorme successo commerciale con il singolo Electrica Salsa, che vendette oltre un milione di copie. Nei primi anni ’90 riuscì a imporsi come figura di spicco della “rivoluzione techno” che stava avvenendo in Germania.
Sven Väth ha poi creato un’agenzia di eventi (Cocoon Events Worldwide) e un’etichetta discografica (Cocoon Recordings). Nel 2022 il Museum of Modern Electronic Music di Francoforte ha ospitato una mostra che ripercorreva la sua storia. Poco tempo fa è uscita una memorabile compilation che svela le sue origini e ispirazioni sonore, What I Used to Play, uscita anche in un cofanetto in vinile 12×12″ per collezionisti, rigorosamente limitato. E a fine febbraio ha visto la luce Sven Väth – 4 Decades Behind the Decks: A Journey of Music, Magic, and Euphoria, lo splendido coffee table book che celebra la sua lunghissima carriera sempre al top.
L’anno scorso Sven ha festeggiato i suoi 60 anni con un tutto esaurito al Time Warp di Mannheim. Quest’estate invece ci aspetta a Fano per la grande festa collettiva della prima edizione dell’Adriatic Sound Festival, di cui è headliner.
L’intervista a Sven Väth
Parlaci innanzitutto di com’è nato il concept di questo tour che parte dall’interessante acronimo “T.R.A.N.C.E” (Transformation, Ascendancy, Nature, Connection, Ecstasy). Mi fa venire in mente un pensiero quasi religioso o filosofico, fra precetti di origine indiane e i principi di San Francesco, ma anche un autentico modo di connettersi con una certa club culture che oggi stiamo perdendo.
Per decenni mi sono connesso con il mio pubblico attraverso il ritmo, e l’idea di T.R.A.N.C.E è naturalmente legata allo stato e all’energia che celebriamo tutti insieme durante le mie esibizioni. La musica ha il potere di trasformare. Può portarci in un viaggio, elevarci, radicarsi e connetterci gli uni agli altri.
Questo tour è un omaggio all’essenza di ciò che la musica elettronica significa per me: uno spazio per l’estasi collettiva, per una connessione profonda e intuitiva tra corpo, mente e suono. Le parole che formano l’acronimo non sono state scelte a caso, ma sono i pilastri di un’esperienza che creiamo insieme nei club e nei festival. Sì, ci sono quasi elementi spirituali al suo interno, ma non lo vedo come un dogma o una dottrina. È una verità universale della musica e della danza. In tutto il mondo le culture hanno rituali incentrati su ritmo, movimento e suono: è un bisogno umano fondamentale che esiste da sempre.
La club culture sta cambiando e molto di ciò che un tempo ci univa sta scomparendo. Ma credo fermamente che possiamo riaccendere questa magia, immergendoci completamente nel momento, dimenticando le nostre differenze e unendoci in un unico ritmo pulsante. Questa è l’essenza di T.R.A.N.C.E.
Ho nominato San Francesco: non molto lontano dai suoi luoghi, a Fano, si svolgerà la prima edizione dell’Adriatic Sound Festival. Ci può stare un parallelismo fra il mondo antico e la natura senza tempo della musica elettronica?
Senza dubbio! Musica e danza hanno avuto un ruolo centrale nelle culture antiche. Le persone celebravano eventi immergendosi nel suono e molto probabilmente si perdevano nel ritmo! I festival di musica elettronica che celebriamo oggi spesso portano con sé qualcosa di arcaico.
Quando migliaia di persone ballano insieme, lasciandosi trasportare da ritmi pulsanti, perdendosi in uno stato ipnotico, c’è qualcosa che è senza tempo. Riecheggiano forme di antichi rituali, si ripescano certi stati di trance e di scambi di energia collettiva che hanno sempre fatto parte della nostra cultura. Forse questa è la vera magia della musica elettronica: ci collega a qualcosa di primordiale.
Sei d’accordo sul fatto che il pubblico più giovane prediliga i BPM molto veloci (140/150) e che ci sia un revival di generi in voga negli anni ‘90 come la jungle/drum’n’bass e un certo tipo di techno di quella decade?
Sì, è anche vero che i generi musicali ritornano ciclicamente e assumono nuove forme. La musica si muove a onde e stiamo vivendo una fase in cui ritmi più veloci e suoni grezzi ad alta energia giocano di nuovo un ruolo significativo. Le nuove generazioni hanno un loro modo di esprimersi sul dancefloor, spesso si muovono attraverso movimenti rapidi e con una forte fisicità che aiuta a liberarsi dalla tensione.
Questa energia è potente e ricorda i primi giorni dei rave, quando si trattava più di pura espressione fisica che di perfezione o finezza tecnica anche per noi DJ.
Allo stesso tempo noto un enorme entusiasmo per la melodic house, i suoni più deep e atmosferici, con groove ipnotici. Anche artisti ed etichette di questo sottogenere stanno prosperando, in particolare il trio Keinemusik, che ha trovato un affascinante equilibrio tra groove, emozione e modernità. Ciò che stiamo vivendo comunque è una coesistenza di diversi movimenti che si ispirano a vicenda. Alla fine si tratta sempre di emozioni, che possono essere espresse tanto con un rapido breakbeat quanto con una melodia dolce e fluttuante.
Tu sei sempre stato un grande curioso di musica e generi: cosa stai ascoltando oggi? Ci sono degli artisti che potresti considerare dei visionari?
Ci sono molti artisti che ammiro profondamente, in diversi generi. Non mi piace limitarmi a un solo stile, perché la musica spesso fa la sua magia negli spazi in cui i generi si fondono e qualcosa di nuovo emerge. Un esempio è Nala Sinephro, un’artista eccezionale che fonde l’arpa con influenze jazz sperimentali. La sua musica ha una profondità quasi meditativa che mi ispira molto.
Nella sfera ambient, il mio album preferito dell’anno scorso è stato Baptismal di Laraaji & Kramer. Laraaji è stata maestra nel creare paesaggi sonori cosmici per decenni e, combinata con la produzione di Kramer, ha dato vita a un lavoro incredibilmente caldo e atmosferico che mi ha profondamente commosso.
Quando si parla di techno, non c’è quasi nessuno come Omar S. di Detroit. Infonde costantemente la techno con l’anima, dandole una profondità e un groove che la rendono senza tempo. La sua musica è cruda, diretta e piena di sentimento, esattamente ciò che la techno di Detroit rappresenta per me. Potrei elencare molti altri nomi, ma in definitiva la musica riguarda il sentimento. Questo è ciò che più conta per me, indipendentemente dal genere.
Hai compiuto 60 anni da poco e sul tuo profilo ho visto foto di festeggiamenti molto cool. Qual è il segreto per rimanere così attivi e pieni di energia in consolle?
Non c’è un grande segreto: alla fine faccio solo ciò che amo di più. La mia passione scorre attraverso due giradischi, un mixer e buona musica. Per me la musica è pura energia. Mi muove, mi tiene sveglio e m’ispira costantemente. Quando suono, sono completamente immerso nel flusso della notte, nella risonanza della stanza e nell’energia del pubblico. Questo è ciò che mi dà forza.
Naturalmente anche lo stile di vita gioca un ruolo: mi prendo cura di me stesso, del mio corpo e del mio equilibrio. Ma la cosa più importante è il fuoco interiore. Finché arde, finché la musica mi tocca e posso condividere questa magia con gli altri, sarò sempre pieno di energia quando sarò dietro i piatti.
Avanguardia e qualità sono ancora due aspetti della musica elettronica che si conciliano, secondo te? E il pubblico riesce sempre ad apprezzare scelte stilistiche coraggiose?
Assolutamente! Avanguardia e qualità vanno ancora di pari passo nella musica elettronica, ma bisogna essere disposti ad ascoltare davvero. Chi è veramente interessato alla musica elettronica e vi si impegna profondamente, scoprirà sempre artisti che pensano oltre i confini convenzionali e creano paesaggi sonori che racchiudono la magia in sé.
L’Italia è diventata sempre più presente nel tuo calendario. Ricordo ancora un’intervista che facemmo face to face nel 2002, più di vent’anni fa! Mi dicevi che all’epoca i tuoi amici italiani erano solo gli Angels Of Love. Com’è cambiato il tuo rapporto con il nostro paese?
Il mio legame con l’Italia risale a molto tempo fa! Erano gli anni ’80, quando con il mio progetto OFF e la traccia Electrica Salsa raggiunsi il primo posto nella Top 10 italiana: era a cavallo tra il 1986 e l’87. Già allora sentivo che questo paese aveva un’energia musicale molto speciale. Negli anni ’80 ero un grande fan dell’italo house, che, secondo me, ha avuto un’influenza significativa sull’house e sulla techno. L’Italia ha sempre avuto un modo unico di interpretare la musica elettronica, con melodia, calore e una certa giocosità che ha ispirato la scena globale.
Oggi il mio legame con l’Italia è ancora più profondo. Ora vivo qui, sto con una donna italiana e abbiamo appena avuto un bambino. Quindi l’Italia non è solo un posto importante per la mia musica, ma anche per la mia vita.
Non lo sapevo! E cosa trovi di interessante oggi nella nostra scena musicale? Sono tanti gli artisti italiani che sono esplosi in diversi ambiti dell’elettronica: è come se sia in atto quella “Italian wave” che tu conosci bene e che c’era già negli anni ’80 con l’italo disco e la new wave.
In effetti oggi c’è una forte presenza di DJ e produttori italiani che stanno plasmando il sound globale. L’Italia ha sempre avuto un legame speciale con la musica elettronica, e questo si riflette nella scena attuale. Alcuni dei più grandi nomi del settore hanno le loro radici in Italia: Marco Carola, che in precedenza era con la mia agenzia di booking, la Cocoon; così come Ilario Alicante, che rappresenta la nuova generazione e si è affermato a livello internazionale con il suo sound potente.
Riccardo De Polo, un artista promettente oggi, sta pubblicando su Cocoon Records, sta portando nuova energia sulla scena. Anche i party italiani hanno un’influenza globale. Circoloco è diventato un fenomeno mondiale, ospitando eventi nei più grandi club e festival. Ciò dimostra che l’Italia non solo produce artisti eccezionali ma anche concept di feste iconiche che definiscono una cultura unica. Questa miscela di tradizione e innovazione rende la scena musicale italiana così eccitante: c’è una profonda passione per la musica, e si reinventa costantemente.
Oggi si parla molto di crisi delle discoteche: mi piacerebbe che tu raccontassi a un ragazzo della Gen Z l’atmosfera che vivevi a inizio carriera in un locale fondamentale nella storia del clubbing come il Dorian Gray di Francoforte negli anni ‘80.
Dentro il Dorian Gray si percepiva un’atmosfera davvero magica. Non era solo un club: era un mondo a sé stante, un posto pieno di energia, stile e innovazione musicale. Le persone si impegnavano molto nel loro look, truccandosi anche, uomini e donne. Era il momento dei New Romantics, dei Kraftwerk, degli extended mix e degli esperimenti sonori elettronici. La musica era all’avanguardia, l’estetica futuristica. Era tutto incentrato su individualità e creatività.
Anche ballare era un’esperienza diversa. Spesso si ballava in coppia, c’erano i robot che ballavano, il boogie elettrico, e non si trattava solo di perdersi, ma di esprimersi attraverso il movimento. Il sistema audio e luci del Dorian Gray erano all’avanguardia per quei tempi. La tecnologia veniva utilizzata per creare un’atmosfera immersiva. Non si ascoltava solo musica: si era dentro un’esperienza, circondati da suoni, luci e movimento.
Questa club culture aveva una certa profondità: era più di una semplice festa. Fu un movimento subculturale, una ribellione artistica e musicale che diede forma alla vita notturna. Forse è questo che spesso manca oggi: la consapevolezza dell’arte del momento, la bellezza della musica e l’energia grezza che emerge quando le persone ballano davvero insieme.
A proposito di new wave, apprezzo tantissimo la tua compilation What I Used to Play uscita due anni fa: dentro ci sono The The, Clan Of Xymox, Anne Clark. Quanto è ancora influente questo mondo sonoro?
Grazie, apprezzo che ti sia piaciuta! Compilare What I Used to Play è stata una gioia assoluta per me. È stata un’esperienza speciale perché riflette veramente il suono che mi ha plasmato negli anni ’80. È la mia firma musicale: diversificata, all’avanguardia, elettronica, ma anche pionieristica nei beat house e techno.
La new wave e il genere industrial sono stati molto importanti nei primi anni della mia carriera. Hanno infuso alla musica elettronica una certa crudezza, che poi ho ritrovato nella techno e nella house. Ancora oggi puoi trovare elementi della musica new wave e industrial nella techno, che si tratti dei paesaggi sonori oscuri e atmosferici, delle linee di basso ipnotiche o dei suoni delle percussioni metalliche. La musica continua ad evolversi ma porta sempre con sé la sua storia.
Per chiudere, le tue performance sono note per la loro energia e la loro capacità di raccontare storie. Puoi darci un’idea di cosa i fan possono aspettarsi dal tuo set all’Adriatic Sound Festival?
Sarò come sempre semplicemente Sven, rimanendo fedele a ciò che mi definisce. Trasmetterò il mio sound autentico, esattamente come lo sento, seguendo il mio intuito. Per me si tratta di creare un viaggio emozionale, con una musica che tocca il cuore, guida l’energia e crea un’atmosfera in cui tutti diventano parte di qualcosa di più grande. Ogni sera è diversa, ogni set si evolve con l’energia della folla. Ma ciò che rimane sempre è la mia passione per il vinile, l’arte del mixaggio e il momento magico in cui tutto va al suo posto: la musica, le persone, lo spazio e l’energia.