Róisín Murphy: «La mia disco sovversiva sotto il segno di Mina»
Il 6 ottobre 2021 la performer inglese Róisín Murphy porterà al Fabrique di Milano anche il nuovo album che celebra la club culture
Instancabile Róisín Murphy: neanche una pandemia è riuscita a formare una forza della natura come lei. Dopo due album pubblicati uno dopo l’altro – l’affascinante Hairless Toys, pubblicato nel 2015 e nominato ai Mercury Prize, l’altrettanto acclamato Take Her Up To Monto (2016) – e una raffica di EP registrati con la complicità di Maurice Fulton, ecco che la ex Moloko si presenta con uno dei suoi migliori lavori, Róisín Machine (Skint-BMG).
Bello quanto il suo album d’esordio da solista Ruby Blue (di oramai 15 anni fa), ricco di canzoni che sarebbero pronte per essere ballate sul dancefloor. E in più la nostra non si è lesinata a offrire potenti performance in streaming da casa sua o ospite da amici della comunità gay / clubbing della Gran Bretagna.
Le motivazioni di questa “forza della natura”? Sarà la sua verve, il fatto di essere cresciuta da sola già all’età di 15 anni.
O sarà che la bella Róisín si è formata nei club di Manchester e Sheffield sul finire degli anni ’80 e ha assorbito una idea di glamour (da working class massimalista) potenzialmente autodistruttivo per cui ogni weekend, ogni rave, ogni club potrebbe essere l’ultimo.
E proprio oggi è stata annunciata l’unica data della nostra: il 6 ottobre 2021 al Fabrique di Milano.
L’abbiamo incontrata via Zoom, dove Róisín Murphy si è presentata elegantemente seduta sul suo divano bianco nel suo soggiorno di casa, mentre alle sue spalle dominava un bel quadro che mi ricordava qualcosa…
Complimenti Róisín , la stampa di tutto il mondo sta celebrando la bellezza del tuo album.
Grazie! Ho lavorato molto…
Anche Kylie Minogue sta facendo uscire un album molto disco. Lei ha raccontato che tra le motivazioni che l’hanno spinta a fare un album così e addirittura a chiamarlo Disco, ci sia una voglia di scappare dalla triste realtà di quest’ultimo anno. È stato così anche per te?
Non penso proprio, accosterei la parola disco al concetto di “sovversione”. Quindi per me la questione è molto più complessa (ride, ndr)… Io sono cresciuta con la club culture, per non parlare dei tempi che mi trasferii a Sheffield verso i 20 anni (dopo aver vissuto da sola a Manchester dall’adolescenza, ndr). Andavo fuori a ballare almeno tre, quattro notti alla settimana a sentire diversi DJ cominciavo ad appassionarmi alle etichette che producevano musica elettronica d’avanguardia, oltre che della grafica che accompagnavano i flyer e le uscite discografiche. Frequentavo i ragazzi dei Designer Republic, mi piaceva il loro modo di lavorare che incrociava l’etica del DIY e la professionalità degli studi classici di grafica. A Sheffield c’era una scena musicale davvero stimolante anche per tutte le altre arti affini. C’era nell’atmosfera un qualcosa di futuristico e di imprevedibile. In un club un DJ poteva suonare una traccia di Donna Summer e mixarla con una dei Throbbling Gristle e poi i Cure con gli Earth Wind and Fire. A muovere tutto era una etica davvero “disco”. Tutto ma proprio tutto senza confini e ragionamenti limitanti poteva essere mescolato assieme per una sola ragione, un solo obbiettivo: ballare.
Le “strane frequenze” di Simulation
Simulation è la traccia che apre il tuo bellissimo album. È decisamente coraggiosa la scelta di farlo con una traccia ipnotica e che dura ben otto minuti, no?
Ho fatto diversi show dal mio appartamento in streaming durante il lockdown (e la rivedremo presto in questa modalità, infatti per festeggiare i suoi primi 10 anni di vita Mixdcloud celebrerà l’evento con dei global live on stream, e il 14 novembre toccherà proprio a Róisín Murphy, ndr) e tutto questo non è altro che una simulazione di quello che avrei fatto su un palco o in un club. In questo frangente è tutto e sempre una simulazione, è oramai una modalità “modello” per noi artisti, quindi è non a caso la traccia di apertura. Il sound di Simulation è molto wonky (bel termine inglese quasi intraducibile in questo contesto, potremmo dire: traballante, ndr) ma anche euforico, fisico. A un certo punto senti delle strane frequenze interferire con il brano che sembrano un soffio, un’onda, un effetto che è spesso presente nel disco.
Selfish Madmoiselle la immagino dedicata a qualcuno in particolare.
Assolutamente! Al mio Sebastiano (Properzi, il suo fidanzato con il quale aveva dato alle stampe un EP di cover di classici del pop italiano: In Sintesi, ndr).
Tra Siouxsie e Mina
Guardando la copertina dell’album Róisín hai un eyeliner così espressivo che sembri un po’ Siousxie e un po’ Mina degli anni ’70.
Io amo Mina (fa un grande sospiro, ndr). Ha avuto una influenza pazzesca su di me, ho fatto un sacco di ricerca su di lei, mi sono vista tutte le sue performance televisive. Anche Fellini la cercò (ma non riuscì mai a lavorarci assieme). La cosa straordinaria di Mina era il completo controllo che aveva della sua performance, ogni dettaglio era perfetto, anche l’orchestra dietro di lei e le magnifiche riprese della TV di stato italiana, sembra che lei ti dica: “Vieni qui vicino a me, sotto i miei occhi”. Ti faccio un esempio di un’altra cantante che ammiro, anche lei una perfezionista e dello stesso periodo storico di Mina: Dusty Springfield, peraltro totalmente connessa con me, anche lei irlandese e parzialmente mancuniana. Ecco, se guardi le apparizioni sulla BBC di Dusty e quelle della RAI di Mina, non c’è confronto, Mina era avanti anni luce, il livello di produzione era impressionante. Oltre all’innato charme di Mina, c’era una ricerca nel trucco – per l’appunto! – nelle luci, nel suo look spesso total black, che era pura avanguardia.
Io penso che il massimo della perfezione live sia stata la ripresa del suo concerto alla Bussola del 1972.
Magnifico, incredibile. Girato in quella città vicino al mare…
Certo, La Bussola è stato un mitico locale della Versilia, precisamente Lido di Camaiore, dal locale ci vai a piedi nudi sul mare…
Bellissimo!
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Sono passati 15 anni da Ruby Blue, quel tuo magnifico album di debutto da solista che incidesti con la complicità del grande ed elegantissimo Matthew Herbert. Vedo la copertina dell’album che è del disegnatore Simon Henwood riprodotta in un quadro dietro di te… Immagino lo ami ancora.
Assolutamente, ne sono ampiamente orgogliosa, suona ancora molto moderno, nonostante oggi sia più moderna Billie Eilish (ride, ndr). Ma no, scherzo, Billie è incredibilmente talentuosa. Mi piace davvero, era solo una battuta ironica.
La donna-macchina
Róisín ma alla fine sei davvero una “macchina”?
Oh! Suona molto bene il mio nome con il termine “macchina” se lo pronunci bene: (il suo nome andrebbe letto così: roisheen, ndr) ma in realtà sono una “soft machine”. Lavoro molto, sono stata molto occupata negli ultimi anni, ho prodotto tanta musica, lavorato con molti producer, curato i remix… E poi i figli… la vita privata…
L’intervista integrale la leggerete prossimamente sul nostro magazine.