Bruce Springsteen: un tuffo nella macchina del tempo dei “No Nukes Concerts”
Domani, venerdì 19 novembre, esce l’album dal vivo (e film-concerto) che cattura le infiammate performance del Boss e della sua E Street Band al Madison Square Garden nel 1979
In una delle più brillanti induction di sempre alla Rock and Roll Hall of Fame – quella di Flea per i Metallica – il bassista dei Red Hot Chili Peppers trovò le parole più adatte. «Ho sentito tante altre band dalla vena simile, ma nessuna di queste si avvicina a loro. Alcune sono più virtuose, altre più folli, altre sono semplicemente delle ottime band. Ma quali che siano gli elementi intangibili che rendono una band la migliore, i Metallica li hanno». Mutatis mutandis, non c’è dubbio che le performance storiche di Bruce Springsteen con la sua E Street Band siano state esattamente quello: una vetta, un apice, il meglio.
L’album (e film) The Legendary 1979 No Nukes Concerts
Domani (venerdì 19 novembre) esce per Sony Music The Legendary 1979 No Nukes Concerts: album dal vivo e film che condensano due memorabili performance al Madison Square Garden di New York. Realizzato dal collaboratore di lunga data di Springsteen, Thom Zimny, a partire dalla registrazione originale in 16mm e con il remix audio curato da Bob Clearmountain, l’album-film cattura la carica del Boss e della sua mitica band in uno dei pochi filmati esistenti dell’epoca (siamo nel periodo appena antecedente all’uscita di The River).
The Legendary 1979 No Nukes Concerts viene pubblicato in HD nei formati 2CD con DVD, 2CD con Blu-Ray e 2LP. Il film sarà inoltre disponibile sulle piattaforme di streaming dal 23 novembre.
La macchina del tempo di Bruce Springsteen
Vedere il film-concerto di 90 minuti è come fare un tuffo in una macchina del tempo, su più livelli. Siamo nel ’79. Dieci anni da Abbey Road, ma in mezzo ci sono già stati Led Zeppelin e Black Sabbath, Eagles e Genesis, David Bowie e Iggy Pop. I concerti rock hanno raggiunto la loro grandeur definitiva, una loro grammatica essenziale che trova proprio nei palazzetti come il Madison Square Garden l’espressione migliore.
Non da ultimo, c’è stata anche la tabula rasa operata dal punk. Eppure Bruce Springsteen riuscì nel miracolo di diventare una star con una musica che sapeva magnificamente di milkshake alla fragola e Chevrolet anni ’50. Un passato certamente idealizzato ma non per questo inesistente. Di fronte allo sfacelo della società americana dopo le utopie di Woodstock – la diffusione di armi e droghe pesanti, la violenza nelle grandi città – tanto valeva rifugiarsi nel caldo ricordo di un’America “bread and butter” che non c’era più.
Era una forma espressiva – fra modernità e revival – particolarmente congeniale a un ragazzo di provincia cresciuto con valori semplici e saldi. E che finì per arrivare dritto in cima al mainstream. La sua antica “fame” è palpabile proprio in performance infiammate come queste, in cui si possono apprezzare tanto l’intensità dell’interazione col pubblico (come sul finale di Sherry Darling, in cui per la foga gli si stacca il jack della chitarra) quanto sfumature squisitamente da live (come quando all’inizio di The River batte il piede più veloce per incalzare la band).
Poi ci sono i grandi miti della E Street Band, parte integrante dello spettacolo: un giovane (e quasi irriconoscibile) Little Steven, vero “guappo” italo-americano, e il gigante Clarence Clemons, con i suoi splendidi balletti. Bruce è una forza della natura: su Rosalita (Come Out Tonight) balla come un tarantolato sul pianoforte e infatti poi si prende anche in giro (“I can’t go on like this, I’m 30 years old!”, beata gioventù).
Il documento di un’epoca
Tra i momenti salienti ci sono le versioni inedite di The River e Sherry Darling, le versioni live di Badlands, Born to Run e Thunder Road, oltre alle cover di Rave On di Buddy Holly e una versione di Stay di Maurice Williams con ospiti speciali Jackson Browne, Tom Petty e Rosemary Butler.
«Alcuni anni fa ho iniziato a riesaminare gli archivi dei filmati delle apparizioni di Bruce e della Band ai concerti del No Nukes Tour del 1979», dice Thom Zimny. «Mi sono subito reso conto che queste erano le migliori performance e le migliori riprese dei leggendari anni ‘70 vissuti dalla band, e mi sono impegnato a tirare fuori il pieno potenziale delle registrazioni. Avendo lavorato come principale regista e montatore di Bruce Springsteen negli ultimi vent’anni, posso dire senza paura di smentite che questo film è il miglior standard possibile per Bruce e la Band durante uno dei loro più grandi periodi creativi».
Aggiunge Jon Landau: «Gli anni ‘70 sono stati un periodo d’oro nella storia di Bruce Springsteen e della E Street Band. E il leggendario concerto No Nukes del 1979 è il più grande documento di quell’epoca che potremmo mai avere. È uno spettacolo di rock puro dall’inizio alla fine. Il livello di energia è trascendente e la padronanza dell’arte della musica rock live lascia tutti a bocca aperta».