Michael D. Ratner, il regista di “Justin Bieber: Our World” racconta i segreti del doc
Dopo “Seasons” e “Next Chapter”, l’8 ottobre su Prime Video esce l’ultimo dei titoli dedicati alla popstar canadese, un docufilm che immortala il mese precedente il concerto dell’artista al Beverly Hotel, realizzato in piena pandemia
Our World è il nuovo documentario dedicato al ritorno sulle scene di Justin Bieber, fra i più apprezzati protagonisti della musica di oggi, dopo ben tre anni di assenza. Una pausa in cui, oltre al matrimonio con Hailey Baldwin, c’è stato anche l’arrivo di una pandemia mondiale. In un momento in cui il mondo dello spettacolo è fermo, l’artista canadese ha dato vita al concerto T-Mobile Presents New Year’s Eve Live With Justin Bieber, trasmesso in streaming in tutto il mondo e con la presenza in loco di 240 fan sul tetto del Beverly Hilton Hotel il 31 dicembre 2020.
A raccontarne la preparazione durante il mese precedente, che cattura anche momenti di vita privata ripresi dallo stesso Bieber, c’è Michael D. Ratner. Il pluripremiato regista ha firmato, fra gli altri, anche titoli come Dancing With The Devil con Demi Lovato e gli stessi Seasons e Next Chapter dedicati a Bieber, che hanno collezionato un numero gigantesco di visualizzazioni globali.
Lo abbiamo incontrato per conoscerlo e farci raccontare qualche dettaglio sul suo nuovo, ambizioso film in uscita l’8 ottobre su Amazon Prime Video. L’intervista completa è nel numero di ottobre di Billboard Italia.
Ho iniziato guardando film e show televisivi con mio nonno quando ero molto piccolo e ho capito subito cosa avrei voluto fare da grande. Col tempo, ho sondato tutte le opportunità che i media offrivano, dai podcast alle TV digitali, dallo streaming ai film per il cinema. Mi piace raccontare storie che le persone possano davvero sentire proprie, un po’ come fa la musica! E i documentari musicali uniscono proprio queste due cose. C’è un mercato enorme per questi progetti, che rappresentano solo una delle tante cose che amo fare, ma lo spazio musicale riesce a farmi unire tutti i puntini.
Certo, è stato un momento senza precedenti. Quando Justin mi chiamò lo scorso novembre mi disse: «Faccio un concerto il 31 dicembre sul tetto del Beverly Hilton». Il mio primo pensiero fu “non c’è un posto dove esibirsi lì sopra”. Mi disse che avrebbero costruito un palco per l’occasione, e questo mi entusiasmò molto. Justin e il suo team, il management, i ballerini, tutti si sono impegnati per rendere possibile tutto questo, e io sarei stato lì a riprendere il tutto!
Tutti, poi, eravamo preoccupati della sicurezza, controllando sempre che nessuno si ammalasse e cercando di proteggere quante più persone possibile sul set, seguendo ogni protocollo. C’è stata tanta pianificazione, fra test e misure varie, cosa che non ha lasciato troppo spazio alla spontaneità. Non potevo più andare con la telecamera dove volevo e quando volevo. Per questo abbiamo pensato fosse bello se Justin si fosse ripreso da solo. È stato un bisogno della regia, ma anche la parte più unica di tutto il film, perché si alternano queste riprese in alta definizione, e poi gli spezzoni filmati con il telefono!
Abbiamo parlato solo di quello che volevo venisse fuori da Our World, ma è stato libero di fare ciò che voleva. Ormai lavoro con lui da anni, con me ha un ottimo rapporto. Temevo solo che, essendoci un’intera troupe, la sfida più grande per lui potesse essere quella di restare al 100% se stesso in presenza di persone che non conosceva affatto, e questo sappiamo che a volte è difficile. Più facile invece se si fosse ripreso svegliandosi la mattina accanto a sua moglie, ad esempio, come poi è successo. Questa è stata una grande opportunità per essere molto vicini a lui senza essere realmente lì presenti.
Penso che tutti lo abbiamo visto crescere davanti ai nostri occhi, trasformandosi in un uomo. È anche parte del fascino di questo film. Vedi qual è il suo ruolo di leader, che si allinea perfettamente con chi è diventato nella vita (in senso generale). E poi credo che abbia un talento incredibile ed è sempre stato molto aperto, mostrando senza paura le sue vulnerabilità e insicurezze.
Ciò che mi emoziona di più di questo film è che si tratta di una celebrazione, in un tempo in cui le persone stanno soffrendo e lottando in un momento di totale incertezza nel mondo, ma che per un’ora e mezza possono pensare ad altro godendosi la musica. È bello vedere che anche Justin sia cosciente di tutto questo perché anche lui lo ha vissuto, compresa la sofferenza di non poter lavorare. Ma in quel momento lui è lì col suo team ed è stata un’opportunità reciproca per organizzare un concerto, dando a tutti qualcosa di cui essere felici.