Aiello: «Il resto del mondo è tornato alla grande, ma noi no»
Il cantautore cosentino ci racconta il suo primo vero tour, realizzato in epoca Covid, e le preoccupazioni per il futuro incerto della musica dal vivo
Il primo tour in giro per l’Italia, il primo festival non televisivo, le persone che sotto al palco cantano le tue canzoni a squarciagola. Sembra tutto perfetto, se non fosse che stiamo parlando di una tournée, quella di Aiello, realizzata in epoca Covid, con mascherine, Green pass e persone sedute e distanziate.
Non fraintendete, come ci ha raccontato Aiello durante la nostra intervista, il tour è stato bellissimo. Ma per un artista alla sua prima serie di concerti importanti, con diverse date sold out, non è facile doversi confrontare con un pubblico molto caloroso, ma pur sempre un po’ “distante”. Soprattutto, non è facile per un qualunque artista, compreso Aiello, a poche settimane dal suo tour invernale, dover rimandare al 2022 tutte le date, nell’attesa di risposte concrete da parte delle istituzioni.
Abbiamo intervistato telefonicamente il cantautore cosentino per parlare del suo tour estivo, del tour rimandato e della drammatica situazione degli eventi dal vivo.
Ovviamente essendo il mio primo tour speravo che andasse completamente in un altro modo, in termini di capienza e modalità. Vedere le persone sedute, con le mascherine, non è stato bello. Per fortuna, rispettando tutte le regole, le persone inevitabilmente si sono alzate, perché le canzoni lo richiedevano. C’è stato un minimo di vita, nonostante questo schema così stringente. Poi, a livello emotivo è stato molto impegnativo, ma sono stato ripagato. Dal volume delle voci all’affetto che ho sentito, è stato qualcosa che ho sempre sperato.
Sai, con grande trasparenza durante le prove ho spesso detto “ma secondo voi se smetto di cantare e punto il microfono verso la platea, loro canteranno?”. Tutti mi prendevano in giro e siccome non l’avevo mai fatto avevo un po’ di paura. Invece è stata una cosa esagerata, da parte di tutti e ovunque. Lo vorrei fare tutti i giorni (ride, ndr). Portare la mia musica in giro è il sogno che avevo fin da bambino, quindi avevo grandi aspettative e non sono state deluse.
Le persone avevano e hanno tuttora voglia e bisogno di sentirsi coinvolti in delle dinamiche di vita più equilibrate, anche a livello di musica. Ci siamo rotti i c*****i di seguire gli eventi in TV, non può essere solo così. Anche se con la mascherina, le persone hanno cantato, erano lì.
Il tour dell’artista rinviato, per la quarta volta, al 2022
Un tour rimandato per la quarta volta, purtroppo. Abbiamo aspettato l’ultimo minuto perché nell’aria c’era un barlume di possibilità che qualcosa si muovesse per tempo. Siamo stanchi, in maniera esagerata, e speravo che le istituzioni a questo punto facessero davvero qualcosa. Alla fine, per non andare troppo sotto data, di fronte all’ennesima non presa di posizione, abbiamo rimandato tutto. Io questo tour lo bramo da quando avevo 5 anni e adesso che l’ho dovuto rimandare ancora non riesco a godermi a pieno la soddisfazione dei sold out. Le persone poi hanno investito denaro e tempo, oltre all’attaccamento alla musica e a un’idea di concerto fatto in un certo modo.
Esatto, e questa cosa mi provoca un profondo dispiacere. Bisogna fare qualcosa adesso. Il Governo deve lavorare velocemente per darci la certezza di poter ripartire davvero. Ogni volta ci si avvicina, ma poi la questione all’ultimo miglio rimane sempre irrisolta. Il resto del mondo è tornato alla grande, mentre qui continuano a fare quello che vogliono a livello politico, mentre a noi non permettono di fare i live.
Aiello: «Con la chiusura dei piccoli club si perde la fame del primo affaccio sul mondo della musica»
Onestamente non credo, però è davvero frustrante per tutti. Per me e i miei colleghi, che abbiamo la necessità vitale di fare il nostro lavoro, e per il pubblico. Le persone non vengono ai concerti per noia, ma perché ami l’artista e vuoi vivere un certo tipo di esperienza. È evidente che quello che succede non dipende da noi, quindi non penso ci sia risentimento, ma c’è sicuramente stanchezza.
Facevo esattamente questo pensiero recentemente con degli amici. Mi sembra tutto ingiusto, ma mi ritengo fortunato, perché se pur la mia carriera sia giovane sono in una posizione privilegiata, perché faccio venue importanti e il mio pubblico è affezionato. Non poter suonare live mi fa male, ma so che appena ci sarà una svolta potrò tornare a fare ciò che amo.
Se io fossi arrivato all’inizio della pandemia senza un passato, seppur piccolo, dietro, so già che mi sarei sentito frustrato. I piccoli locali sono il punto di partenza e mi dispiace, sia per gli artisti che non possono far vivere la loro musica dal vivo, sia per i locali stessi. Inevitabilmente chiudono e non riapriranno, creando un doppio buco nero: il loro personale e una perdita per il tessuto culturale delle città. Si perde una cosa unica: la fame, quella dei primi affacci nel mondo della musica.