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Fantasmi, funerali e ballo sfrenato: il concerto degli Arcade Fire a Milano

La band canadese capitanata da Win Butler e Régine Chassagne ha regalato al pubblico del Fiera Milano Live un’esperienza tra sacro e profano. Due set: uno dedicato ai 20 anni di “Funeral” e uno per danzare sugli spettri del passato

Autore Samuele Valori
  • Il3 Luglio 2024
Fantasmi, funerali e ballo sfrenato: il concerto degli Arcade Fire a Milano

Foto di Stefano Masselli

Ripesandoci a posteriori, la prima impressione è che quanto accaduto ieri sera Fiera Milano Live sia stato qualcosa di molto vicino a una cerimonia sacra. Non vogliamo scomodare chissà chi – senza contare poi il fatto che ormai va di moda definire un concerto con la locuzione “messa laica” – ma il fatto che persino il diluvio abbia aspettato che gli Arcade Fire finissero di intonare a cappella col pubblico gli oooh di Wake Up, dopo la conclusiva Everything Now, prima di abbattersi su Milano è una coincidenza dal sapore biblico. L’odore dominante invece è stato quello dell’incenso. Acceso all’inizio del concerto da Régine Chassagne, è rimasto lì ad ardere per tutta la prima ora dedicata ai vent’anni di Funeral.

Foto di Stefano Masselli

Buon compleanno “Funeral”

Nel mondo dell’alternative non è esagerato sostenere che esista un prima e un dopo Funeral. Nel 2004 il disco d’esordio degli Arcade Fire sparigliò le carte riuscendo a coniugare l’art rock e uno stile barocco e sofisticato con melodie lineari e semplici. Da allora Win Butler e soci sono cresciuti. Hanno abbracciato i suoni elettronici, senza perdere la loro anima, con Reflektor, per poi tornare in una sorta di terra di mezzo con l’ultimo WE. In tutto questo però quel disco di debutto è rimasto sempre lì, una vetta stilistica, seppur non così ingombrante per un gruppo che di piccoli capolavori ne ha tirati fuori poi anche altri, il cui fantasma aleggia in ogni concerto.

Gli Arcade Fire con questo tour hanno deciso di abbracciarlo, senza però cadere in un’operazione nostalgia. È stato un concerto nel concerto, durante il quale la band, come una ballerina del carillon, ha suonato una dopo l’altra tutte le tracce del disco senza interruzioni. Non c’è stata alcuna sensazione di deja vu, né tantomeno di rimpianto dei bei vecchi tempi andati. È stata una cerimonia ambientata nel presente in cui hanno ripreso vita delle perle emozionanti come Neighborhood #4 (7 Kettles) e Haiti.

La carica di Rebellion (Lies), immancabile ad ogni loro concerto, ha fatto da preludio emotivo alla seconda parte, prima del finale In the Backseat. Sì, finale è la parola corretta, perché la band ha salutato il pubblico con un inchino come se fosse terminato il concerto. Il sipario si è chiuso e le luci si sono spente.

Foto di Stefano Masselli

Gli Arcade Fire hanno fatto ballare Milano

Prima che iniziasse la seconda parte del concerto, in attesa di un nuovo allestimento del palco, dalle casse di Fiera Milano Live, ha risuonato Il cielo in una stanza di Gino Paoli, c’è stata la lettura di una poesia e poi è partita una versione remixata di Half Light I. La palla stroboscopica ha irradiato il pubblico mentre gli Arcade Fire, con un look rinnovato, sono tornati sul palco e hanno attaccato Age of Anxiety II (Rabit Hole). Da questo momento in poi il set si è trasformato in una festa con dei bassi da rave.

Reflektor e Afterlife sono delle garanzie dal vivo, così come Sprawl II e The Suburbs. Régine Chassagne tiene fede al suo nome e diventa la regina del palco e non solo. Più volte è scesa e corsa a toccare quante più mani possibile tra il pubblico. Tuttavia, uno dei momenti clou del concerto è stato il ritorno in scaletta di My Body is a Cage. Già eseguita a cappella al Festival segreto di Rick Rubin la settimana scorsa, ieri sera ha riacquistato tutta la sua essenza catartica. Ha anche provocato un minimo effetto rimpianto, in quanto unico pezzo tratto dal secondo disco Neon Bible, molto poco suonato dal vivo dalla band.

Foto di Stefano Masselli

Il concerto degli Arcade Fire di ieri sera a Milano si è concluso – ormai chi li ha visti più di una volta lo sa – con un canto collettivo. Stavolta il finale non è stato Wake Up per ovvi motivi, ma Everything Now, al quale è seguito un coro a cappella che ha guidato la band nel dietro le quinte. Ci erano mancati, anche se la loro ultima volta in Italia era stata sempre a Milano nel 2022. A ogni loro live ci si rende conto di quanto a volte la memoria sia labile e incapace persino di ricordare le sensazioni positive che trasmettono i loro concerti. Ieri sera si è ripetuta la magia e anche farsi inzuppare dalla pioggia battente sulla via del ritorno è stata un’esperienza rigenerante.  

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