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Da Blood Orange a A.G. Cook: cinque set che abbiamo amato a C2C Festival 2025

Anche quest’anno il festival in door più all’avanguardia d’Italia si è confermato fucina di novità, sperimentazione e più che un luogo: un vero e proprio modo di vivere l’arte

  • Il10 Novembre 2025
Da Blood Orange a A.G. Cook: cinque set che abbiamo amato a C2C Festival 2025

C2C Festival 2025, foto di Ilaria Ieie

Chi ama la musica di un certo tipo ormai lo sa: il primo weekend di novembre c’è solo un place to be in Italia. Per quattro giorni, infatti, Torino diventa meta obbligata di pellegrinaggio dei devoti dell’avant pop per cui C2C Festival – giunto nel 2025 alla sua XXIII edizione – è un rituale consolidato e irrinunciabile. E ogni anno gli avventori che animano il Lingotto sono sempre un po’ di più: sono stati infatti 42mila (una quota record, per di più con il 40% della partecipazione internazionale) a fluttuare tra l’imponente main stage e lo Stone Island Stage che hanno visto susseguirsi ben 68 artisti provenienti da 21 nazioni tra esclusive italiane, anteprime e debutti. 

Le parole di Guido Savini, direttore artistico di C2C Festival

“Si conclude con numeri da record l’edizione senza dubbio più complessa della storia di C2C Festival: la prima senza Sergio”, ha detto Guido Savini, direttore artistico della rassegna. “Dopo mesi estremamente intensi, tragici ed emotivamente struggenti, con l’aiuto di tutti, siamo riusciti a proteggere la continuità stessa del Festival. Ora è più che mai evidente quanto C2C Festival sia un patrimonio per la città di Torino e per il territorio piemontese, sia diventato un’eccellenza nazionale e rappresenti un riferimento, a livello europeo e globale, da preservare e far crescere. Con tutte le forze che abbiamo in corpo porteremo avanti ciò che a Sergio più di tutto stava a cuore. C2C Festival continuerà a creare meraviglia”. Quella stessa che rende C2C non solo un festival, ma un vero e proprio modo di vivere la musica: collettivo, catartico, quasi spirituale.

E proprio musica, arte, tecnologia e consapevolezza ambientale sono state le parole chiave che hanno guidato anche Cuor Leggero, l’installazione site-specific dedicata a Sergio Ricciardone firmata da Nico Vascellari e dal suo laboratorio creativo Codalunga che ha animato la Plenitude Room. Una bolla all’interno del movimento costante del festival, in cui decomprimere e respirare ascoltando le tracce protagoniste di Cuor Leggero, con un light design di Astera sincronizzati che completava sofisticatamente l’installazione. Per il quarto anno consecutivo, infatti, Plenitude è stato partner del festival più all’avanguardia d’Italia e da questo incontro è nata la magia.

In attesa di riviverla, ecco quali sono stati i cinque set che ci hanno colpito di più durante C2C Festival 2025. 

A.G. Cook: quando hyperpop e rave collidono

C’è stato un momento a C2C Festival in cui si è percepito un cambio di dimensione: luci liquide, sfumature glossy-rosa e quell’estetica 2000s sospesa tra Frutiger Aero e i primi sogni digitali dell’era Y2K. A. G. Cook, mente dietro PC Music, l’etichetta che ha ridefinito il pop digitale, ha trasformato lo spazio del club in qualcosa di fuori scala, dove l’hyperpop collide con la logica da rave. Il suo set era una centrifuga iper-lucida, un collage di frammenti pop e glitch che sembrano usciti da un hard disk del 2003: trasparenze, gradienti, superfici liquide.

La cosa più interessante è il cortocircuito: C2C Festival, per costruzione, è il regno del buio, volumi sotterranei, illuminazione quasi nulla, la percezione di essere in un luogo chiuso e frammentato. A. G. Cook, invece, cambia lo spazio: improvvisamente non sei più tra pareti nere, ma dentro qualcosa che assomiglia a un vecchio screensaver di Windows, tutto superfici liquide e trasparenze. Non balli: ti muovi per adattarti, come se il suono ridisegnasse la stanza in tempo reale.

Blood Orange, oltre i confini dell’umano

Il fatto che quello di Blood Orange fosse uno dei set più attesi di C2C Festival 2025 era chiaro dalla marea di persone che – alla mezzanotte spaccata del venerdì – ha inondato la sala principale del Lingotto. Era infatti dal 2018 che l’artista inglese non faceva un giro da queste parti, e l’uscita del suo ultimo, straordinario, album Essex Honey – che vanta, tra gli altri, le collaborazioni di Lorde e Caroline Polachek – è stata l’occasione perfetta per assistere a uno show che ha qualcosa di ultraterreno. Sul palco Blood Orange fa tutto e lo fa magistralmente, passando dagli archi ai sintetizzatori e creando un’atmosfera eterea. Il momento di Champagne Coast è liberatorio, e la sensazione è solo una: essere nel posto giusto al momento giusto. Ce ne ricorderemo a lungo.

Daniela Pes e Iosonouncane: l’arcaico audiovisivo che celebra la radicazione sarda

Tra i live più attesi del festival, il venerdì in prima serata il main stage di C2C Festival è stato animato dal set ipnotico di Daniela Pes e Iosonouncane, che per l’occasione hanno presentato un progetto inedito, riservato a pochi live selezionatissimi in giro per l’Europa. Le code per assistere ai primi set del festival fuori dal Lingotto erano considerevoli già dalle 19 – evento insolito per una manifestazione che solitamente vede il pubblico affluire nelle ore più tarde. Molti tra gli appassionati in attesa dichiaravano apertamente che la motivazione principale fosse proprio assistere a questo live.

Un mix audiovisivo che ha intrecciato sofisticate influenze ambient, canti radicati nella tradizione sarda, synth elettronici e strumenti acustici, il tutto unito a una narrativa visiva di altissima qualità. I visual mostravano scorci della Sardegna, terra d’origine dei due artisti: l’apertura, con una veduta aerea di dirupi e colline dell’entroterra rurale, era accompagnata dal flauto di Daniela – evocazione di rapaci che dall’alto osservano la terra – e dai suoni elettronici di Iosonouncane.

I vocals da pelle d’oca di Daniela Pes, nella sua ormai celebre lingua inventata, si fondevano alle immagini di una bambina su un’altalena, a una mandria di cavalli in corsa su una cassa dritta, fino a sonorità più metalliche e spigolose durante la visualizzazione di un mare in tempesta. La conclusione, da vera ipnosi, vedeva le voci dei due artisti intrecciarsi in un richiamo all’introspezione che strizzava l’occhio ad Apparat, mentre luci rosse abbagliavano ed estasiavano un pubblico in trance.

In quel racconto audiovisivo si è percepita tutta la narrazione isolana che il live voleva trasmettere. Un plauso è inevitabile di fronte a un matrimonio artistico che ci auguriamo possa proseguire ed esprimersi con eco sempre più vasto.

Four Tet, la chiusura del maestro

La chiusura di C2C Festival 2025 non poteva che essere affidata a Four Tet: un’ultima celebrazione prima di chiudere le porte del Lingotto. Si riconosce un maestro quando sa leggere le reazioni del pubblico e modellare il proprio set seguendo il flusso della massa davanti alla console – ed è esattamente ciò che è accaduto con Four Tet. Un’escalation che ha attraversato i suoi brani più celebri, mescolando ambient, house, techno ed elettronica, e alzando progressivamente i BPM fino a trasformare la platea in una danza collettiva di chiusura e liberazione.

Ma va sottolineato anche un altro aspetto, oltre alla musica: la produzione del C2C stessa. Le luci del main stage erano straordinariamente curate: due barre di laser motorizzate si muovevano creando disegni di luce sopra le teste del pubblico, fino a metà sala, generando trame morbide che si intrecciavano in continuo mutamento. Durante il set di Four Tet, il light design del main stage ha raggiunto il suo apice, mostrando l’imponenza di un festival che oggi attira più che mai un pubblico internazionale, segno che anche in Italia esistono realtà culturali di spessore, perfettamente all’altezza dei grandi festival europei.

Lo show dei Model/Actriz

Il ritorno della band statunitense al C2C Festival è stata una conferma e una dimostrazione della loro grande crescita. Se il primo acclamatissimo disco Dogsbody era caratterizzato da un sound cupo, distorto, pieno di spigoli e profondamente post-punk,il loro secondo disco Pirouette lascia spazio ad alcuni squarci di melodia. I nuovi brani hanno donato una nuova linfa al gruppo, rendendo il loro live un vero e proprio show. Parte del merito è del frontman Cole Haden, uno dei cantautori più interessanti della nuova generazione (ha anche firmato un brano dell’ultimo album di Miley Cyrus).

Fa di tutto, dai cambi d’abito, fino alle incursioni in mezzo al pubblico. Come ci aveva raccontato nella nostra intervista, il modo di intendere la musica e le esibizioni dal vivo è metaforicamente simile a una piroetta: hai l’illusione di aver perso le staffe, ma in realtà è frutto di impegno e concentrazione per tenere bilanciato il tronco. Ecco, vedere loro dal vivo è un rimanere in bilico tra delirio ed emozione. 

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