Club to Club, il ritorno è quasi completo
Il nostro racconto dal festival finalmente in presenza alle OGR di Torino, al 50% della capienza ma con il pubblico in piedi. Una bella edizione che segna il ritorno di uno degli eventi italiani dal respiro davvero internazionale. Stasera a Milano un’altra serata al Fabrique targata Club to Club
La prima considerazione banalissima da fare è che è bello tornare al Club To Club. Gli si può dire quel che si vuole, e di solito basta parlarne per accendere gli animi e dividere le tavolate in diverse fazioni. Ma nessuno osa mettere in dubbio che sia uno dei pochi festival in Italia dal respiro – per davvero – internazionale, con un gusto e un approccio di commistione fra le varie arti che per fortuna qualcuno sta iniziando a imitare anche qui.
Ciò detto, non poteva di certo essere l’edizione più bella della sua storia ventennale. Non poteva e manco lo voleva essere. Tanto per cominciare, anziché alla storica venue del Lingotto, il grosso dei giochi quest’anno si è fatto alle OGR, con qualche piccola incursione orientata sui talk alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo.
Club to Club, sold out ogni sera per un’edizione al 50% della capienza
In più, la capienza è stata per stessa scelta degli organizzatori abbassata al 50% come nelle discoteche. Questo, nonostante le (deliranti) disposizioni consentissero al festival una capienza del 100%. E se normalmente vedere la Sala delle Fucine mezza vuota sarebbe un’onta per chiunque organizzasse il live, stavolta si guardava a quelle poco meno di 1400 persone a sera con orgoglio. Biglietto a 10 euro, tutti in piedi, in sicurezza e sold out ogni sera.
Con queste doverose premessone da fare, dicevamo, non poteva essere la migliore, ma è stata una bella edizione questa denominata C0C “festival as a performance”. La lineup ha puntato su grandi classici del festival, dall’agitato Skee Mask a una Tirzah sempre divertente nonostante un cambio di rotta abbastanza repentino dai suoi vecchi lavori, fino a DJ Nigga Fox che ormai penso abbia preso la cittadinanza torinese. Già me lo immagino da Scannabue a farsi i pranzetti gourmet.
Bravissima anche Caterina Barbieri, con un live di un gusto estremo, al solito. Mega schermo alle sue spalle dove vengono proiettate le immagini warpate, distorte di paesaggi incontaminati (merito del tocco di Ruben Spini) che non solo accompagnano ma sostengono i paesaggi sonori che Caterina genera con pochi, leggiadri tocchi sui potenziometri dei suoi synth e controller.
Tra i nomi nuovi invece, gli Space Afrika non sono stati folgoranti. Molto valide le parti dark ambient tra una sezione e l’altra del loro live. Ma ho visto troppi visual che distoglievano e inspiegabili irruzioni big beat in stile Prodigy.
Un’edizione di transizione come quella di quest’anno era necessaria
Ero molto curioso anche del live di Beatrice Dillon. Principalmente perché credo che i suoi esercizi di beatmaking che vanno a comporre Workaround, messi insieme, facciano uno degli album più belli del 2020, pubblicato per la PAN di Berlino. Si è rivelato un ottimo inizio di serata del venerdì, che ha convogliato sotto la giusta luce chi è venuto dopo, ovvero Ripatti (stilosissimo, dal look alla footwork schizofrenica e spezzettatissima, condita da sample vocali di inni RnB completamente snaturati) e Bill Kouligas, che della suddetta PAN è il fondatore. Ecco, un set così danzereccio me lo sarei aspettato da tutti ma non dal boss di una delle label più “alte” in termini di orientamento sonoro. Mi ha stupito ma in positivo, mentre ballavo ubriaco col-boh-settimo Gin Tonic in mano.
Erano due lunghi anni che non mi prendeva la classica malinconia da fine Club To Club. È stato bello accoglierla di nuovo, smorzata se non altro dall’evento gratis che i ragazzi hanno prontamente organizzato stasera, 10 novembre, con Arooj Aftab, Sons of Kemet e Kode9 sul palco del Fabrique di Milano.
Insomma, tra l’edizione incorporea e completamente digitale dell’anno scorso a quella del grande ritorno dell’anno prossimo (quella C20C ormai rimandata da 2 anni per impossibilità di festeggiare come si deve il ventennale del festival), era necessaria un’edizione di transizione come quella di quest’anno. Anche solo come riscaldamento, per tornare nel 2022 belli scattanti al Lingotto, con i grandi nomi, le grandi produzioni e le grandi risate per dimenticare gli ultimi due merdosi anni: per chi organizza festival e per chi ci va.
Articolo di Claudio Biazzetti