Perché Emma ci ricorda cosa significa essere artisti oggi
Uno show al Forum di Assago per ribadire il suo essere un’artista libera. Che dà tutto per il proprio pubblico. Ecco cosa è successo al live di Emma
Ieri, martedì 26 febbraio, la seconda parte del suo Essere Qui Tour è arrivata nel tempio meneghino della musica indoor. Il concerto di Emma al Forum di Assago ha confermato alcune cose che già pensavamo sul suo conto. E che è utile ricordare.
Questa sua tournée, che arriva dopo la pubblicazione di Essere Qui Boom Edition, vede l’artista confrontarsi con un repertorio ormai non indifferente, tra nuove hit e successi del passato che non possono proprio mancare. La scaletta è il racconto in musica di questi suoi dieci anni di carriera (che, a dir la verità, sono molti di più se si contano anche quelli di gavetta). Ed è testimonianza della sperimentazione che ha voluto intraprendere, lavorando su se stessa e sulle sue note. Poco prima dello show, dopo l’apertura di Antonino, è stato proiettato il nostro cortometraggio Logout (che verrà riproposto anche prima del concerto al Palalottomatica di Roma il 1° marzo).
Emma ci ricorda cosa significa essere un’artista oggi perché non è una pedina dello star-system, non è una cantante che porta a casa il compitino, cantando un pezzo dopo l’altro senza coinvolgimento. Quando Emma è sul palco, è evidente a tutti – fan o critici – che quello è il posto in cui vuole stare. O, ancora meglio: quello è il posto dove è destinata a stare. Certi legami, si sa, non si inventano: esistono e basta. E non bisognerebbe fare altro che assecondare la propria passione, lavorandoci, senza risparmiarsi.
Dal medley acustico e intimo nel quale Emma omaggia suo padre («Io non suono bene la chitarra come lui, ma mi ha insegnato a metterci il cuore») ai momenti in cui l’artista esplode sul palco. Con ritmo e sensualità. Data dopo data, Emma non vuole fare un concerto. Ma fare il concerto. E si vede da come sta sul palco e dalla leggerezza che riesce comunque a mantenere. Come quando, tra un brano e l’altro, sposta un insetto che vede sul palcoscenico: «Altrimenti non ce la faccio», ha scherzato.
In questi giorni il nome di Emma è stato spesso associato a quello di un consigliere comunale di Amelia, il quale l’ha attaccata verbalmente senza vergogna. Il motivo? Qualche giorno fa Emma ha usato il suo palcoscenico per dire la sua sul mondo che la circonda, su un fatto di attualità come quello dell’immigrazione. Sono ormai molti gli artisti che – o uccisi dal politically correct o, forse ancora peggio, completamente dissociati dal contesto politico, sociale e culturale in cui vivono – non si espongono su nulla. Come fosse una colpa, un rischio troppo grosso da prendere. In fondo perché rischiare di perdere parte del pubblico che la pensa diversamente da me?, sembrano chiedersi.
Ma lungi dal pensare che si è artisti solo se si diventa protagonisti di continue bagarre. La musica è sempre il cuore, la prima scelta. Un esempio di questo? Pochi giorni fa è uscita la nuova versione di Love is Madness dei Thirty Seconds To Mars insieme a Emma. Un attestato del suo talento, che supera anche i confini nazionali. Piaccia o no.
Un’ultima annotazione personale. A fine concerto ho avuto la fortuna di incontrare Emma, per un breve saluto. Ancora una volta ho visto il volto di chi ha dato tutta se stessa sul palcoscenico. Come fosse l’ultima volta. Come fosse questione di vita o di morte. Perché, si sa: se si è artisti, il palco è l’amore più grande. Insieme a quello per la propria gente.