Gazzelle ha portato le sue storie di straordinaria normalità al Circo Massimo
Il cantautore romano, che ha annunciato il suo ritiro temporaneo dopo il concerto di San Siro del 22 giugno, ha richiamato 54.400 persone nel cuore di Roma con le sue canzoni dirette e malinconiche

Foto di Roberto Panucci
Nel caso di Flavio Pardini il detto «nemo propheta in patria» fa una clamorosa eccezione. Cresciuto nel quartiere Prati per poi trasferirsi alla Balduina (Roma Nord), è riuscito a entrare nei cuori degli abitanti della sua amata città. L’ha osservata in ogni suo angolo attraverso le lenti scure dei suoi inseparabili occhiali da sole neri, che non toglie mai, neanche di notte, come a volersi proteggere da sguardi indiscreti. Gazzelle, un antidivo schivo e riservato, in bilico tra pop e nuovo cantautorato, a 35 anni e con 5 album pubblicati dalla Maciste Dischi, ha radunato ieri sera 54.400 persone al Circo Massimo. Una location d’eccezione che in genere (anche se negli ultimi anni si è abbastanza “democratizzata”) rappresenta il punto di arrivo di una carriera decennale.
Un percorso partito nel 2017. L’improvviso successo del singolo Zucchero Filato ha trascinato gli ascolti dell’album di esordio Superbattito, trasformando in poco tempo l’artista romano nella nuova “next big thing” della scena indie italiana. Sulla scia dei successi di Calcutta, Thegiornalisti, Coez, Franco 126 e Carl Brave. Quella scena indipendente è diventata nel frattempo mainstream, macinando milioni di stream sulle piattaforme e decine di migliaia di spettatori nei concerti. Non è cambiata però l’attitudine nella scrittura crepuscolare e dolceamara. Il cantautore millennial che ha fatto della ballad malinconica ed intimista il suo marchio di fabbrica.
L’ultima ballata malinconica di Gazzelle al Circo Massimo
Ieri si respirava l’atmosfera delle grandi occasioni, in una serata con temperature quasi agostane. Anche perché è di pochi giorni fa la notizia che Gazzelle, dopo i due bagni di folla del Circo Massimo e dello Stadio San Siro di Milano (dove si esibirà il 22 giugno), si fermerà per una lunga pausa di riflessione. «In questi otto anni di carriera, volati in un secondo, sono stato molto produttivo. Ora sento la necessità di prendermi del tempo. Potrei stare fermo un anno come cinque, lo deciderà la vita. Ma voglio prendermi cura di me. Smettere di rotolare in questo sistema che va molto veloce» ha dichiarato il cantautore romano in un’intervista al Corriere della Sera.
Gazzelle ha iniziato a scrivere canzoni a soli sei anni. E anche quando la vita gli ha presentato i primi no (le bocciature al Liceo Mamiani e un lavoro a termine da postino durato pochi mesi) non ha mai smesso di credere al suo sogno. L’ha costruito lentamente canzone dopo canzone, concerto dopo concerto. Chissà cosa avrà provato ieri sera. Di fronte a 55mila voci che intonano all’unisono quelle canzoni scritte dentro una cameretta più per un’esigenza personale che non per diventare hit. Lui non parla molto sul palco. Lo lascia fare soprattutto i suoi brani, ma si rivolge spesso e volentieri al pubblico con un «Grazie mille, regà» che proviene direttamente dal cuore.
Il concerto inizia alle 21.15 con Punk, quasi un manifesto programmatico della sua poetica diretta, semplice e profonda al tempo stesso. Ad accompagnarlo sul palco la sua fedele e rodata band, formata da Claudio Bruno alla chitarra, Claudio Laguardia alla batteria, Gabriele Roia al basso, Ettore Mirabilia alle tastiere e Giovanni Grieco alla chitarra. In più Guendalina Pulcinelli ed Elena Bianchetti agli archi. Meglio così, Fottuta canzone e Da capo a 12, tra pop-rock e synth pop anni Ottanta, galvanizzano gli spettatori, che le cantano(e le ballano) dall’inizio alla fine. «Buonasera regà, siamo un fottio! Non vedo manco fin dove ca**o arrivate. In otto anni siamo passati dal Monk (un locale di Portonaccio molto importante per la scena indie n.d.r.) al Circo Massimo: grazie a tutti!».
Pubblico e artista all’unisono
Al di là del numero-monstre di spettatori, quello che ci ha impressionato di più dello show di Gazzelle di ieri è la partecipazione emotiva del suo pubblico. Anche dall’ovattata Area Hospitality si percepiva quanto quelle canzoni siano riuscite a toccare corde molto profonde della loro vita. Almeno a giudicare dai decibel con i quali venivano cantate in coro. Quella sensazione di essere un tutt’uno con il loro beniamino, che non viene percepito come un idolo lontano e irraggiungibile, ma come un amico e un fratello maggiore che ce l’ha fatta. (Come emerge anche dal suo look semplice con giacca della tuta, jeans scuri e sneakers bianche). Uno che vuole che ce la facciamo anche noi a realizzare la nostra favola. Forse è proprio questa la maggiore forza di Gazzelle.
Mentre molti artisti oggi vantano continuamente vittorie di dischi di platino e dischi d’oro, Gazzelle è riuscito a trasformare i numeri in streaming in decine di migliaia di persone vere, fisiche, reali. Persone che ascoltano davvero la sua musica. Per le quali quelle canzoni, che raccontano la precarietà di vita e di sentimenti di ogni ventenne di oggi, non sono mero intrattenimento. Sono una parte importante della loro vita. Una parte reale, tangibile, concreta.
Le canzoni
Se oggi in radio siamo sommersi da tormentoni costruiti con idee inversamente proporzionali al numero degli ospiti, da brani monocordi e lugubri, con testi con la profondità di una pozzanghera, da un indie rock che di indie ha solo la sciatteria, le canzoni di Gazzelle, pur nelle loro strutture armoniche e negli accordi abbastanza semplici, suonano fuori dal tempo. Per questo, sono meno soggette alle mode passeggere e alla volubilità dei gusti del pubblico giovanile. Un’altra cosa che ci ha colpito, vedendo i primi piani dei volti entusiasti degli spettatori, è l’età media più alta di quella che pensassimo. (Diciamo tra i 15 e i 35 anni). Oltre che di una percentuale di ragazzi non troppo inferiore rispetto alle ragazze: un’altra conferma che Gazzelle non è l’idolo adolescenziale del momento.
Mentre la trap e il rap si nutrono spesso di storie al di fuori dell’ordinario (rivalità tra gang, ricchezza ostentata, abbigliamento e auto di lusso, uso di droghe pesanti e psicofarmaci) che, proprio per questo, affascinano anche il pubblico “medio”, nella musica di Gazzelle la normalità della vita quotidiana è eletta a vessillo. Tra relazioni andate male, le difficoltà nel rapporto con gli altri, la precarietà, la ricerca del proprio posto nel mondo e il desiderio di farsi accettare.
Inoltre, mentre i concerti di alcuni artisti italiani sono uno sfoggio continuo di ospiti, quasi a voler insaporire un piatto troppo sciapo, ieri il cantautore romano è stato affiancato, in quasi due ore e mezza di concerto, solo dal “fratellino” Fulminacci in Milioni e dal king del rap romano Noyz Narcos nell’inno alla sua amata città Roma. Tra i momenti più suggestivi della serata spiccano il medley voce, piano ed archi con Noi no/NMRPM/Coltellata/Nero/Ora che ti guardo bene/Piango anche io. Il ricco bis, inaugurato da La prima canzone d’amore. Poi Destri, la sua canzone-firma. La migliore conlcusione di una serata ricca di emozioni che non dimenticherà mai: «Grazie mille, regà, è stato il concerto più bello della mia vita, vi voglio bene».
Articolo di Gabriele Antonucci