Gianni Morandi: «Sanremo è tornato a rispecchiare la musica italiana. E finalmente nessuno storce più il naso»
Da mezzo secolo conosce il Festival da ogni angolazione: come cantante in gara (e vincitore nel 1987), ospite, conduttore, ma prima di tutto come fan. L’inossidabile Gianni Morandi è il perfetto “sparring partner” di Amadeus all’edizione di quest’anno
L’amore di Gianni Morandi per Sanremo lo senti. Ti arriva nel tono del racconto che te ne fa, sia che si parli degli aneddoti che gli ha regalato negli anni, sia dell’importanza che è tornata ad assumere delle ultime edizioni. Un amore che si concretizza la prima volta nel 1972, con esordio apparentemente un po’ tardivo, ma che dà il via a una frequentazione stretta che, a 51 anni di distanza, è pronta a rinnovarsi.
In mezzo tutto è cambiato: la musica, il Festival e la società, che a onor del vero non sempre la kermesse è riuscita a fotografare in maniera puntuale.
Nelle ultime edizioni però il gioco sembra riuscire particolarmente bene. Ed è in un contesto di ritrovata rilevanza artistica e centralità socio-culturale che Gianni Morandi è chiamato a tornare su quel palco ad affiancare Amadeus alla conduzione.
Ne abbiamo approfittato per fare una chiacchierata con lui, poco prima che il carrozzone si rimetta in moto. Ecco un estratto della cover story del numero di gennaio/febbraio di Billboard Italia (consultabile gratuitamente online!).
Sanremo, ancora Sanremo, Gianni. Ne hai visti tanti fino ad ora, anche con ruoli molto diversi. Gli stessi Festival sono diversi. Da qualche edizione il tocco di Amadeus si vede e si sente, a partire dalla scelta musicale. Come trovi Sanremo in questo 2023 in cui ti prepari a tornare a condurlo?
Ho visto tutti i Festival, dal ’58 quando Modugno cantò Nel Blu Dipinto di Blu fino all’ultimo. Sanremo per me è una grande vetrina, un grande palcoscenico. E poi sono legato a quei ricordi di bambino. Il fatto di esserne diventato anche uno dei più assidui frequentatori in varie vesti, insomma, mi piace.
Trovo che Amadeus abbia aggiunto qualcosa. È un grande conoscitore della musica ed è anche un grande innovatore, perché ha aperto veramente la porta alle nuove tendenze musicali. È molto aperto, è uno che guarda avanti. Lo dimostrano i risultati delle ultime tre edizioni.
A fare grandi i Festival sono le canzoni che rimangono, che si continuano a cantare, che non si dimenticano. E negli ultimi tre anni i successi sono stati tanti. A cominciare dai Måneskin, che sono diventati un fenomeno mondiale, ma che comunque lui ha selezionato e portato a Sanremo. Poi è chiaro, loro sono delle bombe a mano, sono straordinari, sono fortissimi. Però intanto sono passati da lì. E da lì poi all’Eurovision, dove è partito il loro grande successo mondiale.
Amadeus ha dato un grande apporto a un Sanremo che ormai è visto anche da fasce di pubblico più giovane, che forse una volta avevano un po’ abbandonato questo palcoscenico.
Sembra un Sanremo anche più agganciato a quella che è la realtà musicale italiana. Non più una cosa aliena che capita una volta all’anno, ma qualcosa che riesce da un lato a consacrare successi, dall’altro a offrire una foto abbastanza nitida degli ascolti del paese, portando sul palco anche nomi non sempre conosciuti ai più. Come la vedi tu oggi la realtà musicale italiana? E ti è capitato in questi anni di conoscere meglio qualche artista proprio tramite Sanremo?
Beh, sì. Se guardiamo La Rappresentante di Lista, i Coma Cose, Colapesce e Dimartino, o anche artisti come Rkomi, loro erano già forti probabilmente, ma il palcoscenico di Sanremo li ha amplificati al massimo, e oggi sono delle realtà concrete.
Nei momenti in cui Sanremo non è stato così brillante, io pensavo: “Peccato non approfittare di questa finestra della musica italiana nel mondo!”. Perché il Festival comunque lo guardano anche da fuori. Ne sanno qualcosa i vari artisti che sono diventati internazionali prima dei Måneskin. Come Eros Ramazzotti, che è passato dall’Ariston ed è diventato una star internazionale. Stessa cosa si può dire di Laura Pausini, o di Andrea Bocelli. Poi ci sono i tanti brani presentati su quel palco che sono stati cantati in seguito da grandi artisti stranieri, persino Elvis ha inciso canzoni di Sanremo.
Insomma, sono felice che il Festival sia tornato a rispecchiare la musica italiana. E finalmente non c’è più chi storce il naso. Anche quest’anno il cast è di grandi artisti ma anche di giovani, a cui Amadeus dà molto spazio. Quindi sono positivo.
Tornando a te, Sanremo ti ha visto in gara, poi ti ha visto condurre, poi di nuovo in gara. La tua ultima partecipazione è proprio dell’anno scorso, e quest’anno ti tocca presentare di nuovo, affiancando Amadeus. Come è avvenuto quest’ultimo passaggio?
Con Amadeus ho sempre avuto un ottimo feeling. Abbiamo condotto insieme un Capodanno, l’anno del Covid. Avremmo dovuto farlo a Terni, ma poi si finì per farlo a Roma, in uno studio vuoto dove rimasi con lui per cinque o sei ore.
Lui mi disse che mi avrebbe voluto come compagno di viaggio anche l’anno scorso. Poi ha visto che io avevo mandato la canzone che Jovanotti aveva scritto per me. Insomma, forse lui non se l’aspettava, ma io andavo in gara. Quindi quest’anno ha riaperto un discorso che aveva lasciato in sospeso due anni prima.
A quel palco hai legato parecchia vita, e anche successi. Ci sono aneddoti, piccole curiosità che ti porti dietro legati a quel luogo?
Ricordo di essere andato a Sanremo, a vederla da vicino, che avevo ancora sedici o diciassette anni. Cantavo già con un’orchestra di Bologna, ma non avevo fatto nemmeno il primo disco. Io e un mio amico bolognese decidemmo di andare a vedere com’era questa città, che era un po’ un sogno. Io avevo visto Modugno nel ’58 e mi aveva colpito tanto. Andammo a vederla dal di fuori, non era neanche periodo di Festival.
Io poi l’ho sempre seguito. Negli anni d’oro di Sanremo io facevo Canzonissima, che era importantissimo per la televisione italiana. Il programma cominciava a settembre e finiva il 6 gennaio. Io ho partecipato a sei edizioni. E in quel periodo mi sembrava troppo finire il programma il 6 gennaio dopo tre mesi di presenza in televisione e andare subito anche a Sanremo. Quindi un po’ mi tiravo indietro. Facevo Scende la Pioggia a Canzonissima, non potevo quindici giorni dopo andare lì con un’altra canzone. Oppure quando ho vinto con Ma Chi Se Ne Importa, o con Non Son Degno di Te, insomma, poi al Festival non ci andavo.
Però ho avuto delle grandi occasioni, perché Migliacci aveva scritto Che Sarà, che poi io non feci e alla fine la portarono i Ricchi e Poveri. Stessa cosa con La Prima Cosa Bella. Insomma, c’era questa Canzonissima che mi bloccava, mi sembrava un’overdose andare anche a Sanremo.
Quando poi ci sono arrivato, non ero proprio nel mio momento migliore, e forse neanche con la canzone più giusta. Perché andai con Vado a Lavorare, e ricevetti un bel telegramma con scritto “Era ora che andassi a lavorare”, firmato Cochi e Renato. Non ho mai capito se fosse uno scherzo o un invito serio.
Articolo di Matteo Villaci
Il tour di Gianni Morandi nei palasport
A partire da marzo Gianni Morandi sarà impegnato con il tour “Go Gianni Go! Morandi nei palasport”. Il calendario è in continuo aggiornamento. I biglietti del tour sono disponibili su TicketOne e Ticketmaster.
10 marzo 2023 – Rimini @ Stadium Rimini
12 marzo 2023 – Milano @ Mediolanum Forum
15 marzo 2023 – Firenze @ Nelson Mandela Forum
18 marzo 2023 – Roma @ Palazzo dello Sport
21 marzo 2023 – Bologna @ Unipol Arena
23 marzo 2023 – Torino @ Pala Alpitour
25 marzo – Ancona, PalaPrometeo Estra
28 marzo – Bari, PalaFlorio
30 marzo – Eboli, Palasele