Nel giorno del miracolo di San Gennaro, Liberato ha portato il suo nel carcere di Poggioreale
Dopo le tre date in Piazza Plebiscito, il cantante mascherato ha regalato un concerto ai datenuti del carcere napoletano. Perché “Nisciuno se scorda ‘e vuje”
Qualche youtuber aveva messo in giro – stupidaggine – che dietro l’identità di Liberato ci fosse un detenuto del carcere minorile di Nisida. A parte questo rimando biografico, suona singolare – per non dire stupefacente – che sia stato proprio Liberato l’ospite desiderato del concerto organizzato dalla cooperativa E.R.A. per celebrare la manifestazione “Degni di nota” riservata ai detenuti tossicodipendenti del carcere di Poggioreale a Napoli.
Quando tutti i fedeli si raccolgono in piena devozione alla Cattedrale, perché è il giorno del miracolo di San Gennaro, ecco che nel cortile della chiesa di Poggioreale sale sul palco proprio Liberato, donando – performance senza percepire nessun cachet – ai detenuti tossicodipendenti un concerto memorabile.
“Ha portato qui dentro, nella sofferenza brutale, il suo miracolo”, spiega la dottoressa Marinella Scala, “e ne siamo orgogliosi perché oggi lui rappresenta il top musicale. Tutti hanno notato quanto è accaduto nei giorni scorsi in piazza Plebiscito. Liberato, con cui non ho mai parlato personalmente, è stato perfetto sia al varco di accesso di Poggioreale, disciplinato come tutto il suo staff, sia sul palcoscenico con i suoi tre musicisti. Anche quando il tono e le emozioni dello spettacolo diventavano più scoppiettanti e gli agenti della penitenziaria dovevano tenere a bada gli ospiti in platea, lui ha capito come tenere vivo il dialogo con tutti. Esclamando “Stann’ ballanno. Stammo pariann’” (i detenuti ora stanno semplicemente ballando. E insieme stamattina ci divertiamo).
Liberato è colui che sin dagli esordi, nella sua discografia, inneggia alle canne, alla marijuana, alle droghe leggere insomma, tanto nei profili internet quanto nelle strofe. Citiamole qua e là: “M’hê miso int’ ‘o stritto / piccerè si’ cchiù bella d’ ‘a weed” (INTOSTREET). “Stong’ tutt’ cromato / nun saccio addò cazz’ stong’ /Ch’è? Ma ch’hê criato / Nu tiro e stongo già luongo luongo” (Je ‘o teng’ e t’ ‘o dong’ realizzata con il dj-producer goriziano-madrileno d’adozione Bawrut. Elemento imprescindibile allo sviluppo dell’avventura creativa di LIBERATO già dal primo vagito). “Fà nu tiro tu, i’ nun m’ fir’” (l’epifania Nove maggio, il debutto a San Valentino 2017).
“Poggiorealeeeeee”, esclama infuocato Liberato, “ata vulàààà. Chest’è pe’ tte ammò. Stammo ccà pe’ ffà nu poco ‘e burdello, stammo ccà pe’ ce arricurdà ‘e quaccheduno. Stammo ccà pe’ ce scurdà ‘e quaccheduno”. E poi imbastisce un mantra rivolto esplicitamente ai detenuti: “Nisciuno se scorda ‘e vuje, guagliù”, ripetuto un paio di volte. La scaletta è un concentrato del live con cui ha registrato tre sold out sabato 16, domenica 17 e lunedì 18 settembre in piazza Plebiscito.
Durante il concerto Liberato esegue suppergiù una decina di pezzi per una scaletta che in sequenza-replay offre agli ospiti del carcere le storie e i ritornelli urban-house-neomelodico-reggaeton di Guagliò, Nunneover, Oi Marì, Anna, Nove maggio (senza Calcutta, chiaramente, che però lo ha affiancato in tutti e tre gli show napoletani), Me staje appennenn’ amò, Partenope, Tu t’e scurdat’ ‘e me. I detenuti balzano in piedi sui beat più euforici, gli agenti penitenziari li sorvegliano senza reprimerne troppo la gioia inedita e irripetibile.
Sono le 12 del mattino e il sole è una brace, nel cortile. Liberato fa un cenno alla band. Tutti e quattro alzano i pugni al cielo, bardati negli occhiali a specchio, nei cappucci, nei giubbetti con la rosa cucita sulle spalle. Il van dietro al cancello mette subito in moto. Liberato è apparso e già scomparso. Francesco Lettieri e la troupe riprende ogni scena per il documentario che presto sarà pronto, incluse le interviste ai carcerati. Ai detenuti di Napoli resta il ricordo ritmico di una frase di Liberato: “Ve voglio bene, guagliù”.
Articolo di Gianni Valentino