Manuel Agnelli, l’uomo che cadde sulla terra per Lazarus
Il leader degli Afterhours è il protagonista di Lazarus, ambiziosa trasposizione italiana dell’opera rock scritta da David Bowie e Enda Walsh
Un musical teatrale, un concerto animato da visuals, una coreografia di danza, il sequel di un capolavoro cinematografico. Lazarus è un ibrido creativo, il ritratto caleidoscopico di una delle figure più sfaccettate e concettuali della storia dell’arte performativa, David Bowie.
Il regista Valter Malosti firma l’ambiziosissima versione italiana dell’opera di “teatro musicale” scritta dal cantante inglese insieme al drammaturgo irlandese Enda Walsh. Il cui debutto, nel dicembre 2015 al New York Theatre Workshop di Manhattan, ha tristemente segnato anche l’ultima apparizione pubblica del cantante inglese, scomparso il 10 gennaio 2016.
Lazarus nasce come ideale seguito de The Man Who Fell to Earth, pellicola fantascientifica del 1976 firmata da Nicolas Roeg e ispirata all’omonimo libro Walter Tevis, in cui Bowie dà il volto all’infelice migrante interstellare Thomas Jerome Newton, costretto a sopravvivere in solitudine su questo pianeta. Nella versione di ERT / Teatro Nazionale, a raccogliere la pesantissima eredità del cantante inglese è Manuel Agnelli, alieno per copione ma assolutamente aderente a se stesso sul palco dell’Arena del Sole di Bologna.
Più simile al vampiro Adam di Only lovers left alive che non all’algido visitatore vagabondo ritratto da Tevis, il cantante milanese si fonde con il personaggio annoiato e bohémienne. Poetico e oscuro, sprofonda su poltrone di pelle consunta, tossisce, è privo di sensi per gran parte dello spettacolo. Ma poi è brillante e navigato nel mantenere la promessa con cui ha attratto gli spettatori. Canta Bowie dal vivo sfuggendo alla pretesa di emularlo, sfodera una voce imponente e vellutata, è credibile, sicuro. Occupa lo spazio con la naturalezza di chi ha maneggiato palchi e schermi ben più caotici di quelli teatrali.
In “Lazarus” anche Casadilego
Agnelli non sembra però riuscire a distaccarsi dal ruolo di padre artistico delle sue scoperte televisive, e porta con sé la giovane cantautrice Casadilego, vincitrice di X Factor, di cui evoca in alcuni momenti lo spaesamento del debutto. La sua voce bambina e delicata risulta forse fin troppo dolce per un’opera musicale che vuole essere oscura e claustrofobica.
La scena si alterna in presenza e nella proiezione sugli schermi, confondendo il presente “live” con un passato registrato, senza mai distogliere l’attenzione dai musicisti abbarbicati ai lati del proscenio. Sempre pronti a punteggiare il racconto e rendere drammatici i passaggi di scena.
Per il resto la trama di Lazarus è labirintica e la sfida apocalittica. Difficile comprendere l’origine del personaggio Valentine, una sorta di Andy Warhol cinico e spietato (forse ispirato al ruolo che Bowie rivestì nel film Basquiat?). Alcune scelte stilistiche appaiono bizzarre e macchiettistiche. L’abuso di parrucche colorate che trasformano in banshees glam quasi tutte le figure femminili in copione. Le risate-stereotipo da villain Marvel stridono con la spontaneità del protagonista. I movimenti scattosi e robotici delle danzatrici diventano alla lunga macchinosi e decentrati.
È Manuel Agnelli a portare in salvo la produzione di Lazarus, facendosi largo tra il cast con l’imponenza della sua voce e la tranquillità dell’esperienza artistica. Omaggiando a suo modo uno dei personaggi più futuristici e multiforme che l’arte contemporanea abbia prodotto.
All’Arena del Sole di Bologna fino al 30 aprile, Lazarus di Valter Malosti sarà poi al Mercadante di Napoli dal 3 al 14 maggio. Al LAC di Lugano dal 18 al 20 maggio. Al Piccolo Teatro Strehler di Milano dal 23 al 28 maggio, poi al Comunale di Ferrara dall’1 al 3 giugno. Infine al Carignano di Torino dal 6 al 18 giugno.
Articolo di Federica Mingarelli