Ortigia Sound: storia di uno dei festival più coraggiosi d’Italia
Siamo tornati in Sicilia a uno degli eventi musicali e artistici più interessanti dell’estate
Esattamente un anno fa, nei primi giorni di agosto 2023, titolavamo “Ortigia Sound System: nonostante le avversità”. Il racconto del festival siracusano, che quest’anno ha cambiato nome in Ortigia Sound, passava in rassegna tutte le scocciature, più o meno gravi, da quelle climatiche a quelle prettamente burocratico-amministrative, che aveva dovuto sopportare prima, durante e anche dopo l’evento. Insomma, sembrava quasi che i pianeti si fossero allineati in una congiura per contrastare a tutti i costi uno dei pochissimi gioielli di musica colta dell’estate siciliana. Qualcosa per forza doveva cambiare quest’anno, e per forza doveva consistere in una reazione da parte del festival. La buona notizia è che la reazione c’è stata eccome, ed è stata forse la sua mossa più coraggiosa nella sua breve storia decennale. La cattiva notizia, è che le forze del male, di tutta risposta, si sono fatte sentire ancora più forte.
Coraggio e difficoltà
Cosa significa però, per un festival affermato come OS, compiere la sua mossa più coraggiosa? Il main stage storico del Castello Maniace si è spostato in uno spiazzo sull’acqua nella Borgata di Santa Lucia, in mezzo al Piccolo Porto di Siracusa. (Oggi detto ancora Lakkios, come si usava ai tempi della Magna Graecia). Dopodiché, il primo giorno di festival, giovedì 1 agosto, la cornice dei balli sudati è stata il parco del foro a Siracusa. Un luogo bellissimo dove svettano ancora colonne romane ma che il resto dell’anno è praticamente una piazza di spaccio lasciata un po’ a se stessa.
Altra perla: il parco archeologico della Neapolis, con la sua famosa grotta di Dioniso, sarebbe dovuto essere uno sfondo perfetto per i live. Il condizionale c’è perché, alla fine, la Direzione del parco ha deciso di impedire ogni attività del festival nel sito archeologico. Il giorno stesso dei live. Evidentemente, tra una colossale produzione hollywoodiana come quella dell’ultimo film di Indiana Jones (girato proprio alla Grotta di Dioniso) e l’esibizione canora di Antonina Nowacka prevista per l’ultimo giorno c’è una grande differenza: i soldi. Non mi si venga a dire che centinaia di addetti alla produzione che girano con camere, scenografie, impalcature e luci per la Caverna siano meno impattanti di una cantante su un palco minuscolo e tutto attorno il pubblico, probabilmente seduto. Eppure, una cosa si è fatta molto volentieri e l’altra no.
Poi ci sarebbe anche il fatto che sabato pomeriggio qualcuno ha appiccato il fuoco a una palma a pochi metri dal main stage. Non si sa perché né da chi sia arrivato un gesto così pericoloso. Una cosa è certa. Uscendo dall’esclusività privilegiata del suo centro storico, Ortigia Sound sta pestando piedi che difendono la stagnazione culturale e l’immobilismo conservatore di una città che si merita di essere ben più di un mero, eterno, decadente contenitore di rovine archeologiche. Chi organizza Ortigia, lo so perché ci vengo ormai da sette anni, ha un background di architettura. Quindi per deformazione professionale mira alla restituzione degli spazi di una città ai suoi cittadini. Nel farlo, però, si sta scontrando sempre di più con un omertoso intralcio istituzionale.
Ortigia Sound fuori dalla comfort zone
Ortigia Sound ormai non riguarda più non solo Ortigia. Le uniche attività che ancora si consumano nell’isoletta a pochi metri da Siracusa sono i boat party (nave molto più capiente quest’anno) e i DJ set alla Marina. Che il live di Blawan sia stato un tripudio di basse frequenze detonate su pattern di batteria elettronica inusuali eppure familiari all’orecchio o che i Kokoko si riconfermino come uno degli act più votati alla danza nella storia della musica, ormai poco importa. Il festival ha deciso di uscire dalla sua comfort zone. Ha scelto di far capire con le buone una volta per tutte (perché qui si fa cultura, non la guerra) il valore che questo evento porta a Siracusa.
Un valore che non è solo culturale ma soprattutto economico. Ortigia Sound viene bistrattato quando in realtà dovrebbe avere un posto di riguardo nelle grazie di Siracusa, perché per la città è solo una benedizione.
L’hanno capito i paninari notturni che sono strapieni fino a tarda notte. I tassisti (regolari e non) che danno volentieri manforte alle navette per gli afterparty al Bamboo Park. L’hanno capito ristoratori e gestori di bar che sono impacchettati di gente tutti i giorni fino a chiusura. Gli spaccini, i venditori di frutta al mercato, gli operatori turistici che organizzano le gite in barca. L’hanno capito i proprietari di hotel e bnb che cominciano a scodinzolare quando si avvicina già solo la tarda primavera. L’hanno capito i mendicanti, i busker, il clero che chiede dei soldi per l’accesso al Duomo di Ortigia. Persino i gatti randagi a cui i turisti, seduti al ristorante, gettano sempre, puntualmente una vongola. Chi altro lo deve capire ancora?
Articolo di Claudio Biazzetti