Il pogo dei Queens Of The Stone Age è di un altro livello
Ieri sera (6 luglio) la band di Josh Homme si è esibita agli I-Days di Milano: un live particolarmente atteso, visto il forfait dato il giorno prima all’AMA Festival in Veneto
Cappa di calore, nuvole minacciose in lontananza, zanzare, terra arida che impolvera le scarpe e fa tossire. Non siamo in Arizona ma all’Ippodromo SNAI San Siro per il concerto dei Queens Of The Stone Age agli I-Days Milano, e non potrebbe esserci un contesto più adatto per questo rock sferragliante che sa di deserti americani e grandi spazi desolati, ma che sa mantenere un occhio di riguardo per melodie e arrangiamenti mai scontati.
Il concerto era particolarmente atteso, non solo per l’affetto di cui da sempre la band di Josh Homme gode da parte dei fan italiani ma anche visto l’annullamento del live all’AMA Festival in Veneto il giorno prima per non meglio specificati motivi di salute. Dopo il forfait, sul concerto a Milano dei Queens Of The Stone Age ha incombeva un’incertezza che si è dissipata solo poche ore prima del concerto. E il pubblico ha saputo tributare al gruppo il giusto calore di incoraggiamento.
Il concerto dei Queens Of The Stone Age a Milano
Il live è compatto: inizia puntuale alle 21.30 e termina un’ora e un quarto dopo alle 22.45. Niente fronzoli particolari in termini né di scenografie né di intrattenimento da parte di Homme e soci, solo un’ottima rock band che dà il meglio di sé. A giudicare dall’intensità dell’esibizione, nessuno direbbe che sono reduci da “problemi di salute”.
È evidente che i Queens Of The Stone Age vogliono evitare qualsiasi operazione nostalgia o effetto revival. Infatti la scaletta (quindici pezzi, di cui solo alcuni allungati rispetto agli originali per improvvisazioni e interazione col pubblico) sembra volutamente valorizzare tutte le fasi della loro discografia. Buona parte del concerto (e la prima metà per intero) è composta da canzoni tratte dagli album successivi al grande botto di Songs for the Deaf, ovvero Lullabies to Paralize (2005), Era Vulgaris (2007), …Like Clockwork (2013), Villains (2017) e soprattutto dal recente In Times New Roman… uscito l’anno scorso. Fa eccezione Lost Art of Keeping a Secret, il brano più vecchio in scaletta, tratto dal secondo album Rated R del 2000.
Le scelte della scaletta mettono in risalto le tante sfumature – stilistiche, melodiche, armoniche – della musica dei Queens Of The Stone Age, capace di passare dall’aggressività al romanticismo con disarmante disinvoltura. Il fil rouge è sempre quell’eccezionale senso di Josh Homme per la melodia e per un cantato morbido, sensuale, anche quando intorno a lui gli arrangiamenti si fanno furiosi e gli altri membri della band picchiano giù duro. Un portamento quasi più da crooner che da cantante rock della generazione grunge.
I classici di Songs for the Deaf
Il pubblico apprezza anche le hit “minori”, ma va da sé che tutti aspettano i classici di Songs for the Deaf, capolavoro stoner rock del 2002 (in studio di registrazione c’era persino Dave Grohl alla batteria), uno degli album rock fondamentali del nuovo millennio. La prima ad arrivare è Go with the Flow, anticipata da sinistri feedback di chitarra che riprendono la cadenza armonica del brano.
Il piatto forte è poi servito alla fine del concerto, con una tripletta fulminante. Prima di tutto c’è You Think I Ain’t Worth a Dollar, But I Feel Like a Millionaire, rabbiosa opening track dell’album, originariamente cantata dal bassista di allora, Nick Oliveri (va detto che – per i motivi di cui sopra – l’interpretazione di Homme non regge il confronto). Poi è la volta del classico dei classici, No One Knows, che non ha bisogno di presentazioni.
La chiusura è con quello che è probabilmente il pezzo migliore dell’album, Song for the Dead, con il suo furibondo riff uptempo e mono-nota e i suoi repentini cambi di ritmo. Il batterista Jon Theodore rende onore alla performance di Dave Grohl, replicando meticolosamente i memorabili fill dell’originale. Durante l’intro si forma un grande vuoto in mezzo al pubblico: è il segnale che i fan più arditi sono pronti a saltarsi uno addosso all’altro all’attacco della band al completo. Cosa che puntualmente succede, e non è il solito pogo: non è una cosa da tutti, c’è qualcosa di tenebroso e di genuinamente primitivo in un rito collettivo come questo. Una scena che ancora non si era vista agli I-Days, non in questo modo, e che solo un gruppo come i Queens Of The Stone Age poteva suscitare, col suo irresistibile mix di rabbia e passione.
La scaletta
- Little Sister
- Smooth Sailing
- My God Is the Sun
- Evil Has Landed
- Paper Machete
- Emotion Sickness
- I Sat by the Ocean
- Time and Place
- Go with the Flow
- The Lost Art of Keeping a Secret
- Carnavoyeur
- Make It Wit Chu
- You Think I Ain’t Worth a Dollar, But I Feel Like a Millionaire
- No One Knows
- Song for the Dead
Le foto del concerto dei Queens Of The Stone Age a Milano
Foto di Stefano Masselli