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Il Sónar e la ricerca musicale, il confronto con il Primavera, un caldo anomalo: intervista a Enric Palau

Abbiamo chiacchierato con uno dei tre organizzatori storici del festival di musica elettronica di Barcellona. La soddisfazione è molto alta per un cartellone che ha portato parecchie sorprese. E alcune conferme come gli epici The Chemical Brothers

Autore Silvia Danielli
  • Il21 Giugno 2022
Il Sónar e la ricerca musicale, il confronto con il Primavera, un caldo anomalo: intervista a Enric Palau

The Chemical Brothers al Sonar, sabato 18 giugno. Una performance incredibile. Foto di Nerea Coll.

Siamo appena tornati a casa dopo i tre giorni del Sónar di Barcellona e già ne abbiamo nostalgia. Normale, dopo la bella sensazione di energia e di aver scoperto nuove realtà musicali. Un po’ meno normale forse non essere riusciti ancora a tagliare il braccialetto per entrare, come fosse una sorta di cordone ombelicale. Questa idea era sicuramente l’obiettivo di Enric Palau, uno dei tre storici organizzatori (insieme a Ricard Robles e Sergi Caballero, soci di Advanced Music) del festival di musica elettronica, tecnologia e innovazione che si è tenuto a Barcellona dal 16 al 18 giugno. «Sarà banale dirlo ma se la gente è tornata a casa felice abbiamo fatto goal», ci ha raccontato Enric che abbiamo contattato per fare un punto della situazione. 122mila presenze sono state registrate nella tre giorni, provenienti da 122 Paesi differenti.

Non abbiamo visto (e non ci sono state riportate) situazioni di disagio o eccessivo affollamento nelle varie sale del festival che si è tenuto a la Fira Montjuïc per la parte diurna (con gli incontri di approfondimento Sonar +D) e a quella Gran Via per la notturna. L’unico problema, se così si può chiamare in maniera riduttiva, è stato quello del caldo. Ma il problema è di tutti e si chiama surriscaldamento globale, come ricorda anche lo stesso Enric. «La temperatura registrata è stata davvero alta e anomala, ma su questo noi non possiamo fare molto. O meglio dovremmo davvero fare tutti qualcosa in generale».

Abbiamo notato come in cartellone abbiate dato una grande importanza ai musicisti e cantanti spagnoli, famosi o meno, ma anche ad artisti con un ricco bagaglio multi-culturale alle spalle. Avete sempre proposto questo tipo ricerca ma mi pare che quest’anno lo abbiate fatto ancora di più.

Credo tu abbia ragione. Sai, per noi questo festival 2022 non è stato la riproposizione di quello che doveva essere il 2020 e che avevamo congelato. Abbiamo pensato a un concept completamente nuovo e fresco. Avevamo soprattutto un’idea in testa: quella di far emergere le istanze contemporanee nel cartellone. Ovvero la necessità di andare oltre i generi, i sessi, le etnie. Non so, per esempio, abbiamo portato sul palco del Dia Pongo, artista del Congo che in pochi conoscevano, e ha spaccato, davvero. Ha sorpreso molti. Questo è solo uno dei tanti, quando riusciamo in quell’intento siamo soddisfatti.

Per gli artisti spagnoli siete riusciti a portare C.Tangana e Nathy Peluso che al momento sono tra i più conosciuti al mondo.

Possiamo dire di aver lanciato noi C.Tangana al de Dia nel 2017 e abbiamo poi seguito la sua evoluzione senza abbandonarlo mai. Ora è enorme, certo, con El madrileño, il suo ultimo album, ha ottenuto risultati straordinari. Hai visto la sua esibizione? È stata fantastica: era come assistere a una serie Tv in diretta. Ha studiato apposta questa performance.

Avete avuto un grande peso anche per lanciare la terza artista spagnola più famosa, Rosalìa, al Sónar nel 2018. L’avete chiamata anche quest’anno?

Certo, ma non poteva. Abbiamo subito individuato il suo talento. Da noi, sono partite anche artiste come M.I.A. e Goldfrapp, per citarne due non spagnole.

Come mai a Rosalia sono arrivate molte critiche da parte dei – chiamiamoli così – fondamentalisti andalusi del flamenco e a C.Tangana no? Anche lui ne fa uso e lo mischia alla trap e al reggaeton.

Perché Rosalìa lo canta e quindi il suo coinvolgimento è più profondo. C.Tangana prende degli elementi o degli artisti di flamenco e li unisce al suo suono. Del resto, gli integralisti del flamenco all’inizio non accettarono Paco de Lucía per il modo in cui poco ortodosso in cui teneva la chitarra mentre suonava. Poi è diventato l’emblema del chitarrista di flamenco nel mondo. In questa edizione abbiamo invitato anche Niño de Elche (con Ylia e Banda “La Valenciana”) come artista che ama sperimentare con il flamenco.

C’è qualcosa che vorresti migliorare per la prossima edizione?

Quando finisce tutto con l’organizzazione ci sediamo sempre a tavolino e buttiamo giù l’elenco dei bad e dei good. Non lo abbiamo ancora fatto perché è ancora presto, credo lo faremo da domani. Ovviamente c’è qualcosa che vorrei migliorare ma sono anche veramente soddisfatto. Per esempio lo sono della performance dei Chemical Brothers: è stata pazzesca. Hanno costruito uno show apposta e sono stati in grado di stupire tutti. Anche il fatto di averli fatti conoscere ai ragazzi più giovani è stato un bel goal. L’unica cosa negativa è stato il caldo diurno ma purtroppo, come ho detto prima, non dipende da noi.

Qual è stata la soddisfazione più grande di questo Sónar? A parte essere riusciti a tornare dopo due anni di stop.

Aver coinvolto un pubblico così giovane, che si è mischiato perfettamente con quello più agée.

So che non dirai niente contro l’altro grande festival di Barcellona, il Primavera Sound. Però ci sono state alcune lamentele sulla sua organizzazione quest’anno e qualcuno ha fatto notare come forse voi vi stiate riappropriando in pieno del vostro ruolo di sperimentatori e scopritori di talenti rispetto a loro, forse in generale, con cartelloni più mainstream.

Esatto, non posso parlare di un festival che non organizzo. Quello che è positivo è il fatto che ci sia un equilibrio tra noi e loro e ognuno abbia una propria personalità ben riconoscibile. Questo penso sia positivo per tutti.

L’anno prossimo si terrà la 30esima edizione del Sónar (già ci sono le date: 15/16/17 giugno 2023): avete già qualche idea per una ricorrenza così speciale?

No, ma da settimana prossima inizieremo a lavorarci perché impieghiamo più di un anno a completare il cartellone di un festival così importante. Sarà una festa, un’enorme festa, di questo siamo sicuri.

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