Il requiem d’amore di Voodoo Kid, nuova chicca fra urban e R&B
La cantautrice bresciana ha appena pubblicato il suo album d’esordio: convincente lavoro di otto tracce in cui troviamo anche lo zampino di Mecna (in questo caso, in veste di grafico)
Marianna, che di nome d’arte fa Voodoo Kid, fa parte della meglio gioventù musicale italiana: ha studiato musica a livello accademico a Londra, scrive, suona, canta, produce e ha un’idea chiarissima della sua attività artistica. Del suo talento si era già accorto Mecna, che la volle come featuring nella title track di Neverland, ma adesso possiamo goderci le sue atmosfere urban con un gradevole tocco di R&B nell’album d’esordio amor, requiem, uscito il 20 novembre per Carosello Records. Vi ritroviamo lo stesso Mecna, questa volta nella veste di grafico che ha curato l’artwork del disco. Ecco un estratto dell’intervista che troverete integralmente sul numero di dicembre-gennaio di Billboard Italia.
Visto il mélange di stili musicali di cui fai mostra nella tua musica, con quali ascolti sei cresciuta?
Sono cresciuta con quello che al tempo passava in radio (io sono del ’95), per esempio il primo Tiziano Ferro. Poi ho iniziato a esplorare a modo mio, concentrandomi su cose straniere. Ho imparato a suonare la chitarra e i primi brani che facevo erano quelli dei Led Zeppelin e dei Deep Purple, per poi spostarmi su cose un po’ più complicate come i Dire Straits. Infine mi sono appassionata moltissimo al soul e all’R&B, che ad oggi è il mio genere preferito e che mi condiziona quando scrivo musica.
Per amor, requiem hanno collaborato con te diversi produttori. Che tipo di lavoro hai fatto con loro?
Il primo produttore che ho conosciuto è Dario Bassolino, con cui ho fatto Come Quando Fuori Piove e che troviamo nell’album con TVB. I secondi sono stati i Mamakass, con cui ho già collaborato per Paranoia e che nell’album hanno riarrangiato Requiem. In Goodbye ho lavorato con Emanuele Triglia, che è un bassista e producer formidabile. Ho lavorato anche e soprattutto con Renzo Stone, che è stato un po’ il collante di questo album.
Quanto c’è di analogico in questo disco?
Requiem, per esempio, è tutta analogica. Per il resto, dipende da pezzo a pezzo e da come mi sento sul momento. Ci sono giorni in cui ho voglia di scrivere, mi faccio un beat veloce e lavoro su quello. Comunque tutte le chitarre del disco sono analogiche, i bassi sono suonati. Su Requiem abbiamo usato un basso Fender Jaguar, mi piace un sacco quel suono.
Riguardo a Non È per Te hai detto che “il singolo si pone come manifesto delle nuove generazioni, millennials e generazione Z, in contrasto con quelle vecchie”. Mi pare che il fattore generazionale sia un elemento ben presente nella tua modalità di comunicazione.
Sì, insieme al fattore ambientale, per esempio.
Pensi che le due cose si possano vedere nella stessa ottica?
Sì, ma sono anche sicura che non tutti noi millennials facciamo tutto quello che possiamo per migliorare la situazione. Ci sono persone, come Greta Thunberg e il movimento Fridays for Future, che dedicano proprio la loro vita a questo. C’è chi fa tanto e chi non fa niente, anche nelle nuove generazioni. Se vogliamo guardare la cosa del punto di vista sociale e politico, chi prende le decisioni più grandi è molto più anziano di noi.