Interviste

Anna Castiglia, participio “emergente”: «Il cantautorato femminile non esiste, esiste solo il cantautorato»

L’esperienza a X Factor, il tour, la vittoria di Musicultura con “Ghali” e un album che arriverà presto. La cantautrice siciliana è tra le artiste del programma Up Next Italia di Apple Music

Autore Samuele Valori
  • Il5 Settembre 2024
Anna Castiglia, participio “emergente”: «Il cantautorato femminile non esiste, esiste solo il cantautorato»

Ci vuole coraggio nell’essere emergenti, soprattutto se si vuole essere emergenza. Con una chitarra acustica, dei testi che sono fiumi di parole e delle melodie malinconiche da ballare guidati dal suono delle trombe può sembrare quasi facile. Ma poi ad andare in televisione, davanti quattro giudici che cercano l’X Factor, le gambe potrebbero diventare tremanti e la voce tentennante. Ci vuole ancora più coraggio se sei una cantautrice e qui del participio presente non abbiamo bisogno. Anna Castiglia ha rischiato tutto, ha preso la canzone che all’inizio non avrebbe mai voluto pubblicare e l’ha liberata del senso di colpa. Dopo il successo repentino, le critiche, ora è libera di essere “incoerente”.

Quando sette anni fa ha lasciato Catania per studiare musical a Torino, Anna aveva le idee chiare: musica, recitazione e ballo. Le ha scelte tutte e tutte si ritrovano nei suoi brani. Il recitar cantando (nel suo caso più cantato recitato) caratterizza la pungente Ghali, la nostalgica U Mari e l’ironica Participio presente dalla quale si è preso in prestito il gioco di parole per l’attacco di questo articolo.

La diversità, o incoerenza artistica come la definisce lei, è la sua arma segreta. Un modo per sfuggire ai pensieri negativi suscitati da un mondo musicale ancora troppo al maschile, in cui i termini di paragone sono sempre gli stessi macigni e si rischia col finire davvero col credere di essere molto simili al proprio mito. Perché se sei siciliana, scrivi le tue canzoni e suoni una chitarra acustica sei come Carmen Consoli e Levante e il participio presente diventa di colpo passato. Invece, oggi più che mai, il participio è emergente e ha tantissime sfaccettature: Assurditè, Lamante, Sarah e appunto Anna Castiglia.

Dopo l’esperienza televisiva, conclusasi a un passo dai live, un tour in giro per l’Italia e la vittoria di Musicultura, ora c’è un album in arrivo. Un progetto figlio anche di tanta, tantissima esperienza accumulata aprendo i concerti di alcuni dei suoi idoli. Un termine che Anna non apprezza moltissimo, preferisce definirli esempi. Tra questi c’è quello di cui è più innamorata, la già citata Carmen Consoli, con la quale tornerà a esibirsi nell’ultima data del suo show Terra Ca Nun Senti a Ostia Antica sabato 7 settembre. «È stato assurdo suonare prima di lei, ancora meglio di quanto mi aspettassi. Un’accoglienza umana e umile. Ricordo che mi ha chiesto di cosa avessi bisogno, come se fossi ospite a casa sua. Ma la cosa più bella è stata il sentirmi veramente inclusa nello spettacolo».

Tra meno di una settimana, il 12 settembre, Anna Castiglia sarà tra le quattro artiste (le altre sono Assurditè, Lamante e Sarah) che si esibiranno in Piazza Liberty a Milano per l’evento di Up Next Italia di Apple Music, il programma di Apple Music orientato a identificare, mostrare e far emergere il talento delle stelle nascenti. A questo link è ancora possibile registrarsi per la serata.

Up Next Italia di Apple Music: l’intervista a Anna Castiglia

Non manca molto all’uscita del tuo primo album e un primo assaggio è il tuo ultimo singolo U mari. Un brano atipico, con cui idealmente sei tornata in Sicilia, scritto nel 2020. Che storia c’è dietro e cosa ricordi di quel periodo?
Ho lasciato la Sicilia nel 2017 per frequentare l’Accademia di musical di Torino. Nel 2020 poi mi sono trasferita a Belluno per un breve periodo. La vicinanza alle montagne ha aumentato ancor di più la mia nostalgia del mare. Non so come mai il testo mi sia uscito in siciliano, non lo parlo quasi mai, soprattutto da quando non sono più a Catania. Credo che sia andata così perché quello forse è stato il momento in cui ho realizzato quanto mi mancasse la mia terra. Appena arrivata in Piemonte mi sembrava tutto bello, ero piena di impegni e nemmeno me ne sono resa conto. L’ho capito rimanendo sola.

Il brano, infatti, parla anche molto di solitudine. Col Covid l’accademia era chiusa e passavo molto tempo da sola. Però devo dire che U mari non è una canzone totalmente triste. Questo anche perché gli accordi e la melodia sono nati per accompagnare un testo che mio padre aveva scritto durante la quarantena. Anche a lui piace scrivere. Quando glieli ho fatti ascoltare ha detto che erano troppo belli e difficili da suonare e ha spinto affinché li tenessi per me.

Il mare è protagonista anche nel videoclip girato a Lampedusa che hai curato e girato tu stessa. Ti piace anche occuparti in prima persona di tutto ciò che circonda la tua musica quindi.
Sì, provo a far un po’ tutto e male (ride n.d.r.). Mi piace mischiare le varie forme d’arte in una sola.  Nel caso di U mari ero a Lampedusa per un festival giornalistico e ho deciso di girare questa mega story Instagram in verticale col telefono. La collaborazione tra le varie discipline è il motivo per cui ho studiato musical. Non che io fossi proprio una patita del genere, ma semplicemente non sapevo cosa scegliere tra recitazione, musica canto e danza. Mi piacevano tutte troppo. Il mio obiettivo è riuscire a scrivere uno spettacolo che sia per lo più musicale, ma inserendo anche una parte teatrale e, perché no, anche il Tip Tap che è l’unica danza che faccio. Per il resto sono un pezzo di legno.

Come ti ha fatto sentire tornare a esibirti dal vivo in Sicilia?
Le tappe del tour in Sicilia sono state le più belle. La prima data di Catania è stata una festa e sono stata accolta dalle persone che mi hanno scoperta e riscoperta. C’erano anche i professori del liceo. Non era scontato perché magari avrei potuto sentire più la pressione, come quando ti esibisci davanti ai tuoi genitori. Invece, cantare lì mi spinge sempre a dare di più. Mi sento anche molto più sciolta. Da questo punto di vista allontanarmi da casa mi ha aiutato. Col tempo ho capito che si può sempre tornare e che più sono lontana, più mi idealmente mi avvicino e riesco a sentire e scrivere certe cose che da lì non percepisco.

La Sicilia è una terra ricca di cantautrici e spesso nascono i confronti. Nel tuo caso questo ti mette pressione o ti spinge a fare ancora meglio?
Più che pressione, forse un po’ di paura. Il gender gap, il fatto che ci siano poche donne comporta che i riferimenti siano sempre grandi e gli stessi. Se vieni dalla Sicilia, scrivi e suoni la chitarra, sei sempre uguale a Carmen Consoli o a Levante. E questo a volte può portarti a pensare di non essere originale, anche se poi non è così. Ovvio che mi fa piacere essere paragonata, Carmen Consoli è un mio mito. Se lei e Levante non ci fossero state, non sarei qui. Spero solo che col tempo i riferimenti aumentino sempre di più. Che poi vorrei si perdesse quest’abitudine di etichettare la musica come “femminile”. Non esiste cantautorato femminile o rap femminile, esistono il rap e il cantautorato. Per non parlare poi di quando ti definiscono la “De André al femminile”, terribile.

Per l’evento dal vivo di quest’anno Up Next Italia Apple Music ha selezionato quattro artiste, tra l’altro molto diverse tra loro. Che effetto fa?
Prima di tutto un effetto sorpresa. Quando mi hanno detto che, oltre a essere nella playlist, ero stata scelta per l’evento in Piazza Liberty sono stata ancora più felice. Io vivo a Milano e quindi essere una rappresentante di questo progetto in città è una figata. Ancora più bello il fatto che ci siano quattro progetti femminili. È coerente con il mio percorso e con il valore sociale che voglio anche dare alla mia musica, oltre che importante per la rappresentanza. È sempre una questione di genere, bisogna riprendersi i propri spazi e questo è uno spazio importantissimo. Il fatto che io occupi una casellina è fantastico, ma anche se non ci fossi stata io sarei stata felice di vedere quattro artiste. Conosco Assurditè, siamo amiche e sono felicissima di condividere quest’esperienza con lei, mi piace molto Lamante, mentre non conosco Sarah, ma ci sarà occasione. Sono molto gasata.

A proposito di gender gap, fai parte del collettivo Canta fino a dieci. Mi spieghi come funziona?
Sì, è un progetto con cui provo a occuparmi di questa problematica, tentando di normalizzare la presenza femminile sui palchi e di porre l’attenzione anche su ciò che accade in generale nell’ambiente musicale. Si tratta di un’unione, non solo social, di cinque progetti musicali diversi. Siamo tutte cantautrici e in alcune occasioni speciali organizziamo dei concerti in cui ognuna di noi mette a disposizione un proprio pezzo e lo canta con le altre, passandoci la chitarra. Questo passaggio è anche nel nostro logo e simboleggia la rete che bisognerebbe costruire tra di noi donne per contrastare lo stereotipo che vede le artiste sempre in competizione tra loro. Il collettivo si chiama Canta fino a dieci perché lo slogan è “contare per contarci”. I numeri contano e servono per accendere un faro sulla situazione.

Qualche mese fa hai trionfato a Musicultura con Ghali, pezzo che avevi presentato a X Factor. Come valuti le due esperienze?
Musicultura è stata un’occasione stupenda per chiudere il cerchio con Ghali e sfruttare al massimo le sue potenzialità. Sicuramente averla portata a X Factor ha aiutato molto. Quando ho iniziato a lavorare a questo pezzo era prima del Covid, ma l’ho finito dopo. Ha avuto una gestazione lunghissima e pensavo che fosse così particolare da meritare un contesto diverso. Presentarlo a X Factor è stato un gesto di rottura molto rischioso. Infatti, ci sono state delle critiche, che poi in realtà hanno come al solito portato anche dei benefici. Ma quello che mi rimane è la risposta del pubblico dopo l’eliminazione. Mi dà forza nei momenti di sconforto e penso: “Se il pubblico vuole si fa sentire”. Questa cosa mi ha spinto a circoscrivere ancora di più il mio progetto. A non cercare di copiare quello che funziona, ma continuare con la mia narrazione e la mia estetica.

Eppure, in un’altra intervista hai detto che non ti piace la coerenza.
Sì, è vero. C’è questa idea generale della coerenza musicale. Devi sempre farti riconoscere. Se il primo pezzo si intitola Ghali, il secondo deve essere Sfera Ebbasta, per fare un esempio. Se fai un pezzo di protesta e poi scrivi un pezzo d’amore ti sei venduta. Per fortuna, il pubblico non è scemo. Poi è ovvio che ogni artista magari indugia di più su certi argomenti o certi accordi. A me però piace la sorpresa. Credo che ci sia riconoscibilità anche in cose molto diverse. Io vario molto e questo mi ha anche penalizzato. Spesso mi hanno detto: “Così non si capisce chi sei e cosa fai”. Però per me è un punto di forza, io stessa ascolto cose molto diverse.

Nella tua playlist Up Next chi c’è adesso?
In questo periodo sto ascoltando moltissimo MARO, una cantautrice portoghese che qualche anno fa (2022 n.d.r.) ha partecipato anche all’Eurovision Song Contest. L’ho vista anche come chitarrista e corista di Jacob Collier. È fortissima.

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