Vera Anna
Dal 2020 ha macinato centinaia di milioni di streaming con i suoi singoli e adesso la ragazza d’oro – anzi, multiplatino – è pronta ad affrontare la prova più difficile, quella del primo album, “Vera Baddie”, e a raccontarsi a tutto tondo. Dalle fragilità dei vent’anni che si porta dietro da un’adolescenza (normale) che la fama non le ha fatto vivere a pieno al traguardo più importante, dalla bambina che è stata alla ragazza che è (e che voleva diventare). Ecco perché “Una tipa come lei” era ciò che serviva al rap italiano
Qualche sera fa, mentre guidavo verso casa, la riproduzione casuale (ma neanche troppo) ha scelto per me BBE, il penultimo singolo di Anna con Lazza. Il ritornello è di quelli che ti entrano subito in mente, il testo uno statement all’americana – con un mix di italiano e slang, una cosa a cui Anna non riuscirebbe mai a rinunciare – di empowerment, una sorta di manifesto di una ragazza forte e decisa che non deve chiedere mai. In due parole: della Vera Baddie. Dopo averla ascoltata con gusto (e con tanto di elegantissimo braccio fuori dal finestrino) immedesimandomi anche io per tre minuti e diciotto in una best bitch ever con meno anni di quelli che ho effettivamente, ho scritto alle mie amiche: “Le ragazze ascolteranno Anna sentendosi delle baddie e poi avranno paura di scrivere alla loro crush”.
Un messaggio che avevo scritto per gioco, ma a cui mi sono ritrovata a pensare un paio di giorni dopo, alla fine di una lunga chiacchierata proprio con Anna. Nel tempo che abbiamo passato insieme, infatti, ho scoperto due cose in particolare.
La prima è che dietro quell’immagine da dura, da diva della street e da femme fatale dell’hood che negli anni abbiamo imparato a conoscere, c’è una dolcissima ragazza appena ventenne che, travolta da un successo che le ha tolto un pezzo di adolescenza e che le ha fatto fare i conti troppo presto con la cattiveria della gente sui social, a volte sogna di scambiare per un giorno la sua vita da famosa con quella normale di una qualsiasi sua coetanea. La seconda è che sì, anche “le vere bad bitches piangono”, come rappa in Una tipa come me, senza dubbio la migliore delle diciotto tracce di Vera Baddie, il suo primo album in uscita questo venerdì.
Già, il primo album. Fa quasi strano dirlo, considerato che dal 2020 ad oggi – tra singoli da decine di milioni di streaming e collaborazioni con i pesi massimi della scena che fanno a gara per avere una sua strofa – la rapper di La Spezia classe 2003 domina costantemente le classifiche, e che in questi quattro anni, con i tempi che corrono, a occhio e croce di dischi Anna avrebbe potuto pubblicarne almeno due.
Ma lei, leone ascendente leone (aka determinazione e cazzimma al quadrato), ha voluto fare le cose per bene e a modo suo, al momento giusto, prendendosi il tempo necessario per maturare e fare un progetto che non fosse un qualcosa di effimero per soddisfare la domanda momentanea del mercato, ma che la renda fiera quando lo riascolterà tra dieci anni e che la rappresenti davvero.
Dal lato più spensierato e sfacciato per sentirsi una ragazza post-adolescente come tutte le altre, a quello più intimo (e inedito) che esce quando scrive le sue canzoni da sola in cameretta, buttando sul foglio un dolore in cui fino ad ora non aveva ancora osato scavare perché «parlare anche di me, del mio carattere, mi ha fatto sentire finalmente libera», come mi racconta nella nostra chiacchierata durante la quale più che con l’artista donna più ascoltata in Italia nel 2023, mi sembra di parlare con una sorella minore (ma non per questo meno matura) che ha voglia di raccontarsi senza filtri e sovrastrutture.
E allora dopo aver conosciuto la Vera Baddie, in questa lunga intervista abbiamo voluto scoprire la Vera Anna: dalle fragilità dei vent’anni, le paure e le genuine insicurezze al desiderio di rapporti umani sinceri, dal traguardo più importante che ha raggiunto fino ad ora alla musica come terapia per esorcizzare l’ansia, dalla bambina che è stata alla ragazza che è (e che ha sempre sognato di diventare). E abbiamo capito definitivamente perché “Una tipa come lei” era ciò che serviva al rap italiano.
L’intervista ad Anna
Credo che chi ascolterà questo album rimarrà stupito per come ti sei aperta sulle tue fragilità, una cosa che non avevi ancora fatto…
Vero? Lo penso anche io. Non per screditare i pezzi che ho fatto fino ad ora ma erano un po’ delle canzoncine, non perché le ritenga effimere, ma perché non avevo ancora scavato dentro di me. Mi ci è voluto tempo per farlo, per me è molto più facile fare un pezzo per divertire e divertirmi piuttosto che andare a fondo nelle cose che mi fanno male, nei miei rapporti con le persone. Questo disco mi ha proprio sbloccata da questo punto di vista.
C’è stato qualcosa che ti ha fatto capire che eri pronta a far conoscere anche un lato diverso di te?
Sicuramente il fatto che molte ragazze mi abbiano detto che si rivedono in me mi ha fatto sentire la necessità di esplorare anche altri lati dell’essere una ragazza oggi. Ho voluto affrontare più sfaccettature di questa cosa, anche quelle negative, e mi rende orgogliosa aver tirato fuori un’altra parte di me e sono maturata tanto come persona per riuscire a farlo, per unire i miei sentimenti alla musica. Penso che tra dieci anni quando riascolterò questo disco ne sarò fierissima perché è proprio una parte di me.
Un disco che arriva a quattro anni dal tuo effettivo debutto. In un’intervista avevi detto che tu non avresti voluto diventare famosa così come è successo, ma fare una gavetta più lunga. Prenderti del tempo ti è anche servito per riordinare ciò che stava accadendo nella tua vita?
Sì, ho avuto bisogno di qualche anno per stabilizzare la mia vita. Anche perché il successo per me è arrivato quando ero ancora molto piccola in un momento particolare come la quarantena. Questi quattro anni mi sono serviti anche per crescere come artista, sento di aver fatto proprio un salto qualitativo nelle mie canzoni. Mi sono allenata tanto, ci tengo che il mio nome abbia un certo valore e spessore e che si capisca che io prendo la musica seriamente perché è ciò per cui io vivo.
Possiamo dire che questo non ha nulla a che fare con l’essere una donna in un mondo a prevalenza maschile?
Assolutamente sì! Io sono qui perché non ho mai sentito differenza tra me e i miei colleghi maschi. Più si enfatizza questa cosa, più le ragazze si sentono scoraggiate a fare le rapper. Quando dicono che io sono la più brava in Italia mi verrebbe da rispondere “Io non sono la più brava, semplicemente sono l’unica che si è buttata e a cui non è mai fregato niente di essere in mezzo a soli uomini. Anche a costo di prendermi gli insulti”. Ah, e aggiungo anche che io non ho portato “il rap femminile”, ho portato la mia musica, stop.
E poi se esistesse il rap femminile dovrebbe esistere anche il rap maschile…
Esatto! Sai quante volte mi capita che mi dicano che io sono la dimostrazione che anche le donne possono fare rap? Tante volte la gente cerca di non essere sessista ma si mette i bastoni tra le ruote da sola. Il rap è rap, punto. Non c’è sesso, l’importante è farlo bene. Tante volte le ragazze si sentono svantaggiate perché non si sentono supportate, ma quando ho iniziato io chi è che mi ha supportata? Nessuno. Ero io, da sola, piano piano mi sono costruita il mio percorso e mi sono fatta valere.
Nell’intro del disco infatti tu dici “Ho dato a tutte la fottuta ispirazione”.
Sì, anche se con quella frase mi riferivo più che altro al punto di vista dell’attitudine. Non è una cosa arrogante, ma anzi spero che tante ragazze vedendo cosa sono arrivata a fare da sola possano sentirsi in qualche modo ispirate.
Anche perché il concetto di “baddie” significa più di quello che sembra, no?
Certo. Essere una baddie non vuol dire solo essere una ragazza che si diverte, ma la baddie è quella che trasmette determinazione alle altre ragazze, che le aiuta nel momento del bisogno. Le ragazze questo lo hanno capito e a me tanto basta.
Hai raccontato di aver sofferto tanto le critiche in passato, adesso che sei cresciuta come te la vivi questa cosa?
Sicuramente ho molto meno hating di prima perché le persone hanno imparato a conoscermi, mi vedono dal vivo e apprezzano anche la persona che sono. Col tempo ho imparato a fregarmene. Non faccio niente di male, penso di essere una bella persona. Le cose cattive non mi toccano più come prima perché le prendo come un qualcosa di negativo verso chi le dice, non verso di me che le ricevo. I social poi sono una giungla, se non sai gestirli mentalmente possono distruggerti.
E tu come fai?
Tengo a mente che esiste la vita reale e poi esiste quella sui social. E cerco di concentrarmi sull’amore che ricevo in grandi quantità, questo mi dà tanta energia.
Avevi anche detto che le critiche si erano triplicate nel momento in cui eri esplosa, tanto che Internet aveva dato un’immagine di te che non corrispondeva a quella reale. Hai mai avuto paura che dopo Bando tutto potesse finire?
Più che altro la paura me l’ha messa la gente. Io sapevo benissimo quello che avrei voluto fare nella vita, ma molte persone davvero non vedono l’ora di distruggerti. Io mi ricordo quando mi dicevano “Questa tra un mese è già sparita”. Invece col cazzo, sono ancora qui e ci sono perché ho tanto da dare e perché sono sempre stata convinta del mio, perché sentivo che quella era la mia strada. E credo di aver fatto tutte le cose giuste, come dovevano essere fatte.
Comunque non è da tutti non mollare quando si ha così tanta pressione, sei stata molto forte in questo.
E di questo sono felicissima. Sono anche molto fortunata ad avere un team che mi supporta tantissimo, che mi cura come se fossi una figlia e che mi ha sempre tutelata e protetta, mentre ci sono artisti che vengono bruciati e spremuti dalle persone che lavorano con loro. Io con me ho solo persone buone, che hanno contribuito perché il mio percorso fosse giusto.
Spesso mi capita di vedere dei video di te insieme ai tuoi fan e mi sembri tuttora una ragazza molto umile.
Non mi piace auto-definirmi umile perché automaticamente poi è da montati, però mi sento una “terra terra”. Credo che questa cosa dipenda molto dal fatto che non mi sono goduta una vita normale. Conta che dai 16 anni in poi tutte le cose che ho fatto erano inerenti al mio lavoro. Quindi al di fuori di questo io voglio essere il più normale possibile e godermi la vita. La mia semplicità non è per fare un favore agli altri o per farmi dire “Oh, guarda quanto è umile Anna”. Io amo essere così, amo fare una chiacchierata normale con una persona, perché dovrei fare la snob?
Il fatto di inserire nel disco così tanti riferimenti al periodo adolescenziale è anche un modo per recuperare un momento della tua vita che non hai vissuto come volevi?
Può darsi. Io spesso di notte sogno la mia vecchia scuola, i miei vecchi compagni di classe, gli ambienti che frequentavo prima. Mi mancano troppo quelle cose perché non me le sono godute per niente. Non sono nemmeno una che nella vita ha fatto tante amicizie in modo organico perché non ho avuto né il tempo né il modo di farlo. Ho patito tanto questa cosa, ho un grande rimpianto. Spesso le ragazzine mi dicono che invidiano la mia vita, io invece invidio la loro e nemmeno lo immaginano.
Se potessi vivere adesso un giorno senza essere la Anna famosa, cosa faresti?
Andrei a ballare in pista, in mezzo alla gente. Farei un lavoro normale in cui devo interfacciarmi con tante persone come una ragazza qualunque e vorrei fare delle amicizie in modo semplice.
A proposito di amicizie, è un tema di cui parli molto anche nel disco.
Sì, faccio molta fatica a creare delle amicizie in modo naturale. Spesso mi sono ritrovata ad avere delle amicizie opportunistiche, mentre io vorrei solo delle amiche che stanno con me perché sono simpatica e perché sono una bella persona. Saranno anni che non mi presento a una persona o che dico il mio nome quando conosco qualcuno e questa cosa mi pesa un po’.
Fai fatica a fidarti?
Molta. Riesco un po’ all’estero dove le persone non mi conoscono e riesco ad essere più libera, ed è una figata.
Per questo album hai lavorato anche in America e devo dire che si sente, è molto internazionale.
Sì, ad esempio in America ho scritto Una tipa come me, ma la maggior parte delle canzoni sono nate nella cameretta di casa mia.
Sei gelosa delle tue canzoni?
Tanto, nella mia testa non esiste il fatto di farmi scrivere qualcosa da qualcuno. Io sono dell’idea che se faccio dei pezzi è per dire qualcosa, e questo qualcosa deve arrivare da me. Non riuscirei mai a farmi mettere parole in bocca da altri persone. La musica per me è una cosa così intima e personale che non potrei farmela modificare da qualcuno. Mi dà fastidio quando sento “Ah, Anna è migliorata, chissà chi le scrive i testi”. Beh, nessuno! Se davvero avessi un ghostwriter perché allora non esistono altre cinque Anna in Italia?
Tu scriveresti per altri invece?
Dare una mano sì, mi piacerebbe, ma dare un pezzo intero non credo ce la farei. Ma poi le mie canzoni mi rappresentano troppo, sono io al 100%. Te la vedi un’altra che dice “Summer season, prendo il sole a Naples?”.
No! (Ridiamo entrambe, ndr)
Capisci? Anche il fatto di mischiare italiano e inglese è una cosa troppo mia a cui non riuscirei a rinunciare. Ci ho provato, l’altra sera mi sono messa lì e mi sono detta “Adesso devo scrivere un pezzo tutto in italiano” e non ce l’ho fatta. Questa credo sia proprio la mia cifra stilistica.
Nei tuoi producer invece hai completa fiducia.
Assolutamente sì. Infatti voglio cogliere l’occasione per ringraziarli tanto perché sono fondamentali, senza di loro questo album non sarebbe quello che è. Io ci metto il mio, ci metto il testo, mai se non c’è una bella base musicale niente di tutto questo è possibile. E poi sono felice che finalmente in Italia si facciano strada dei giovani così freschi e forti.
Prima hai nominato Una tipa come me, che per me è uno dei pezzi che sorprenderà di più chi ascolterà l’album.
Sì, è decisamente la canzone più introspettiva di tutto il disco. Avevo iniziato a lavorarci in studio con un produttore americano mentre ero negli States, ma ero troppo tesa e non sono riuscita a finirlo quindi l’ho ripreso in mano mentre ero da sola nella mia camera. La scorsa estate per me è stato un periodo un po’ duro. Ho perso tanti chili per lo stress, avevo un umore molto altalenante e quindi avevo bisogno di buttare fuori queste sensazioni e parlare anche più di me, del mio carattere. Mi ha liberata molto.
Nell’Intro dici “Fare questa roba aiuta più dello psicologo”.
Per me la musica è sempre stata una cura. Io soffro tanto di ansia che si manifesta anche in modo psicosomatico, e quando sento che comincio a stare male mi infilo le cuffie, ascolto musica e ti giuro che mi sento meglio. È proprio la mia terapia, la mia vita gira attorno alla musica.
Anche da bambina era così?
Sì, diciamo che col tempo sono diventata più consapevole e ho imparato ad esprimermi. Più riesci a sfogarti nei pezzi, più ti aiuti.
Senti Anna, prima abbiamo parlato di critiche, mi dici invece qual è la cosa più bella che ti è stata detta da un o una fan?
Non ti saprei dire una cosa specifica, sicuramente mi rende molto orgogliosa il fatto che molte ragazze mi dicano che io do loro la grinta per affrontare la vita di tutti i giorni, i periodi bui. Mi ricordo che una volta una ragazza mi ha scritto che suo papà aveva avuto un infarto e aveva molti pensieri, e ascoltare la mia musica la alleggeriva. Per me quella è stata una cosa stupenda, sapere di rendere la vita un po’ meno pesate a una persona che sta vivendo un momento difficile. In generale mi piace tanto dare spazio e ascolto ai sentimenti delle mie coetanee, farle sentire confident.
E il traguardo più importante che hai raggiunto fino ad ora?
Dal punto di vista personale sicuramente far avere a mia madre una stabilità economica. Io l’ho sempre vista spezzarsi la schiena, da quando ero piccola, quindi permetterle di non lavorare più e darle una serenità che non ha avuto è stata la gioia più grande. Per me il rapporto con i miei genitori è tutto, quando loro stanno bene e non hanno preoccupazioni la vita ti cambia completamente. A livello di carriera invece ti direi lavorare con Sfera. Da piccola per me era una cosa irraggiungibile, e invece tra qualche giorno sono a San Siro per cantare con lui. Se avessi detto questa cosa alla me del passato probabilmente non ci avrebbe mai creduto!
E la Anna bambina cosa direbbe oggi alla Anna ragazza?
Che è orgogliosa di quella che è diventata perché è esattamente quella che avrebbe sempre voluto essere. Se la Anna bambina potesse viaggiare nel tempo e vedermi ora si gaserebbe di brutto, direbbe che sono proprio una figa, che è arrivata dove è da sola e perché ci ha creduto tanto. Ecco, forse il traguardo più grande è essere semplicemente me.