Interviste

Questione di legacy: l’intervista a Apparat

«Un DJ set è come entrare nel sogno di qualcun altro. Un concerto, invece, è come costruirne uno da zero». Parola del musicista tedesco, fra i protagonisti di Spring Attitude Festival 2025

  • Il21 Agosto 2025
Questione di legacy: l’intervista a Apparat

Apparat

Non tutti sono realmente consapevoli dell’importanza che continua ad avere Apparat (nome d’arte di Sascha Ring) nella musica elettronica contemporanea. Di certo il suo basso profilo sui social non aiuta: «A loro attribuisco buona parte dei problemi di oggi, per questo non pubblico quasi più nulla», mette subito in chiaro Apparat in questa intervista esclusiva. Eppure chi lo conosce da tempo sa quanto ha influenzato una certa stagione della musica elettronica europea. Il musicista tedesco è stato una delle prime figure emerse da una precisa scena berlinese a mescolare beat e sonorità in presa diretta. Cosa che per l’appunto ancora oggi lo rende un’istituzione nel campo della musica moderna.

Tuttavia il suo approccio è cambiato nel corso del tempo. «Ho iniziato come musicista esclusivamente di musica elettronica venticinque anni fa, ma non sono mai stato pienamente soddisfatto di ciò che sintetizzatori e campionatori potevano offrire. Perciò ho sempre continuato a sperimentare», spiega Apparat. «A un certo punto, durante la fase compositiva ho smesso di puntare per forza a un risultato. In passato questa mi sembrava una prerogativa, ora ho la sensazione che sia più che altro una forma di distrazione. Insomma, sono più aperto alla possibilità di lasciare le cose irrisolte».

Quando gli chiedo come definirebbe oggi il suo sound e come pensa sia cambiato, risponde così: «Ciò che continua a caratterizzarmi è una certa fragilità nella struttura delle composizioni. Negli anni, a farci caso, sono diventato più silenzioso in alcune parti, più rumoroso in altre».

Oltre agli album in studio, Apparat si è cimentato con diverse colonne sonore, a conferma del suo status di musicista a tutto tondo. Dai lungometraggi Il giovane favoloso o Capri-Revolution, entrambi di Mario Martone, alla serie Dark (forse il suo lavoro migliore per il grande schermo), uno dei prodotti di punta di Netflix nel 2017.

Ma il musicista tedesco ha saputo farsi ricordare anche grazie ai suoi iconici DJ set. Proposta che ha sempre affiancato alla dimensione live con grande equilibrio. Senza mai lasciare che l’una prevalesse sull’altra. «Un DJ set è come entrare nel sogno di qualcun altro. Un concerto, invece, è come costruirne uno da zero», spiega Apparat, senza però nascondere di avere un rapporto «piuttosto ambivalente» con i DJ set. «Quando suono come DJ mi dissolvo di più. Conta il flusso, non l’ego. Dal vivo, invece, porto più peso sulle spalle: c’è molta vulnerabilità sul palco, a volte addirittura tensione».

A questo punto gli chiedo se la netta distinzione tra live show e DJ set ha ancora senso di esistere. «Forse non tanto per il pubblico “moderno”», precisa, «eppure io la sento eccome. Durante un live riesco maggiormente ad entrare in un loop di creatività, per quanto fragile. Il suono smette di essere totalmente mio e semplicemente si mostra». Le produzioni da DJ che più lo hanno ispirato di recente, ci spiega, sono gli ultimi dischi del francese Ténèbre, di Impérieux e di Cocktail Party Effect. «Quel che solitamente preferisco», continua, «sono i producer che non cercano necessariamente la ribalta, e che modellano i generi fino a fargli perdere i loro stessi confini».

L’intervista completa a Apparat – tra i nomi della line up dello Spring Attitude Festival 2025 – è sul nuovo numero di Billboard Italia, The Electronic Issue, disponibile in store selezionati e ordinabile qui.

Intervista di Luca Gorini

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