Interviste

Chiello rinasce con “Scarabocchi”: «La nostalgia va vissuta»

Esce oggi il terzo album del cantautore. Un disco intimo e personale in cui ogni brano racconta un frammento di vita reale: ce lo ha raccontato in questa intervista

  • Il11 Aprile 2025
Chiello rinasce con “Scarabocchi”: «La nostalgia va vissuta»

Chiello, foto di Luca D'Amelio

Raggiungiamo Chiello in un pomeriggio di aprile, uno di quelli in cui l’aria comincia a scaldarsi e il sole torna finalmente a farsi sentire sulla pelle. In attesa dell’intervista, ci riceve sulla terrazza della sua casa discografica, seduto con una sigaretta tra le dita e lo sguardo rivolto verso il sole. Sorride, nonostante la giornata piena di appuntamenti. La sua gentilezza è disarmante. In lui c’è qualcosa di spontaneo, fuori dal tempo, come se vivesse a metà tra la realtà e un universo dove sensibilità e carattere non si escludono a vicenda. La stessa energia che si ritrova nella sua musica: testi crudi, malinconici, ma attraversati da una delicatezza che li rende quasi di un’altra epoca. Chiello non ha bisogno di sovrastrutture: racconta quello che è, e in quel racconto c’è spazio anche per chi ascolta.

Lo incontriamo in occasione del suo nuovo album Scarabocchi, il terzo lavoro, che arriva quattro anni dopo Oceano Paradiso (certificato platino) e due anni dopo Mela Marcia (2023). È un disco introspettivo, in cui l’artista si mette a nudo senza filtri, raccontando se stesso con una scrittura tagliente, sincera, e per questo rara. Scarabocchi è un quaderno aperto sulla vita di Chiello: ogni canzone è una pagina vissuta, un pensiero appuntato, una raccolta di momenti che diventano piccoli disegni imperfetti ma autentici.

Cantando emozioni adulte con il cuore di chi bambino lo è rimasto dentro, Chiello continua a fare musica senza inseguire mode o numeri. È fedele a se stesso. Ed è proprio questa coerenza – in un panorama che spesso premia solo il rumore – a renderlo diverso. Non cerca il consenso facile, non punta alla viralità. Il suo è un pop fuori dai codici: intimo, diretto, pensato per chi ha voglia di ascoltare davvero. Un artista che non parla a tutti, ma con una profondità che meriterebbe di raggiungere chiunque. Spenta la sigaretta, ci spostiamo all’interno: ci fa subito capire che ogni parola ha un peso, così come ogni scelta che ha fatto.

L’intervista a Chiello

Guardando il percorso che hai fatto negli ultimi anni, cosa è cambiato in te, sia come persona che come artista?
Credo di essere sempre lo stesso, ma senza dubbio più forte. Da piccolo ero più fragile, ma anche più immaturo e, allo stesso tempo, più infantile. Nel tempo, cerco di tenere quella parte di me bambino, perché sento che è quella che mi permette di vivere con spontaneità. Crescendo arrivano delle difficoltà che ti costringono a cambiare, ma odio organizzare tutto e il voler controllare la vita. Questa è la trappola in cui cadono gli adulti. Io non voglio un giorno già scritto: amo il caso, la libertà di non sapere cosa succederà.

In Nessuno ti crede torni a un’immagine di te bambino. Quanto ti lega la persona che sei oggi al passato? Guardando indietro, c’è qualcosa che vorresti cambiare del tuo vissuto?
Penso che tutto sia stato necessario. Se tornando indietro non rifacessi gli stessi errori, ne farei sicuramente degli altri. Credo che sia fondamentale vivere certe esperienze sulla propria pelle per capire, per imparare.

Il processo creativo dietro la stesura dell’album è stato solitario o cerchi il confronto con altre persone?
Con Oceano Paradiso e Mela Marcia ero molto più geloso della mia musica. Mi chiudevo in casa per mesi, scrivevo senza parlare con nessuno, uscivo solo per fare la spesa. Ora, invece, ho cambiato approccio. Ho trovato degli amici con cui condividere la mia musica, e ne sono felice. Non sono tantissimi, ma è già un passo in più. Ad esempio, ho scritto alcuni testi a quattro mani con Tommaso Ottomano, qualche pezzo con Domenico Pomata. Mi sono aperto di più, e questo mi ha arricchito come artista.

Che rapporto hai con la solitudine?
Amo la solitudine. È la mia migliore amica.

Il processo di scrittura è per te doloroso o liberatorio?
Le due realtà spesso coesistono. A volte scrivere è doloroso, a volte liberatorio. Però, quando una canzone è finita e mi piace, quella sensazione di soddisfazione è unica. Non credo che esista niente che mi faccia sentire così bene, nemmeno il sesso. È una sensazione che mi ripaga di tutto.

In Amici Stretti parli di un amore finito e dei ricordi che ti legano a quella persona. Pensi che la nostalgia con il tempo guarisca, oppure rimanga sempre latente dentro di noi?
La nostalgia rimane sempre. È un sentimento, proprio come la tristezza o la felicità. Non è qualcosa che deve essere guarito, è un qualcosa che va vissuto.

Articolo a cura di Ludovica Boi

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