Dani Faiv: «Non sentirmi mai all’Ultimo piano è ciò che mi spinge a fare sempre meglio»
La famiglia, la fascinazione per i campioni sottovalutati, cosa vuol dire essere autentici e l’avere sempre nuovi stimoli: ne abbiamo parlato con il rapper spezzino in occasione dell’uscita del suo nuovo album
Autenticità e sincerità. Sono queste le due parole chiave di Ultimo piano, il nuovo album (o, come lo definisce il rapper spezzino, il nuovo progetto) di Dani Faiv uscito venerdì e che ci ha raccontato in questa intervista. Otto tracce ricche di rime, stile, flow e ospiti (J Balvin, Geolier, Silent Bob, Villabanks, Federica Abbate e Vale Lambo), le cui produzioni sono state affidate come sempre a Strage e Kanesh – che hanno dato una direzione sonora al progetto – con alcune incursioni, tra cui quella di Salmo nella title track.
In occasione dell’uscita del suo nuovo album – che arriva a meno di un anno del suo Teoria Del Contrario Mixtape Vol. 2 – abbiamo incontrato Dani Faiv per parlare con lui di come diventare padre abbia alimentato la sua ispirazione e dell’importanza di essere circondato da persone vere. Ma anche della fascinazione per i campioni sottovalutati, di cosa significhi essere autentici e di come non sentirsi mai davvero all’Ultimo piano sia lo stimolo per fare sempre meglio. Anche nel 2024.
Ascolta “Ultimo piano”, il nuovo album di Dani Faiv
L’intervista a Dani Faiv
Quando hai iniziato a lavorare a questo progetto?
Diciamo che non c’è mai un periodo dove dico “adesso mi metto lì e lavoro a una cosa in particolare”. Passo molto tempo in studio, praticamente vivo lì, quindi ho sempre tantissime cose, si tratta solo poi di raggrupparle e trovare poi un concept. Ad esempio il pezzo con J Balvin e Geolier l’ho scritto due anni fa, Barca vela ha tre anni, e in questo disco hanno trovato la loro contestualizzazione.
Come hai scelto di mettere Geolier e J Balvin sulla stessa traccia?
A J Balvin mando sempre cose perché ci sentiamo spesso e mi fa piacere sentire il suo parere. In particolare su quella canzone si è gasato e da lì è nato tutto. Poi Geolier è un pazzo, un king assoluto. Il mio sogno era avere un rapper che spaccasse tutto perché il beat richiedeva quello e lui in questo momento è senza dubbio uno dei più forti in circolazione.
Hai anticipato Ultimo piano con un video in cui elenchi i tuoi successi personali e professionali e dici “Pensavo di avere tutto”. Perché quell’imperfetto? Sentivi che ti mancava ancora qualcosa?
Io penso che gli artisti, chi più chi meno, hanno sempre qualcosa che gli manca, che poi lo spinge a fare arte e che è motore di quello che scrive. Quindi anche pormi sempre degli obiettivi nuovi, non sentirmi mai veramente all’ultimo piano è la cosa che mi spinge poi a fare sempre meglio.
Parli anche tanto della tua famiglia.
Sì, io sto da tantissimo tempo con la mia compagna, e sicuramente il fatto di avere una persona a fianco che ti stima da sempre, anche quando non eri nessuno, ha molta importanza per me. Soprattutto perché quando diventi popolare non è che riesci a fidarti troppo delle persone che si interfacciano con te. Magari lo fanno perché hanno un secondo scopo e non per il piacere di stare con te.
«Diventare padre mi ha cambiato in meglio: sono molto più produttivo adesso»
Sei anche diventato papà. Come ti ha cambiato avere un figlio?
Avere un bambino è una bomba. Poi lui è bravissimo, quindi ho anche questa fortuna. Gli piace la musica, si mette lì, mi ascolta, è proprio il mio primo fan. Anche se ha solo due anni è proprio sul pezzo. Diventare padre mi ha cambiato in meglio, anche a livello di produzione. Produco molto di più adesso che ho il bambino rispetto a prima.
In Ragnatela parli di autenticità. Cosa significa per te essere autentico?
Guardavo un documentario su Tarantino, che è uno dei miei registi preferiti, dove i suoi migliori amici dicevano che ogni volta che guardavano un suo film vedevano l’esagerazione della sua personalità. Io penso che l’arte debba essere un modo di rappresentarti, ma nel farlo devi essere sempre te stesso. Se non credi in quello che fai difficilmente arriverai alle persone. Io punto tantissimo a questa cosa perché ho sviluppato uno storico importante. Ad esempio, ho lottato tanto anche per far capire che nel periodo delle treccine comunque sono sempre stato me stesso, ho sempre fatto rap in modo autentico.
Di Natale è una traccia che parla di un campione sottovalutato. Hai detto che questa è una figura in cui ti rispecchi.
Abbastanza, sì, perché tutti mi hanno sempre detto che sono sottovalutato e cose così. E allora mi sono detto “perché non farci un pezzo?”. Poi io gioco tanto a FIFA e per me Di Natale è un eroe, una leggenda. Prima o poi dovevo fargli un tributo.
In Ultimo piano dici “Adesso la vita è stupenda ma fa paura all’altezza”, e anche nella copertina dell’album sei in un ascensore che ti porta su ma allo stesso tempo guardi di sotto. Nonostante i traguardi raggiunti c’è sempre un po’ la paura di cadere?
Sì e no, perché alla fine nel disco in realtà dico che voglio buttarmi o comunque riscendere. Poi chi è stato un ascoltatore attento avrà sentito che dopo l’ultima canzone si riscende con l’ascensore, quindi si torna di nuovo al sesto piano.
Quindi stai dicendo che non è finita qui?
Diciamo che chi è stato attento può avere visto e sentito qualcosa. Poi io l’ho chiamato progetto, non disco.