Coffee and TV: una conversazione con Danny Goffey, ex batterista dei Supergrass
I Supergrass sono stati una band che citava l’onda post punk con una classe innata. Danny Goffey è un signore molto divertente e il suo album “Schtick” è un bel ritorno sulle scene
Ve la ricordate Alright? Una canzone rapida e spensierata che furoreggiava negli anni ’90, una sorta di inno della generazione indie. Furbescamente Fabio Volo la suona spesso nel suo programma del mattino (con i ringraziamenti di Danny Goffey e del suo portafogli, visto che l’ha scritta lui). I Supergrass sono stati una delle band che meglio sapevano suonare i loro strumenti e citavano gli Who, i Madness o l’onda post punk con un tocco di classe innata. Danny Goffey è un signore – oramai – molto divertente ed elegante e il suo album Schtick è un bel ritorno sulle scene. Per mantenere la sua innata vena ironica lo ha presentato quest’estate “a casa sua”, con un mini festival: Goffstonbury, che ripeterà sicuramente il prossimo anno.
Partiamo da due vigorose tracce del tuo nuovo album: la prima è la potente Buzzkiller.
Parla di violenza. Se cresci in una piccola città di provincia la puoi vivere di persona. La cosa che mi colpisce maggiormente è la violenza improvvisa, che colpisce a caso, senza quasi premeditazione, soprattutto se hai un aspetto “poco conforme”, un look differente. Ed è quello che successe a mio fratello quando aveva 18 anni. Fu aggredito e massacrato di botte da cinque ragazzi. Buzzkiller non è esattamente una canzone “commerciale” da scrivere ma sono soddisfatto del suo risultato. È nata da una semplicissima, elementare alternanza di Re e Mi su una tastiera. Ho pensato che con questo album dovevo dare forma alle mie idee liberamente, di qualunque natura fossero.
Anche Television – che sembra un pezzo rubato dai migliori Buzzocks, una band da te amatissima – mi pare nata da considerazioni sull’attualità, sul mondo che ci circonda.
Non so se in Italia sia lo stesso, ma la gente da noi va pazza per questi assurdi programmi dove si vedono scene di violenza o accadimenti spesso tragici catturati dalle telecamere a circuito chiuso. Comunque nel testo parlo di queste persone incollate alla TV che rimandano i loro veri impegni con la vita reale e s’ingozzano di junk food.
Tu critichi la TV però poi sei finito su BBC One come concorrente a Celebrity Masterchef. In realtà eri così educato e nello stesso tempo ironico che era divertente vederti all’opera.
Non sono uno chef, anche se sono arrivato quarto! Amo cucinare per tutta la mia famiglia, dalle verdure alle carni. Un piatto in cui eccello è un soufflé di fragole e rabarbaro, buonissimo e sano! Un piatto all’italiana? Linguine con granchio, pomodoro fresco saltato e capperi. Un poco posh, no?
Per voi inglesi! A proposito, nella tua bella casa in campagna hai organizzato nell’ampio giardino addirittura un festival, un’idea geniale, con amici e persone arrivate grazie a una activation sui tuoi social. È andato tutto bene?
Oh sì, c’era un tempo davvero estivo. Una mia amica, vicina di casa, mi ha concesso di utilizzare lo spazio circostante alla mia villa e qui hanno suonato un sacco di amici come Ed Harcourt e tutti erano felici, come dev’essere durante un festival. Sai, i festival sono una cosa che fa parte della mia vita, li ho vissuti sia professionalmente che da spettatore.
Allora mi devi dire qualche ricordo da musicista e da fan!
Uno dei momenti migliori fu con i Supergrass nel nostro periodo di esplosione. Era il 1995, eravamo in Scozia al T in The Park come headliner con le Elastica e il pubblico era impazzito per noi: pogavano, ballavano e cantavano a squarciagola! E come spettatore, beh, devo riportare la memoria ai tempi del liceo quando io e Gaz (Coombes, il cantante dei Supergrass, ndr) prendevamo la nostra mini tenda per i tre giorni del Reading Festival. Era un periodo “pericoloso”, con le mie prime esperienze con le droghe e favoloso, grazie anche ai Nirvana con Kurt che si presentò sul palco su una sedia a rotelle.
Ma quando suoni Alright nei bis dei tuoi concerti o la senti in radio, ti vengono ancora i brividi lungo la schiena?
No, direi che è una canzone che è ancora in grado di riempire il mio portafoglio! (ride a crepapelle, ndr). Avevo 18 anni quando la scrissi, ne è passata di acqua sotto i ponti.