Interviste

Don Joe ha seguito l’istinto e ha fatto centro: l’intervista

La voglia di continuare a sperimentare, fare una hit estiva che non è il classico tormentone, l’emozione delle dieci date al Forum con i Club Dogo e la prima volta a San Siro: abbiamo incontrato il producer di “Istinto Animale”

Autore Greta Valicenti
  • Il11 Giugno 2024
Don Joe ha seguito l’istinto e ha fatto centro: l’intervista

Don Joe

Seguire l’istinto in un mercato (quello dei tormentoni estivi) che impone determinati canoni per funzionare non è cosa da tutti, ma come poteva non farlo Don Joe, uno che della sperimentazione e del percorrere sempre la propria traiettoria ha da sempre fatto il proprio marchio di fabbrica? Dai dischi coi Club Dogo a quelli da solista, Luigi Florio non ha mai lesinato nell’aggiungere nelle sue produzioni il suo tocco di Mida, quel quid che fa davvero la differenza. Lo stesso è accaduto in Istinto Animale, l’ultimo singolo di Don Joe con Guè, Ernia e Annalisa, una hit sì estiva, ma lontana dallo stereotipo del tormentone (già solo per il fatto di essere un tributo alla cultura hip hop grazie al sample di Apache della Incredible Bongo Band, un brano che arriva dagli anni 70 fatto per la break).

A una manciata di settimane dal concerto più importante di tutti (avete già segnato sul calendario il 28 giugno?), abbiamo incontrato Don Joe per parlare della sua voglia di continuare a sperimentare, dell’emozione delle dieci date al Forum con i Club Dogo e della prima volta a San Siro.

L’intervista a Don Joe

Hai detto che l’idea di questo brano è nata durante i dieci Forum.
Sì, sono partito dal campione di Apache della Incredible Bongo Band, un brano che arriva dagli anni 70 fatto per la break. È un tributo alla cultura hip hop che avevo in mente di fare da tantissimo tempo e finalmente ho trovato la chiave giusta per realizzarlo.

Quindi nonostante la frenesia delle dieci date sei riuscito comunque ad essere produttivo in studio.
Sì, mi piace molto lavorare d’anticipo. Per dirti, tra poco abbiamo San Siro che è una data importantissima, io ho iniziato a prepararmi mesi prima per star sereno e non andare in panico! Conta che mentre facevo i Forum pensavo già allo stadio. Anche perché lo show sarà diverso.

Istinto Animale è un pezzo estivo senza essere il classico tormentone.
Sì, l’intento era quello. I canoni del pop da classifica fanno sì che tutti seguano una coda e il risultato è che escano dei brani di tutti uguali. Io voglio sempre cercare di personalizzare la mia produzione, il suono di un produttore deve essere riconoscibile, altrimenti quando togli la tag quel beat potrebbe averlo fatto chiunque altro.

Come hai scelto di inserire proprio Annalisa, Guè e Ernia?
È la voce che al momento mi interessa di più. Guè ha accettato immediatamente perché rappare su quel sample era anche uno dei suoi sogni, e anche Ernia è arrivato in modo molto naturale perché siamo praticamente come fratelli.

Un trio inedito, cosa che ormai – soprattutto nel rap italiano – non accade più tanto spesso.
Esatto, bene o male le combo sono state fatte tutte. Per me la musica è sperimentare cose nuove, cerco di non chiudermi mai perché è la cosa che mi dà linfa per andare avanti. Anche per questo in studio con me ho dei collaboratori giovanissimi.

È più complesso lavorare con artisti che arrivano dall’universo pop?
Io penso che quando chiami un artista che arriva da un altro universo musicale è naturale che si adegui un po’ al tuo, sempre mantenendo la propria attitudine. Questo è ciò che è successo con Annalisa: lei conserva il suo modo di fare pop, ma si contraddistingue dalle sue cose che sono fatte da produttori che fanno esclusivamente pop.

Forse i progetti dei produttori sono rimasti uno dei pochi luoghi dove è rimasta davvero della sperimentazione e dove gli artisti possono tirare fuori un lato diverso.
Sì, anche perché dai dischi dei produttori si può cogliere un po’ quello che sarà il futuro. Però in Italia devono ancora essere capiti al 100%, se ci pensi sono pochi quelli che poi funzionano davvero. Ci lamentiamo sempre del fatto che nei dischi ci siano sempre gli stessi feat, che il sound sia sempre lo stesso, però poi quando effettivamente esce qualcosa di diverso non viene recepito come dovrebbe. Nel mercato europeo è diverso, il pubblico è molto più pronto ad andare a vedersi un concerto di un producer e dire “che figata”.

Questo è un cruccio per te?
Io ho fatto i dischi che volevo fare e sono contento così. Non nascondo che il punto più alto del mio successo è stato con i Dogo e ne sono stra appagato. Tutto il resto per me è un’occasione per sperimentare, non ho la paranoia di dire “devo fare qualcosa che funzioni a tutti i costi”.

A proposito di Dogo, che emozioni hai provato durante le dieci serate al Forum?
È stato incredibile. Prima di salire sul palco ero veramente in ansia, una cosa inspiegabile. Una sensazione tipo “Cazzo, adesso siamo qui e non hai può più tornare indietro, ormai devo andare”, sono cinque minuti che non passano mai. Poi una volta su tutto scompare e ti ritorna tutta l’energia del pubblico. Io ci faccio sempre molto caso, mi concentro tanto su quello che la gente sta vivendo in quel momento, sulle espressioni.

Per tutti poi forse il live era il vero tassello mancante: i veterani nostalgici, i ragazzini che erano ancora troppo piccoli per vedervi dal vivo e quelli della mia generazione che non avevano assistito da adulti ad uno spettacolo dei Dogo.
Assolutamente sì. Una delle cose più belle che abbiamo visto al Forum erano proprio i ventenni che sono cresciuti con la nostra musica e che comunque sono rimasti negli anni. Anche l’album che abbiamo fatto non è stato un progetto per stare al passo coi tempi, ma un disco dei Club Dogo come una volta.

La data più speciale?
Sicuramente nella prima c’è stata un’emozione in più, tanto che quando siamo scesi dal palco ci siamo guardati, muti, per qualche minuto. Ci è sembrato di rivivere proprio quel momento di passaggio tra Mi Fist e Penna Capitale, quando siamo andati nel primo centro sociale stra colmo. La cosa bella è stata che non abbiamo mai vissuto quella cosa della routine, di dire “Oddio, domani dobbiamo farne un’altra”. È sempre stata un’escalation fino ad arrivare all’ultima data. Ecco, anche quella insieme alla prima è stata speciale. E San Siro lo sarà ancora di più.

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