Chiamatemi Don Manuelito
Il producer sardo ci ha raccontato “MI.BARRIO VOL. II: Lucha Libre”: nell’intervista che trovate nel nostro Electronic Issue ci ha svelato i progetti futuri per la sua label community

Quando l’anno scorso Manuelito ha creato la label community MI.BARRIO aveva in mente un progetto a lungo termine. Qualcosa che potesse rappresentare una comunità e allo stesso tempo offrire uno spazio a DJ e producer emergenti. Il primo volume Lucha Libre comprendeva quattordici artisti e, serata dopo serata, ha conquistato Ibiza. Già all’epoca era chiaro che il tutto non si sarebbe esaurito con il primo capitolo. Il secondo volume, pubblicato lo scorso 6 giugno, è un naturale proseguimento. Sebbene il numero di tracce sia rimasto lo stesso, il processo produttivo si è svolto al contrario. Il nuovo nome d’arte, Don Manuelito rende ancora di più l’idea del tipo di lavoro, a livello di organizzazione e selezione, che ha portato al nuovo album.
«Questa volta è stato tutto più rapido perché ovviamente, con l’uscita del primo disco e l’annuncio del seguito, dietro le quinte mi sono arrivati tantissimi brani e promo da vari produttori. Molti di più di quanti ne avessimo ricevuti un anno fa» rivela l’artista sardo. Come capo creativo, Manuelito un anno fa si era mosso in prima persona in modo attivo: «Quando ho iniziato a lavorare al primo volume ho dovuto cercare e contattare io stesso gli artisti che mi piacevano o interessavano». Oggi è ormai il “Don” della sua etichetta: «Questa volta il mio compito è stato più che altro quello di scegliere i pezzi più adatti in base alla grande quantità di materiale che avevamo». Una delle cose più eccitanti, oltre che divertenti, è il fatto che alcuni pezzi gli sono arrivati addirittura il giorno prima di chiudere il disco.
L’aggiunta del Don prima del nome si ricollega anche all’idea di base del progetto che ancora più della precedente punta a espandere i propri confini. La tech house è la trama sulla quale le culture si intrecciano. La storia di quelle tre lettere è un diretto riferimento al mondo sudamericano del quale è intriso il disco, oltre che un aspetto personale legato alla sua biografia. «Don Manuelito è sempre stato il mio tag da gamer e da tempo avrei voluto adottarlo come nome d’arte. Mi piace perché mi ricorda la mia infanzia. Da bambino mi chiamavano così anche se in Sud America la particella “Don” di solito la si dà solo ai signori adulti».
MI.BARRIO, capitolo secondo
In questo nuovo capitolo di MI.BARRIO c’è molto latin, rimangono le influenze giamaicane e c’è un’inedita apertura al mondo afro. «È un continente grandissimo ed estremamente vario. Basta pensare alle tante declinazioni della batteria e ai ritmi che hanno influenzato persino il baile funk e il reggaeton. Dal 2016 porto avanti questa mia ricerca personale e voglio continuare a farlo sempre di più».
Ascoltando il secondo volume di Lucha Libre si percepisce il filo conduttore che parte dall’America Latina, passa per Ibiza e arriva fino all’Africa. Eppure, per Don Manuelito, manca qualcosa. Quel qualcosa erano dei pezzi, tra cui uno che giura sarebbe stato perfetto per inquadrare il colore sonoro del progetto, che ha dovuto scartare. Il motivo? I diritti dei campionamenti, un tema al quale tiene molto e che, mentre parliamo, lo scalda. «Venendo dall’hip hop, il campionamento dei brani, fa parte proprio della mia natura. L’edit ha permesso la rinascita di tanti pezzi e nella tech house sta prendendo sempre più piede. Il problema è il processo di dichiarazione».
La clearance, racconta Manuelito, è veramente lenta. «Questa cosa a volte ti tarpa la creatività e ti costringe a modificare la direzione artistica. Ti arriva un brano bellissimo che si incastra perfettamente con quella che era la tua visione dell’album e invece devi aspettare mesi. A quel punto devi per forza di cose rinunciare ad alcune tracce. Se non avessi questo problema potrei far uscire un volume ogni trimestre». Adottando un’ottica da discografico, l’intelligenza artificiale rappresenta un’opportunità oltre che una speranza da questo punto di vista. Hell Raton è convinto, non solo che possa velocizzare il dialogo tra label e producers per lo sfruttamento dei campioni, ma che possa diventare uno stimolo. «Programmarla, fare quello che ormai siamo abituati a definire prompting, è a suo modo un lavoro creativo» spiega.
Leggi l’intervista completa nel nuovo magazine Electronic Issue di Billboard Italia, già disponibile qui in pre-order e da fine luglio in punti vendita selezionati.