Il nuovo EP di Ele A è una boccata di “Acqua” fresca: l’intervista
Esce domani il terzo progetto della rapper di Lugano che nel 2023 ha sparigliato le carte nel rap: l’abbiamo incontrata a un anno di distanza dal suo debutto e ci ha raccontato qual è il consiglio che ha cambiato la sua prospettiva e come si impara a non fidarsi “solo dell’ombra riflessa sul marciapiede”
Quanto può cambiare la vita in un anno esatto? Se hai un talento cristallino, stile a pacchi, rime come se piovessero e un flow innato che ti rendono la nuova rapper preferita della scena italiana tanto da essere scelta da nomi del calibro di Mace, Guè, DJ Shocca e Cor Veleno – solo per citarne alcuni -, la risposta è molto. E questo è esattamente ciò che è successo a Ele A, classe 2002 nata Lugano ma che sembra uscita direttamente dalla East Coast dell’era di Biggie e Nas, che per questa intervista in occasione dell’uscita di Acqua, il suo secondo EP in arrivo domani, incontriamo a dodici mesi di distanza dal suo debutto con Globo.
Quello che in un anno non è cambiato, però, è la sua visione estremamente lucida e ponderata (qualcuno direbbe “nonostante sia giovanissima”) di ciò che vuole, che vuole essere e che non vuole diventare, ossia omologata ad ogni costo a quello che funziona e cannibalizzata dall’industria. E infatti in Acqua continua insieme all’immancabile Disse il percorso iniziato con Globo, senza egotrip o bling bling, ma solo con un sacco di real life (che poco ha a che fare con la street credibility) e scavando ancora di più nel profondo delle sue emozioni. Quelle che per Ele A sono più difficili da esprimere nella vita di tutti i giorni. Come fa in Neve, una di quelle “canzoni che rimangono impresse” e che servono per «analizzare meglio le cose per lasciarle finalmente andare».
E se un anno fa era pronta a prendersi il Globo, ora è il momento di conquistarsi tutto quello che c’è dentro.
L’intervista a Ele A per il suo nuovo EP “Acqua”
Hai avuto un anno pazzesco in cui sono arrivati un sacco di attestati di stima da parte di molti artisti, tra cui Guè e DJ Shocca: come te la sei vissuta questa cosa?
In realtà non riesco ancora bene a realizzare, ci ho messo un tot di mesi per rendermi effettivamente conto che uno tipo Guè si è gasato per la mia roba. Però adesso che ho avuto tempo di catalizzare il tutto devo dire stra bene. Prima magari non mi rendevo conto del peso che aveva questa cosa per me e non me lo aspettavo minimamente. Ma ora mi sento mega grata.
Ma com’è andata poi in quell’occasione? Shocca ti ha chiamata e ti ha detto “Guarda che ti voglio su un pezzo con Guè”?
Mattak gli aveva dato il mio numero senza dirmi niente! Un giorno ricevo questa chiamata da un numero privato ma non sapendo chi fosse non avevo risposto. Poi vedo che mi chiama un’altra volta e a quel punto mi dico “Vabbè, rispondo” e dall’altra parte sento “Ciao, sono Matteo (DJ Shocca, ndr), sto facendo la repack dell’album e ho questo pezzo in cui vorrei mettere te e Guè. Volevo sapere se tu fossi d’accordo”…
E immagino tu gli abbia detto che non lo eri!
(Ride, ndr) Mi ha detto “No ma dimmi pure senza problemi se non vuoi”, capito?!
C’è stato un consiglio in particolare che ti hanno dato e che hai custodito?
Una cosa che mi ha detto Shocca che mi è rimasta è di stare attenta a non prendere le critiche o i giudizi istintivi come se fossero degli attacchi personali. Quando fai musica ovviamente ti leghi tantissimo a quello che fai perché è una tua estensione, quindi appena qualcuno fa un commento negativo te la prendi. Soprattutto se hai una certa sensibilità o ci metti tanto cuore nel farlo. Lui ci ha messo anni a realizzare che spesso magari mandi una traccia a una persona che l’ascolta a caso e non ti dà un feedback pensato e ripensato.
Mi ha detto che a volte gli è capitato di non far uscire delle tracce solo perché una persona x gli diceva “boh” e poi se ne è pentito. A me è capitato che magari le persone non fossero troppo convinte di un pezzo che gli facevo sentire. Poi usciva e mi dicevano “ah, ma che hit questa!”. E perché allora non me lo hai detto prima?!
E ti è capitato solo con gli altri o anche con te stessa?
Assolutamente anche con me stessa. Stavolta molto più che con l’EP scorso perché in quel caso non c’erano le aspettative che possono esserci adesso e che mi fanno un po’ venire la paura di cappare. Mi è successo in particolare per il pezzo con Nerissima Serpe, io volevo cancellarlo prima che ci mettesse la sua strofa. La mia non mi convinceva, mi sembrava un brano incompleto. Poi però lui gli ha dato una nuova vita, una direzione che cercavo e che non avevo trovato da sola.
Che punti di contatto hai trovato con lui? Fate due cose totalmente diverse, lui è molto grezzo ma riesce ad avere anche questa vena super introspettiva e poetica che ha tirato fuori molto bene in Oceano.
Lui è proprio uno dei miei preferiti. A me piace un sacco quando gli artisti che magari fanno delle robe più truci tirano fuori quel lato conscious che li rende speciali. Esporre le proprie fragilità e la propria sensibilità richiede del coraggio e non è mai una cosa scontata secondo me. Quindi ho apprezzato tantissimo che abbia voluto farlo in questo pezzo. Quando ci siamo incontrati al suo live in Santeria mi ha detto “ho scritto una delle mie strofe più belle sul tuo beat” e sono stata contentissima.
Anche tu in Acqua ti sei aperta molto, soprattutto in Neve, che trovo sia un pezzo veramente intenso in cui parli del senso di impotenza che si ha nel vedere una persona che ami autodistruggersi. È stato difficile per te scriverlo?
Paradossalmente è stata più una liberazione. Solitamente un artista non comunica molto nella vita reale, se scrive è perché è un modo per esprimere determinate cose. E quindi questo mi aiuta molto ad analizzare le cose e lasciare andare. Poi da lì a farla uscire e renderti conto che le persone ascoltano la tua storia è tutt’altra cosa, lì c’è la para perché quando metti tutto il cuore appena qualcuno dice qualcosa ti senti mega toccata.
Quando ci siamo parlate la prima volta un anno fa mi avevi detto di essere un po’ in paranoia per l’accoglienza del pubblico italiano. A distanza di tempo che percezione hai?
Un po’ ho ancora questa para perché mi sono resa conto che è molto diverso da quello a cui io sono abituata. L’Italia è molto legata alla forma canzone in senso tradizionale, quindi inserirsi con una cosa diversa non è così semplice. Il mercato qui è molto monodirezionale e non c’è troppo spazio per le nicchie come accade ad esempio in Francia. Lì trovi un sacco di cose di qualsiasi tipo che riescono a sopravvivere anche con numeri più bassi.
Anche se trovo che la nuova scena in Italia stia portando proprio un sacco di cose originali. Ciascuno di loro ha il proprio stile, il proprio pubblico, e questo è ciò che vorrei portare anche io. Diciamo che sento di dover ancora un po’ tastare il terreno. Ma sicuramente il fatto che ci sia stato affetto nei nostri confronti dopo il primo progetto per me è già un passo gigante.
E il tuo rapporto con i social invece come va? Fai ancora caso al commento negativo più che ai cento positivi?
Ti dico solo che ho tolto Instagram! Lo uso per postare e poi lo tolgo perché mi sono resa conto che è una cosa che mi ha polarizzata molto, soprattutto quest’anno in cui ho avuto vari sbatti, e che mi ha fatto proiettare su di me le cose che mi venivano dette. Diciamo che è più difficile ascoltarsi quando tutti ti dicono qualcosa e sto cercando di sentire solo le mie percezioni.
Senti, mi spieghi questo titolo? Ha a che fare con il lago?
Sì, totalmente. A me piacciono molto i concept album, quando scrivo parto sempre dal concetto che in questo caso è stata la società liquida di Bauman. E poi ho scoperto una cosa assurda, ossia che tipo nel 2018 – quando ancora non facevo musica – a caso mi ero scritta degli ipotetici titoli per un eventuale album e tra questi c’era proprio Acqua. Conta che poi parte dell’EP io e Disse l’abbiamo fatto durante questa clausura sul lago d’Iseo, quindi l’acqua alla fine ricorreva sempre.
Prima parlando dell’accoglienza del pubblico hai detto “nei nostri confronti”, includendo anche Disse. Siete praticamente un duo!
Sì, infatti mi piacerebbe tanto che le persone percepissero proprio la fusione tra beat e voce perché questo è un progetto fatto proprio a quattro mani. C’è un grande lavoro dietro, sia a livello di concept che di immaginario e di produzione.
In Nodi dici “Mi fido solo dell’ombra riflessa sul marciapiede”. Il fatto di fidarti poco quindi non è cambiato.
No, anzi, e poi Milano per me ha amplificato molto questa cosa. Mi viene in mente una frase di Marra che dice “Mettere un bicchiere di cristallo sopra una formica”. Qui tutte le relazioni sono basate sul lavoro ed è un po’ diverso dalle realtà più provinciali a cui magari uno è abituato. Credo sia cambiato il mio modo di vivermi questa cosa. Alla fine ci sono mille motivi per cui una persona può tradire la tua fiducia, non puoi stare lì a controllare tutto.
Questa estate torni anche allo Sziget per la seconda volta.
Sì, sono molto curiosa di vedere come andrà perché la prima volta è stata due anni fa ed è stato assurdo perché era il mio primo live fuori dall’Italia e non era nemmeno uscito Globo, quindi non avevo praticamente brani fuori. Ah, e poi avevo suonato all’una – e non di notte -, per cui c’era tutta la gente che si era appena svegliata, quest’anno invece mi hanno messa alle sette su un altro palco e sono gasata!