Interviste

Ele A, il Globo è tuo. E adesso prenditelo

Classe 2002, è pura, delicata come una bomba pronta ad esplodere e piena di conoscenza sulla storia dell’hip hop. E non ha alcuna intenzione di farsi mangiare dall’industria. Abbiamo incontrato la nuova rapper preferita del tuo rapper preferito

Autore Greta Valicenti
  • Il15 Aprile 2023
Ele A, il Globo è tuo. E adesso prenditelo

Ele A, foto di Elisa Trento

Per capire chi è davvero Ele A, rapper ticinese classe 2002, la prima cosa da fare, ancor prima di leggere questa chiacchierata, è ascoltare Jeans. Infatti, nella quarta traccia di Globo, il suo EP uscito ieri, oltre a piccoli frammenti della sua vita quotidiana a Lugano, una realtà – come mi racconta – quasi sterile, costruita a misura di borghesia agée, ci sono dei puntini che, se uniti, ricostruiscono l’essenza e la personalità di quella che è senza dubbio nella rosa di artisti più interessanti dell’anno.

Tra notti solitarie passate sul bus ad ascoltare Mac Miller, Ele A racconta le sue insicurezze e le sue paure. La più ricorrente? Fidarsi. “Non mi fido del mondo, ma solo della mia ombra”. “Nelle cuffie Polo Jeans, ho paura dell’OD e di fidarmi troppo come Jesus”. «Faccio veramente molta fatica a fidarmi. Non sempre le persone vogliono in tuo bene», mi dice mano a mano che prende confidenza. Del resto, un talento come il suo, non può di certo passare inosservato.

Ma occhio, perché la tipa avrà pure vent’anni, ma non ha alcuna intenzione di farsi mangiare dagli squali dell’industria, come racconta in Record Deals. Un minuto e mezzo esatto in cui Ele A non le manda a dire e mostra una maturità che oggi sembra essere merce rara. Mentre tutti firmerebbero col sangue un deal a sei zeri, lei ha capito che “in ‘sto mondo nulla è gratis”. E che ciò che conta non è essere famosi. Ma essere immortali. Come Nas, il suo role model di cui spera di seguire le orme. Il Globo è tuo, Ele A. E adesso corri a prendertelo.

L’intervista a Ele A

Come e quando hai scoperto il rap? 

Ho suonato il violoncello per un bel po’ d’anni ma non mi ha mai presa a livello emotivo, mi serviva altro. Ho scoperto il rap alle elementari con Tranne te di Fabri Fiba, ma ne sono rimasta ossessionata ufficialmente in prima media, quando un mio amico mi ha fatto ascoltare i mixtape di Gemitaiz, in particolare QCVC volume 2. Proprio rap grezzo, da lì mi sono affezionata tantissimo.

E com’è crescere a Lugano? Cosa ti dà di diverso rispetto ad una grande città?

Secondo me una cosa che ti dà è la noia. Che sembra una cosa negativa ma non lo è. Magari in una grande città è tutto così saturo che non senti nemmeno il bisogno di creare. Lugano è una realtà molto sterile, ogni minima forma d’arte non viene particolarmente annaffiata, quindi per i giovani non è un posto molto stimolante in cui crescere. È una citta costruita per i ricchi e gli anziani. Credo che una cosa che abbiamo un po’ tutti qui è il desiderio di evadere da questa realtà super monotona.

Mi sembra che tu abbia alle spalle un bel bagaglio di rap italiano. Mikado a tratti mi ricorda Chi more pe’ mme dei Co’Sang, non so se è un viaggio che mi sono fatta io.

Wow, questa cosa mi fa super piacere perché io sono super fan dei Co’Sang. Li ho scoperti relativamente tardi e Chi more pe’ mme me la sono ascoltata all’infinito. Sicuramente c’è una linea jazz che lega queste due produzioni, quindi mi fa super piacere che questa cosa si noti.

Che poi loro erano la cosa più vicina al suono di New York che ci fosse in Italia in quel momento e anche Globo è una citazione a The World Is Yours di Nas.

Diciamo che ho avuto diverse fasi di conoscenza dell’hip hop. La prima è stata Gemitaiz, ascoltavo sempre e solo lui. Dopodiché ho scoperto J. Cole e da lì ho iniziato ad andare indietro nel tempo. Quando ho scoperto Nas e tutti gli esponenti degli anni ’90 è stata una folgorazione, per questo c’è sempre questo richiamo nei miei pezzi.

Devo chiedertelo allora: East Coast o West Coast?

Io sono super fan di Biggie, per me è il numero uno quindi East per forza. Però sono molto combattuta, non è una scelta facile.

Non voglio fare dei paragoni azzardati, però ai tempi di Illmatic i produttori facevano a gara per lavorare con Nas e mi sembra che attorno al tuo nome ci sia già un bel po’ di fermento, o sbaglio?

Assurdo, io faccio molta fatica a percepire questa cosa perché non è qualcosa che per ora non posso toccare con mano. Tutto quello che riguarda i social per me non è molto concreto. Chiaramente sono super contenta, ma ancora non riesco a realizzare che persone che ho sempre stimato e ascoltato mi facciano dei complimenti. Mi è successo anche con degli artisti francesi.

Non oserei mai paragonarmi a Nas, però spero di avere una carriera come la sua. Lui è davvero uno dei pochi esponenti degli anni ’90 che è rimasto in piedi, letteralmente. Non ha mai avuto scazzi con nessuno, tutti lo stimano. Ad esempio in un pezzo aveva dissato Tupac che però gli aveva detto “non importa se mi hai dissato, io per te ho solo amore e rispetto”. Questa è l’attitude che ti porta avanti. Vorrei riuscire ad averla anche io.

Ele A: «La cosa più importante per me è proteggere la mia musica»

In Record Deals dici: «esci dalla casa discografica con il sorriso, ma hai firmato un contratto che sarà la tua rovina». Sei scettica verso l’industria discografica?

Purtroppo in generale sono una persona che si fida pochissimo di chiunque, faccio veramente molta fatica. Prima di interfacciarmi direttamente con l’industria ho avuto modo di vedere da vicino svariate storie di artisti firmati dalle major e se ce ne fosse stato anche solo uno che mi avesse raccontato di un’esperienza positiva l’avrei riportato. Poi chiaramente sei più propenso a raccontare quando le cose vanno male, quindi con questo non voglio dire che tutte le label fanno schifo, anzi. Però bisogna stare attenti perché non sempre le persone vogliono il tuo bene e purtroppo spesso ci si approfitta di ragazzini che non sanno neanche leggere un contratto. Questa cosa non la sopporto.

Questo è un ragionamento molto adulto. Di solito i ragazzi della tua età sono alla spasmodica ricerca del deal a tutti i costi, tu invece sei molto cauta.

Poi magari parlo così e intanto mi stanno fottendo i soldi! (Ride, ndr). Più che altro rientra tutto nel discorso che ti facevo sulla difficoltà a fidarsi. So che spesso si fa bene a non farlo, quindi cerco di proteggere le mie vibes e la mia musica. Se firmo in una major che mi appioppa un team che non è il mio alla fine la musica va da tutt’altra parte, e per me la prima cosa è fare quello che voglio io sia dal punto di vista musicale che di testi e immaginario. Non voglio che qualcuno mi distrugga questa cosa.

Infatti nei tuoi pezzi c’è una grandissima cura soprattutto dal punto di vista sonoro. Produzioni iper old school ma allo stesso tempo freschissime, con un sacco di influenze: mi racconti un po’ di questa ricerca? 

Mi fa super piacere che tu lo dica perché siamo davvero molto attenti a questa cosa. Sono anche molto rompiscatole a dirla tutta! Se vado in studio con un produttore sono iper selettiva, non voglio immaginare il peso di essere in studio con me! Per fortuna però ho trovato Disse, che è un vero e proprio mago che ha prodotto tutti i pezzi che sono usciti. Siamo davvero tanto in sintonia, ascoltiamo le stesse cose e abbiamo le stesse influenze. Abbiamo trovato questo connubio perfetto e senza di lui non sarei mai riuscita a far uscire i pezzi così come sono. Ha preso esattamente quello che volevo e l’ha traslato in musica. Poi noi produciamo sempre a quattro mani, è proprio un joint EP.

Quindi qualcuno di cui ti fidi c’è!

(Ride, ndr). Ma perché in questo caso ho capito subito quanto fossimo affini, quindi mi sono assolutamente fidata! E poi fino ad ora non ha mai cappato, quindi mi fido eccome!

Hai iniziato da pochissimo a farti conoscere ma hai già alle spalle delle esperienze live molto importanti, ad esempio lo Sziget. Com’è andata li? 

Ti giuro, è stato assurdo. Fighissimo, non ero mai stata a un festival così grande e infatti non ero fisicamente preparata. Per fortuna ero in hotel ma i miei amici erano lì in tenda e non so come abbiano fatto, avevano pure il palco techno dietro! Ero l’unica artista svizzera e vedere il mio nome scritto lì è stato emozionante. Ho suonato un po’ tardi quindi il pubblico era un po’ in hangover, però sono stati tutti mega carini. Mi è piaciuto tantissimo vedere come vengono gestiti questi palchi così grandi e come il pubblico reagisce ai set. Tipo l’intro del set di Tame Impala, da lì ho preso tante cose che voglio traslare anche su di me.

Ti spaventa scontrarti con un ambiente prevalentemente maschile come è quello del rap?

Ti dirò che a volte ho trovato più cattiveria nelle ragazze. Sono stata in studio con gente che viene da realtà mega ghetto e sono stati tutti super carini e mi sono trovata benissimo. All’apparenza sei lì che ti dici “aiuto, questi adesso mi sparano” e invece poi sono persone dal cuore d’oro. Sai in realtà cosa mi spaventa di più?

Vai.

Il pubblico italiano. Secondo me ci metterà un bel po’ per accogliermi, se deciderà di farlo. Io già mi immagino i commenti.

Cioè?

Tu conta che il mio metro di misura è Instagram. Se tu vedi i commenti sotto alcuni post sono solo insulti, anche se si sta parlando dell’artista migliore del mondo. Quindi mi chiedo perché io dovrei esserne immune. Purtroppo se leggi dieci commenti in cui ti dicono “Brava” dici “Okay, grazie”, se su quei dieci anche solo uno è negativo ci fai molto più caso. Allo stesso tempo però a volte mi ritrovo ad empatizzare con chi insulta perché mi dico che con quella cosa stai cercando di colmare un vuoto che hai. Anche perché in faccia non te lo direbbero mai. Quindi mando un abbraccio a tutti gli haters!

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