Interviste

“Pixel” è la fotografia più nitida di Ele A: l’intervista

Esce oggi il primo album ufficiale della rapper classe 2002: con lei abbiamo parlato di aspettative, del rap come lo vedono i maschi, di risposte da trovare, del mollare che non è un’opzione e di quanto essere ragazze, alla fine, sia una vera “hit”

  • Il10 Ottobre 2025
“Pixel” è la fotografia più nitida di Ele A: l’intervista

Ele A

Quand’è che l’essere troppo prende il posto della paranoia del sentirsi abbastanza? Per Ele A, classe 2002, il ribaltamento dei piani è arrivato piuttosto presto. È bastato infatti il suo primo EP, Globo, per renderla tutto troppo (in positivo, si intende). Troppo brava, troppo forte – anzi, la più forte (perché, soprattutto quando siamo poche e educate alla competizione sin dall’asilo, il superlativo relativo è d’obbligo), troppo hip hop, troppo stilosa. Quando poi a certificare tutto questo sono i padri del genere – da Guè a DJ Shocca, passando per Neffa che anche a lei deve il suo ritorno al rap e Fabri Fibra che durante Red Bull 64 Bars Live a Corviale l’ha scelta per scrivere la seconda strofa di Luna Piena – il peso delle aspettative rischia di schiacciarti nel nome della tanto agognata credibilità.

Quella stessa che Eleonora ha dovuto conquistare e difendere e che nel codice dell’hip hop significa essere dura, integra, tecnica nelle rime ai limiti del chirurgico. Ecco, non che in Pixel, il suo primo album ufficiale uscito oggi, abbia smesso di essere tutte queste cose, ma a ciò si aggiunge un lato inedito di Ele A che meritava il momento e lo spazio giusto e che rende questo disco la sua fotografia più nitida – nonostante il titolo – e completa fino ad ora, artisticamente e umanamente.

C’è infatti il lato romantico di X Te dove ammette che “Io non ti riesco più a non pensare, ti giuro che non mi piace questo potere che hai”. Quello fragile in Atlantide – il brano in cui più di tutti emerge l’idea che certe cose non vanno scritte solo perché devono suonare bene, ma perché devono sentirsi davvero -. E infine quello girly di Con le mie G, un girl anthem in cui l’amicizia tra ragazze è raccontata come una delle cose più sacre che esistano (spoiler: lo è).

Chissà se questo è ciò che il pubblico si aspettava da lei, ma a Ele A del resto poco importa. La strada per la felicità ce l’ha ben chiara ora più che mai, e non ha nessuna intenzione di deviare.

L’intervista a Ele A per “Pixel”

Qual è il pezzo che non vedi l’ora che esca?
Mi piacciono un botto X Te e Atlantide, sono contenta di cantarle finalmente live. Anche Buon Esempio con Sayf e Promessa, secondo me è un pezzo super figo. 

Com’è nato quel brano? Mi sembra che tra di voi si sia creata una bella sinergia.
Assolutamente, sono due persone e artisti che stimo tantissimo e gli unici che ascolto al momento. All’inizio c’era un altro beat, ma non mi convinceva e allo stesso tempo volevo che fosse una cosa super spontanea. E soprattutto che fosse fatta a tre teste in studio, anche se io solitamente sono molto lenta a scrivere. Quel giorno però c’è stato un allineamento di pianeti. Siamo andati in studio da Jiz e Dibla e ho capito subito quale fosse la produzione giusta. Era perfetta per la vibe che volevo dare, Disse ha aggiunto dei suoni West Coast e ce l’avevamo. Ho registrato come se fossi a casa: è stato divertente, e abbiamo chiuso tutto in un pomeriggio perché Sayf doveva tornare a casa a Genova – scelta che tra l’altro mega condivido.

Nemmeno tu sei fissa a Milano.
No. Prima di tutto se te ne vai dal fulcro della tua quotidianità perdi tantissimo a livello creativo, e poi – soprattutto quando hai un boom assurdo come è successo a lui – il fatto di poter fisicamente staccarti dal posto dove succede tutto, ti dà un momento per decomprimere.

X Te è uno dei brani che mi ha colpita di più perché tiri fuori un lato romantico che era ancora inedito… Quanto ti manda in sbattimento questa cosa?
Sicuramente è molto più facile rappare di altre cose, ma da grande fan di Mac Miller credo che la sua cosa più bella sia che è sempre stato mega vulnerabile. Che magari uno pensa voglia dire essere debole, mentre in realtà è il contrario. Per essere vulnerabili bisogna avere un alto livello di confidence, di maturità e soprattutto di non paura. Più di quanto ci voglia per dire “sono il migliore”. Anche perché se metti il tuo cuore in qualcosa e ti viene criticato, è molto più doloroso. Diciamo che è una cosa che sto iniziando a fare pian piano e che vorrei fare sempre di più, perché alla fine è la cosa più bella della musica. Essere trasparenti è l’unico modo per connettersi con gli altri. Vorrei togliere tutti i veli del dover fare per forza gli incastri, le barre. Sai, tutte quelle cose del rap.

Certo, il rap come lo intendono i maschi. A volte ho la sensazione che se avessi mostrato prima il tuo lato più da ragazza, più emotivo, probabilmente da un certo tipo di pubblico maschile avresti avuto un’accoglienza diversa. Hai mai pensato a questa cosa? E se sì, ti ha un po’ condizionata? Sai, magari nel dire “devo essere credibile”…
Sicuramente sì. Io sono consapevole del fatto che gran parte della mia fan base è lì per le barre. Per citare di nuovo Mac Miller, anche lui quando ha fatto il suo primo album seguendo solo il suo gusto è stato abbastanza criticato. Quando ti imponi con un certo tipo attitude, ovviamente la gente si aspetta quello. So che a tanta gente non frega nulla di sentire quello che ho da dire a livello di sentimenti. 

Perché non è quello che si aspetta da te?
Esatto. La cosa che però non voglio fare assolutamente è decidere cosa fare in base a quello che vogliono gli altri, perché altrimenti non sarò mai felice. Ho avuto la conferma di questa cosa con Uno9999. Quello è l’unico pezzo che non volevo far uscire, e non perché non mi piacesse – anzi -, ma perché avevo paura della ipotetica risposta di una parte del mio pubblico molto affezionato al boom bap che avrebbe pensato “ma perché canti con l’autotune sulla drum and bass?”. Sicuramente c’è gente che ha smesso di ascoltarmi dopo quella cosa, ma a me non interessa. Anche con quest’album mi sono detta “io l’ho fatto, a me piace, se piace agli altri, bene, a chi non piacerà bella lì, ci sono mille artisti da ascoltare”.

A proposito di questo lato girly: Con Le Mie G è un inno pazzesco, mi ha ricordato Le Mie Amiche della Pina ma versione 2.0.
Sai che non ci avevo minimamente pensato ma è una cosa fighissima? In generale volevo affrontare il tema dell’amicizia perché non viene trattato spesso, soprattutto per quanto riguarda le ragazze. Invece è una cosa mega importante: a volte le diamo per scontate, ma le amiche sono le uniche che ci sono in momenti peso. Pensa che sbatti comunque non avere nessuno con cui parlare… Poi l’amicizia tra ragazze secondo me è diversa da quella tra ragazzi, e mi piaceva portare entrambi i pov con Guè che parla dei suoi g e io delle mie g. 

Essere una ragazza è oggettivamente una cosa incredibile…
Totalmente, è una hit, e per me è mega importante sentirsi rappresentate nella musica perché – soprattutto essendo donne e in Italia – non abbiamo tantissimi esempi. Quindi far sì che le ragazze si sentano capite in determinati contesti è una mia priorità.

C’è qualcuna che lo ha fatto con te?
Madame, di brutto. Quando ho sentito 17 è stato assurdo: lei parlava di sentirsi brutta e diceva tutte quelle cose che gli uomini non dicono mai.

Nell’album torna spesso il concetto del non poter mollare ora. Ti porti sulle spalle dei pesi non indifferenti – penso a Neffa che dice che è tornato a rappare anche grazie a te -, su di te ci sono delle aspettative altissime: hai mai pensato veramente di quittare?
Tempo fa avevo visto un’intervista di Paola Zukar in cui diceva che le ragazze devono farsi valere, e ha ragione. Da sempre ci abituano a farci da parte, a pensare di non poter fare le cose perché non abbiamo esempi di qualcuno che l’ha fatto prima di noi. Tutto però ha un costo, e mi chiedo: sono disposta ad affrontare determinate cose senza finire in overdose a 27 anni? 

E che risposta ti sei data?
Che questo è quello che voglio fare da tutta la vita, è il mio sogno da sempre e non ho intenzione di quittare solo perché Paolo86 dice qualcosa contro di me. Con i social è facilissimo prendersi male: ti svegli, prendi il telefono e in cinque minuti puoi leggere che sei il migliore e subito dopo che sei una persona inutile. Come fai a non confondere quello che tu sai di essere e quello che gli altri pensano di te? È un gran casino, però non voglio fermarmi: la cosa che amo di più è vedere come la musica connette le persone, e finché ce ne saranno anche solo 50 sotto al palco io sarò contenta.

In Pixel hai lavorato anche con altri producer oltre Disse: è stato difficile fidarti e affidarti?
In realtà è stato un processo abbastanza spontaneo. L’anno scorso ho fatto tante session con altrettanti produttori, e ho capito veramente quanto è importante avere anche una prospettiva esterna sulla musica. Aprirsi e lavorare anche con altre persone è stata una cosa positiva sia per me che per Disse, soprattutto per il modo in cui si sta in studio perché ogni produttore ha la sua vibe, prendi anche solo Skinny: lui è energico, è un motivatore, e quindi quando sono con lui mi viene naturale scrivere cose che seguano quella scia. 

Mi racconti un po’ Atlantide? Tu stessa sei accreditata come producer.
Atlantide è nato alla vigilia di Natale del 2023. Ero a casa da sola e mi è venuta questa idea. Ho trovato gli accordi, li ho suonati al piano e poi ho fatto tutto praticamente in freestyle. Avevo capito subito che fosse il mio pezzo preferito tra tutti quelli che avevo fatto, quindi pian piano l’ho sistemato. C’è una frase, in particolare, che ho impiegato un anno a scrivere: non volevo mettermi lì e farlo, volevo che mi venisse in mente a un certo punto. 

Qual è?
Quando dico “A toccare il cielo basta un’altalena, ad andare altrove basta la mia testa e uno scivolo per riportarmi a terra”. Non che sia una frase chiave del pezzo, ma per me era mega importante dare l’idea della fantasia e dell’immaginazione che ti salvano da determinate situazioni. Ti giuro, avevo tipo 40 registrazioni diverse di Atlantide: io che cantavo con il piano, con la batteria. La cosa bella è che non avevo nessun tipo di pressione di finirlo perché mi dicevo che quel pezzo lo avevo scritto solo per me e non lo avrei mai fatto uscire. Era troppo importante. 

E poi cos’è cambiato?
Una sera, tornando da una data, l’ho fatto sentire in auto alle mie amiche e mi hanno detto “zia, questo pezzo è veramente speciale”. Ho pensato che magari ci sono persone che potrebbero aver bisogno di sentire certe cose. 

Nel brano c’è anche tuo fratello, Milo.
Noi siamo mega legati e il mio sogno era fare qualcosa con lui. Per mesi gli ho detto “una sera vieni e suoni il violino su Atlantide”. Avevo aggiunto degli archi digitalmente, ma volevo proprio che fosse lui a suonare. Il fatto che ci sia anche lui nel disco mi rende mega felice e mi piacerebbe portarlo anche a un live, magari per fare una versione acustica dell’album.

Nel 2026 Ele A sarà in tour nei principali club italiani. Di seguito tutte le date.

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