Per gli Eugenio in Via Di Gioia “L’amore è tutto”: «Le nostre canzoni? Come i tarocchi»
In uscita domani venerdì 21 marzo, Il loro nuovo album è un racconto di un “io” interiore che diventa “noi”, e ci permette di conoscere le molteplici versioni di noi stessi e del mondo che ci circonda

Eugenio in Via Di Gioia (foto di Simone Biavati)
Per comprendere a fondo il viaggio del disco L’amore è tutto degli Eugenio in Via Di Gioia dobbiamo essere pronti ad indossare più “lenti”, perché sarà in base a come sceglieremo di guardare le cose che esse prenderanno un significato differente. L’amore è tutto è in uscita domani (venerdì 21 marzo): è il racconto di un “io” interiore che diventa “noi”, e ci permette di conoscere le molteplici versioni di noi stessi e del mondo che ci circonda.
L’amore è tutto è il quinto album degli Eugenio in Via Di Gioia ed è il risultato di un lungo processo creativo fatto di esperienze quotidiane, emozioni e riflessioni che si sono evolute durante la registrazione. Il disco è un flusso continuo, che esplora temi come l’amore, la gioia, il piacere, ma anche il disagio e l’insofferenza.
Per il lancio di L’amore è tutto, gli Eugenio in Via Di Gioia hanno creato un’esperienza sonora unica, grazie alla collaborazione con Agami, una piattaforma cloud per il suono immersivo, e Mezzo Forte, uno studio che realizza esperienze sonore innovative. I fan hanno potuto ascoltare in anteprima i nuovi brani tramite un’applicazione web, semplicemente avvicinandosi al punto di interesse in ognuna delle città scelte. A partire dal 4 aprile 2025, dall’Afterlife di Perugia, prenderà il via il Club Tour 2025, che toccherà Roma, Milano, Padova, Firenze, Bologna, Torino e Napoli.
Abbiamo incontrato gli Eugenio in Via Di Gioia in occasione dell’uscita del nuovo album L’amore è tutto.
La copertina di L’amore è tutto degli Eugenio in Via Di Gioia
Sulla copertina si vede un uomo cadere nel vuoto: come mai?
La copertina è stata ideata dall’agenzia di comunicazione Zanzara, con cui abbiamo collaborato anche per la realizzazione delle carte dei tarocchi contenute nel vinile. Inizialmente l’immagine ci sembrava raffigurare un cuore, poi una fiamma, fino a diventare la figura di un uomo che cade. C’è piaciuta l’idea che potesse assumere diverse forme, perché ci ha fatto pensare all’amore, ma prima ancora alla fiamma, la figura dell’uomo potrebbe sembrare per alcuni sospesa mentre per altri in caduta. Come le nostre carte, non ha un significato fisso: ciascuno può interpretarla liberamente, trovando nel suo messaggio qualcosa che parla di sé, di noi, o dell’amore stesso.
Qual è stato il passaggio da Amore e Rivoluzione a L’amore è tutto?
Ci siamo resi conto che la rivoluzione è contenuta nell’amore. È una metafora e le nostre canzoni sono tutte aspetti dell’amore. Non parliamo di quello carnale, ma di un concetto più ampio e indefinibile. Nonostante il titolo non contenga più la parola “rivoluzione”, è proprio il precedente album che ci ha dato una scossa per il cambiamento, che ha rivoluzionato molte delle nostre prospettive. Quei temi non sono scomparsi: si sono trasformati, diventando una moltitudine di punti di vista.
Un album senza collaborazioni oggi fa quasi strano. Da cosa è spinta questa volontà?
Nel nostro processo creativo siamo già in quattro, più il produttore. Non ci sono veri e propri featuring nell’album, ma le collaborazioni sono comunque presenti, in particolare con persone come Fabio Rizzo (il principale produttore del disco, ndr), okgiorgio e Duffy.
Avete trattato spesso temi sociali nei vostri album precedenti. Ora sembra che con questo nuovo album sentiate la necessità di veicolare messaggi positivi.
Non c’è un messaggio esplicito nel nostro nuovo album. In passato ci siamo concentrati su tematiche sociali in maniera concreta. Non che adesso sia cambiata questa cosa, continuiamo ad avere questa attenzione ma è traslato il modo in cui la raccontiamo. Non ci siamo dimenticati dei temi importanti che ci riguardano, ma è come se avessimo cambiato lo sguardo, mentre prima guardavamo fuori e raccontavamo quello che vedevamo, ora guardiamo dentro di noi per trovare un equilibrio. Questo ci permette di vedere il mondo in modo più autentico e senza filtri.
Negli ultimi anni la musica ha dato spazio ai temi ambientali, ma oggi sembrano meno centrali. Voi vi siete battuti tanto su queste tematiche e continuate a farlo, ma siete rimasti in pochi. Secondo voi, perché?
Siamo stati tra i primi a trattare i temi ambientali, in un periodo in cui pochi lo facevano. Parliamo di anni come il 2013 e 2014. Qualche anno fa, quando il tema sull’ambiente è stato oggetto di maggiore attenzione mediatica, abbiamo visto anche altri artisti unirsi a questa causa, ma oggi alcuni di loro non sentono più la necessità di parlarne. Non c’è né colpa né merito in questo: ognuno deve sentire dentro di sé la spinta a parlare di ciò che lo riguarda. Magari ad oggi molti artisti sentono la necessità di parlare di altri temi altrettanto importanti come l’attivismo in termini di femminismo, di parità di genere e sanità mentale. Non esiste un tema più importante di un altro, esiste solo il modo con cui lo si affronta e l’onestà con cui lo si fa.
L’album si apre con il brano Un’altra America, in cui dite “dimmi che noi saremmo gli eroi che avranno il coraggio di sentirsi diversi”. Cosa intendete?
Un’altra America è un brano molto personale. Quando diciamo quella frase ci riferiamo all’accettazione di tutte le parti di noi, comprese quelle più lontane o sconosciute. Il brano vuole sottolineare l’importanza di riconoscere e accogliere sia il nostro io bambino che l’adulto, e farli convivere. Abbiamo volutamente scelto una metafora un po’ spiazzante, così concreta e tangibile, perché crediamo che ci sia del valore nell’essere adulti. Il milanese, simbolo dell’adulto che lavora senza sosta, serve a ricordare che non dobbiamo dimenticarci della nostra infanzia, di essere stati bambini e che si può perdere tempo per ritrovare il senso delle cose. E questa condivisione di intenti pensiamo sia la chiave per poi ascoltare tutto il resto del disco.
Esplorare sé stessi è un viaggio solitario, eppure sentiamo spesso il bisogno di un confronto con gli altri. Nel vostro album il tema dell’accettazione è ricorrente. Sentite il peso del giudizio altrui? Come affrontate il confronto con gli altri?
Il confronto con gli altri è inevitabile, e come gruppo siamo costantemente messi a confronto, sia tra di noi che con l’esterno. Questo tema è molto presente nella nostra vita quotidiana e sicuramente emerge anche nel nostro disco, che racconta chi siamo. Affrontiamo questo confronto con apertura, cercando sempre di restare fedeli a noi stessi.
Notte gelida si apre con il verso “Odiavo tanto l’inverno, adesso sono suo amico”. Con gli anni si cambia la percezione su tante cose: in cosa vi sentite diversi rispetto al passato?
Certo, abbiamo vissuto un cambiamento significativo, non solo a livello personale ma anche musicale. Siamo maturati, ci siamo appassionati a nuove cose e abbiamo cambiato idea su molte altre. Il cambiamento fa parte di tutti noi, e lo sentiamo anche nelle nostre composizioni. L’album segna un’evoluzione: ci sono molte più sonorità elettroniche rispetto ai primi lavori, e anche a livello di pensiero, il cambiamento è visto come una bellezza da accogliere, non da temere.
Musicalmente è un album che spazia moltissimo. Avevate già in mente la direzione che volevate dare anche a livello sonoro durante la realizzazione del progetto?
L’album si è evoluto naturalmente, senza una direzione fissa inizialmente. Volevamo che ogni traccia fosse libera di esplorare suoni diversi, mantenendo però una coerenza tra di loro. Volevamo un album che parlasse di noi, delle nostre storie vissute, ma lasciando che ogni pezzo prendesse la sua forma.
A livello musicale si sentiva anche il tocco di okgiorgio, che infatti ha co-prodotto alcune tracce. Com’è stato lavorare con lui?
È stato molto stimolante! Avevamo già collaborato in passato, con Stormi e Farò più rumore del ratatata, quindi c’era una buona intesa. okgiorgio è una persona estremamente creativa e il suo contributo è stato fondamentale nel dare un tocco unico ad alcune tracce dell’album.
L’album si chiude con la traccia Tutto, in cui dite “Tutto il mondo qui parla di te”. A chi vi rivolgete?
Il brano è indirizzato a tutti e a nessuno in particolare. È una riflessione su come, a seconda della prospettiva con cui guardiamo il mondo. “Tutto il mondo qui parla di te” è una lente con cui scegliamo di guardare le cose. Ogni persona può interpretarlo in modo diverso, trovando sé stessa nel testo. Parla di come percepiamo gli altri e il mondo che ci circonda, e come, cambiando il nostro punto di vista, possiamo cambiare anche la nostra realtà.
Con l’acquisto del vinile all’interno vi sono distribuite 33 carte dei tarocchi che richiamano elementi presenti all’interno dei brani dell’album. Nell’album però non ho trovato riferimenti espliciti al mondo dei tarocchi. Qual è il legame?
I tarocchi sono spesso legati alla superstizione, ma esistono due approcci distinti. La cartomanzia si basa sulla divinazione, con il cartomante che predice il futuro. La tarologia, invece, ispirata ad Alejandro Jodorowsky, un regista visionario, scrittore e creatore della psicomagia, è un percorso di scoperta condivisa: le carte non rivelano il destino, ma aiutano a esplorare ciò che già sappiamo dentro di noi. Proprio come nella nostra musica, in cui diverse prospettive si intrecciano per dare vita a nuove interpretazioni. Così come facciamo noi con le nostre canzoni, mettiamo ciascuno il nostro punto di vista. Le carte, in questo caso, non ci dicono ciò che accadrà, ma ci permettono di esplorare ciò che già sappiamo dentro di noi. Non è l’altro che ci fornisce la risposta, ma siamo noi stessi a trovarla, semplicemente guardando le carte e lasciandoci guidare dalla nostra interiorità.
Com’è nata quest’idea?
Dopo essere stati a Palermo per registrare, abbiamo avuto l’opportunità di lavorare con Eleonora De Luca, un’attrice che, oltre a leggerci le carte in questo modo, ci ha accompagnato anche nella stesura delle ultime canzoni. Ci siamo resi conto che le intuizioni che ci dava attraverso le carte si allineavano perfettamente con il nostro modo di raccontare il mondo attraverso la musica. A quel punto siamo andati nel laboratorio dell’agenzia Zanzara (che si è occupata anche della copertina dell’album) e abbiamo deciso di creare un mazzo di carte. Abbiamo selezionato alcune parole chiave che emergevano dalle nostre canzoni e chiesto agli artisti di Zanzara di rappresentarle visivamente. Ogni carta offre anche delle istruzioni, per chi desidera seguire una guida, ma l’interpretazione rimane aperta e personale.