Interviste

Fabio Rovazzi: «”Red Flag” è un tema universale. I video costosi? Non hanno più senso»

Lo abbiamo incontrato in occasione del lancio del nuovo singolo uscito venerdì scorso il 9 maggio insieme a Paola Iezzi e Dani Faiv

  • Il15 Maggio 2025
Fabio Rovazzi: «”Red Flag” è un tema universale. I video costosi? Non hanno più senso»

Fabio Rovazzi

Una metro in ritardo e già guardiamo l’orologio con ansia per paura di non arrivare in tempo. Fabio Rovazzi, invece, sembra immune alla fretta, a quell’urgenza di dover sempre correre, produrre, arrivare. Lo incontriamo mentre si gode un caffè sul divanetto della sua casa discografica: rilassato, in perfetto contrasto con il ritmo incalzante di Milano.

Non sente la pressione, nemmeno quella dell’industria discografica, mentre ci racconta di non sentirsi un cantante vero e proprio. Per lui la musica resta un piacere, qualcosa che vuole continuare a fare per divertimento. Un atteggiamento che spiega molto del suo approccio, lontano dalle logiche degli algoritmi, vicino solo a ciò che lo stimola davvero.

Lo incontriamo in occasione dell’uscita di Red Flag, il nuovo singolo pubblicato il 9 maggio insieme a Paola Iezzi e Dani Faiv. Tre mondi musicali diversi che si incrociano in un brano ironico e pop, dal sapore di hit estiva, che racconta con sarcasmo l’instabilità emotiva delle relazione nel 2025. Ghosting, love bombing, orbiting: se anche tu ti sei trovato in una frequentazione nell’ultimo periodo, probabilmente potresti riconoscerti nei cliché citati nel brano che parlano di “casi umani”.

Red Flag è un concentrato di sano sarcasmo e attualità. Come sempre, Fabio Rovazzi dimostra di saper intercettare il presente senza mai prendersi troppo sul serio. E forse è proprio questa leggerezza il suo punto di forza.

Intervista a Fabio Rovazzi

Com’è nata l’idea di coinvolgere per questa collaborazione Paola e Dani Faiv che appartengono a due mondi musicali molto diversi?
Mi hanno fatto spesso questa domanda e finora ho sempre risposto allo stesso modo…ma ora che ci penso, ho realizzato in quest’istante, che in realtà tutto è nato a Capodanno, quando ho visto Paola cantare con Chiara. Mi sono gasato e ho pensato: “Sarebbe fighissimo fare una cosa con lei.” Quando poi abbiamo iniziato a lavorare al pezzo, la tematica e la musicalità mi sono sembrati perfetti per il suo stile. Dani invece è un amico da anni, abbiamo spesso provato a collaborare ma non ci eravamo mai riusciti davvero. Quando ho sentito il buco nella strofa, ho capito che era il momento giusto. E così è stato.

L’ironia è un tratto distintivo del tuo stile, ma spesso la usi per affrontare temi molto attuali. Pensi che certi argomenti si raccontino meglio così?
Credo che tutti oggi abbiamo una percezione diversa della realtà, influenzata dagli algoritmi dei vari social. Magari tu hai visto contenuti super seri sulle red flag, io invece non ho mai visto nulla di serio sull’argomento. Il pezzo è nato proprio così, in modo leggero. Non volevo analizzare un tema sociale, ma semplicemente raccontarlo con ironia. La mia cifra stilistica è sempre stata un po’ quella.

Hai ancora il “fiuto” per capire cosa funzionerà?
Quando ho pensato a Red Flag, avevo in mente l’estate e pensavo al fatto che sarebbe stato divertente fare un pezzo su quell’argomento lì. Cerco sempre temi che possano essere di interesse comune.

Da cosa sei partito per scrivere questo pezzo?
Ogni pezzo nasce in modo diverso. Di solito parto da un argomento, un “claim”, e ci costruisco attorno il resto. Con Red Flag è andata proprio così.

E in generale invece cosa ti stimola?
Io in genere mi segno un po’ di cose da cui mi piacerebbe prendere spunto per scrivere dei pezzi. A volte è del tutto casuale, come nel caso di Red Flag. Ma di base tendo a parlare di attualità. In passato mi è capitato di affrontare temi molto specifici, ho scritto, per esempio, un brano sulla guerra in Ucraina. Ma c’è sempre il rischio di dare una data di scadenza a certe cose: magari un argomento è attuale oggi, ma dopo due mesi non interessa più, finisce nel dimenticatoio. Con Red Flag, invece, credo di aver toccato un tema più universale. Le red flag penso ci saranno sempre.

Non segui i ritmi del mercato, pubblichi solo quando senti qualcosa da dire. Non hai paura di non rimanere sempre al top?
Io non essendo un cantante a tempo pieno, non sento particolarmente la pressione. Poi sicuramente se mi chiedi se i miei collaboratori mi fanno pressione, allora certo! Fosse per il mio manager dovrei fare un singolo al giorno probabilmente, ma non lo faccio! (ride n.d.r.) Ma perché per me la musica deve rimanere un divertimento, una cosa che mi piace fare e voglio che resti così. Non deve diventare un incubo totale. Poi è ovvio il mercato oggi è diverso e bisognerebbe fare molta più roba, ma non è il mio mestiere.

Il ritorno virale di un tuo brano del 2016 su TikTok è stato ciò che ti ha fatto venire voglia di tornare a pubblicare nuova musica?
Mi ha divertito un sacco. Ho scoperto che poi c’è stato un ritorno assurdo di fan, ora ho di nuovo i bambini! Tipo, alcuni ragazzini di dieci anni mi fermano per strada e mi dicono “Tu sei stato la mia infanzia!”. Li guardo e penso: “Bro… ok?” (ride n.d.r.). È una cosa strana ma bellissima. Il trend su Volare è nato in un modo assurdo, tra l’altro. Non mi aspettavo che esplodesse su un filone legato alle sfighe. Una combo inattesa, ma positiva. Però si, di sicuro mi ha dato lo stimolo giusto per tornare a divertirmi con la musica.

Da videomaker e artista attento all’aspetto visivo, quali pensi siano gli elementi indispensabili per un perfetto videoclip?
Tengo molto all’aspetto visivo, anche se, per esempio, il video di Red Flag è semplice, senza troppi dettagli. A volte parti con un’idea, ma sul set succede di tutto, magari sei in Puglia e ti aspetti 30 gradi, invece ce ne sono 12… (sorride n.d.r.). In ogni caso, il video resta una passione enorme per me, ci metto sempre la testa. Ma oggi è cambiato tutto, non ha più senso investire in videoclip enormi con intro lunghissime e storytelling elaborati. Il pubblico non ha più quel tipo di attenzione. Sarebbe solo autolesionismo. Per Red Flag, anche con un budget più alto, il risultato non sarebbe cambiato molto, quel tipo di video, oggi, avrebbe poco senso.

E con TikTok? Cambia il modo di pensare il video?
Non lo so, fare un video pensato solo per TikTok è un rischio. Mi dispiace che certi linguaggi visivi stiano scomparendo, sarebbe bellissimo tornare a fare i video come una volta, ma il mondo cambia e bisogna adattarsi.

Hai collaborato con tantissimi artisti del panorama italiano, ce n’è ancora qualcuno con cui vorresti collaborare?
Un sogno assoluto, però gli rovinerei molto probabilmente la carriera e l’immagine, è Caparezza. Con lui mi piacerebbe tantissimo fare un pezzo insieme.

Infine, ti domando, hai fatto musica, cinema, podcast, sei stato youtuber, videomaker e persino un personaggio in un videogioco… cosa ti manca? Cos’altro vorresti ancora provare a fare?
Questa è una bellissima domanda. Se penso a tutto quello che ho fatto finora, il campo in cui ho fatto meno, e dove vorrei continuare a lavorare, è sicuramente il cinema. Ho una vera ossessione per il cinema: guardo un film al giorno, divoro le serie in una notte… sono proprio malato di questa cosa. Ho anche tanti amici che lavorano a Hollywood e, infatti, li coinvolgo spesso nei miei progetti. Per dire, il direttore della fotografia del videoclip di Red Flag, che è anche piuttosto semplice, è Maxime Alexandre, uno dei più importanti al mondo. Ha firmato tutti gli horror che avete visto negli ultimi anni. Con relazioni del genere, il sogno americano di lavorare un giorno a una grande produzione cinematografica c’è — anche se resta, per ora, un sogno quasi irrealizzabile. Però sì, mi piacerebbe moltissimo.

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