Francesco Gabbani non va di fretta, ma si gode il paesaggio: «Ora ambisco solo alla serenità»
Il sesto album del cantautore toscano, “Dalla tua parte”, è un disco dove la leggerezza si fa riflessione. Con lui abbiamo parlato di natura, canzoni e della vita “così com’è”
Foto di Chiara Mirelli
Se si pensa a quanto accade tutt’intorno, viene da chiedersi dove trovi la forza di cantare certe emozioni e certi versi. La risposta di Francesco Gabbani è insita nei ritornelli aperti delle sue canzoni e in quella apparente leggerezza che attraversa tutte i brani del suo sesto album. Non è superficialità, ma ricerca di serenità attraverso un’autoanalisi continua però rivolta verso l’esterno. Il titolo Dalla tua parte lo suggerisce, d’altronde, così come Viva la vita con cui si è presentato all’ultimo Festival di Sanremo. «Viva la vita, così com’è», con tutti i dubbi e le tristezze che la compongono perché l’importante è sentirsi parte del mondo e provare qualcosa.
«Al mio Sanremo do il massimo dei voti: dieci» ci rivela Gabbani. «Non è un discorso di classifica, non ero lì per gareggiare, ma per le sensazioni avute e ricevute dal pubblico». Il cantautore toscano si è ormai tolto le sue soddisfazioni, vivere di musica è una di quelle, e l’unico “successo” che insegue, senza fretta, è quello emotivo. Suscitare una riflessione in chi lo ascolta ed emozionarlo. «La velocità di comunicazione del mondo contemporaneo è l’antitesi dell’approfondimento. Per comprendere e metabolizzare le cose ci vuole tempo. Devi entrarci dentro e non lo puoi fare se sei di fretta» spiega.
Dalla tua parte è un album in cui Francesco Gabbani si fa mille domande e dove si susseguono momenti diversi: c’è Pensieri che parla di adolescenza, Leggerezza che è meno leggera di quanto lasci pensare il titolo e invece Così come mi viene che è l’essenza della serenità spensierata. Tutto questo prenderà vita nel tour nei palazzetti che riprenderà a primavera, si fermerà per le date estive all’aperto, e poi ricomincerà di nuovo il prossimo autunno.
L’intervista a Francesco Gabbani
Hai scelto un titolo significativo per il tuo album, Dalla tua parte, in cui ti rivolgi all’ascoltatore e che si ricollega idealmente alla prima traccia Vengo a fidarmi di te. Come mai questa scelta?
Sai che non l’avevo notata questa corrispondenza tra titolo e opening? È una cosa interessante dato che non è stata voluta. Per me il titolo era a se stante, non esiste una titletrack infatti, e rappresenta una sorta di dedica nei confronti dell’ascoltatore. Nel senso che le canzoni, da adesso in poi, passano dalla sua parte. Io credo che le canzoni siano di chi le scrive fino al momento in cui non escono. A quel punto diventano di tutti. Dalla tua parte è anche una domanda senza punto interrogativo, un atto di confronto con chi è dall’altra parte. Un modo di dire: “Tu come la vedi?”.
E in effetti questo è un disco pieno di domande.
Credo derivi dal mio modo di scrivere. Mi sento sempre un osservatore dall’esterno. Quello che provo a fare nelle mie canzoni è pormi delle domande, sul senso della mia esistenza o su chi sono realmente, senza trovare e dare delle risposte. Mi piace pensare che quegli stessi quesiti irrisolti che mi pongo poi diventino spunto di riflessione anche per gli ascoltatori che li possono fare propri ed elaborare. Un modo di usare le canzoni per avere un approccio analitico rispetto all’esistenza.
La musica ti aiuta a trovare queste risposte?
È una ricerca che penso non finirà mai. Metto in discussione di volta in volta quelle che possono essere delle mie presunte verità. Io stesso mi sono reso conto che sono un’evoluzione, nel senso che non si finisce mai di capire qualcosa di più e anche di cambiare idea. Citando Eraclito (e Occidentali’s Karma) tutto scorre. Anche se a pensarci bene io sono più socratico, nel senso che so di non sapere. A me piace esprimere le mie suggestioni mettendo in relazione gli opposti e la verità forse è nel mezzo, nell’equilibrio fra le due cose.
C’è qualcosa che hai capito in tutti questi anni di carriera?
In questo momento ho chiara una cosa: ambisco a una condizione di serenità e di equilibrio. Questo forse dipende anche dal fatto che mi sono già tolto la soddisfazione di vivere il privilegio di riuscire a fare quello che sognavo da ragazzo, ovvero vivere di musica. Oggi ho capito che non sono interessato al successo, alla notorietà, tantomeno ad accrescere i miei beni materiali.
Ascoltando l’album, ma in generale le tue canzoni, si avverte sempre una certa leggerezza di fondo. Che poi c’è una canzone in questo disco che s’intitola così. Nel momento in cui scrivi, comunque circondato da un mondo che va nella direzione opposta, dove trovi la leggerezza di scrivere determinate cose? È un modo di combattere l’esterno?
La trovo nelle cose semplici, nel sentirmi un essere vivente dentro l’essere vivente totale. Io ho un bellissimo rapporto con la natura. Per scelta, nonostante comporti delle difficoltà logistiche, io vivo ancora in un luogo immerso nella natura tra Toscana e Liguria. Quando ti senti in armonia con ciò che ti circonda, è abbastanza automatico il fatto che sei disinteressato dal resto. A me emoziona svegliarmi alla mattina presto, vedere l’alba in mezzo agli ulivi e sentire gli uccellini cantare. I colori, gli odori…per me è questo il senso della vita. È questo che mi fa dire Viva la vita.
Hai citato il tuo brano sanremese e allora non posso non chiederti che ne pensi della “cinquina” tutta al maschile?
Parto dal presupposto che per me non ha senso parlare di distinzioni di genere nella musica e nell’arte in generale. Non hanno genere. Non voglio essere ridondante e ripetere sempre che non esiste una musica femminile e una musica maschile: esiste la musica e basta. Detto questo, sarà che io non riesco a vedere spesso la “malizia”, ma credo che il pubblico, la demoscopica, la sala stampa, i giornalisti, le radio, eccetera, eccetera, abbiano votato le canzoni che per loro erano migliori. La vedo più come una casualità di questa edizione. Per esempio, lo scorso anno sul podio c’erano due artiste, tra cui Angelina Mango che ha vinto.
Nel tuo disco c’è un brano, Così come mi viene, che nel ritornello cita Sanremo. Era in lizza con Viva la vita?
No no (ride n.d.r.). Quel verso mi è venuto in mente dopo aver scelto. Forse è proprio questa la canzone più leggera dell’album. Rappresenta in parte la mia visione della musica come emozione libera e un lascarsi andare alle sensazioni. Infatti, dico anche: “Senza senso, senza catene”. Perché quando c’è l’aspetto intellettuale inevitabilmente ti poni dei paletti e dei recinti di ragionamento. Il non avere un senso a volte ti fa proprio “galleggiare”. E la canzone che “canterei” e che poi ho effettivamente cantato a Sanremo è un brano che mi è venuta così com’è, che mi piace cantare in modo incondizionato.
Una delle canzoni centrali del disco, anche una delle mie preferite, è Pensieri. Nel testo ti rivolgi a un adolescente: ti sei immedesimato o hai fatto riferimento a una persona specifica?
Quello è il mio pezzo preferito dell’album. L’ho scritto insieme a Michele Bitossi e in realtà ci siamo ispirati a suo figlio che è appunto un adolescente. È nata dalla volontà di raccontare il disagio che molti ragazzi di oggi si trovano a vivere, soprattutto in termini di insicurezza personale. È un’età delicata durante la quale è molto più importante il giudizio degli altri più che ciò che realmente pensi di te stesso. Per gli adolescenti di oggi, con i social che creano dei costanti termini di paragone, è tutto ancora più amplificato e complicato. Nel brano suggeriamo anche di una presa di coscienza di questa cosa e da qui nasce anche il tratto di speranza.
Tra l’altro mi ha colpito proprio un verso in cui dici: «Il tempo è una ferita che va ricucita». Tu hai ferite da ricucire, dei rimpianti?
Devo essere sincero non ho troppi rimpianti, soprattutto riguardo al periodo della mia adolescenza. Mi sono sempre mosso seguendo il mio sentiero personale anche scontrandomi con le persone più care. Per esempio, mia madre all’inizio non era molto contenta del fatto che volevo fare il cantautore. Me lo sconsigliava e mi frenava, diciamo. Io ho proseguito per la mia strada, anche potandole un po’ di sofferenza all’inizio. Se proprio devo dirti un rimpianto, ma che è ancora recuperabile, è di non essermi laureato. Ma appunto, per quello c’è ancora tempo.
Le date del tour
Il tour nei palazzetti
- 15 MARZO – FIRENZE – MANDELA FORUM
- 22 MARZO – PADOVA – KIOENE ARENA
- 04 APRILE – TERNI – PALATERNI
- 17 APRILE – ROMA – PALAZZO DELLO SPORT
- 01 OTTOBRE ARENA DI VERONA
- 05 NOVEMBRE – BOLOGNA – UNIPOL ARENA
- 07 NOVEMBRE – LIVORNO – MODIGLIANI FORUM
- 14 NOVEMBRE – CONEGLIANO VENETO – PREALPI SANBIAGIO ARENA
- 15 NOVEMBRE – MONTICHIARI – PALAGEORGE
- 16 NOVEMBRE – VIGEVANO – PALAELACHEM 03 DICEMBRE – NAPOLI – PALAPARTENOPE
Dalla tua parte Summer Tour
- 09 LUGLIO – PISTOIA -PIAZZA DUOMO
- 12 LUGLIO – PIACENZA – PALAZZO FARNESE
- 26 LUGLIO – CATTOLICA – ARENA DELLA REGINA
- 01 AGOSTO – OSTUNI – FORO BOARIO
- 02 AGOSTO – BARLETTA – FOSSATO DEL CASTELLO
- 05 AGOSTO – PALERMO – TEATRO DI VERDURA
- 06 AGOSTO – TAORMINA – TEATRO ANTICO DI TAORMINA
- 16 AGOSTO – FORTE DEI MARMI – VILLA BERTELLI
- 21 AGOSTO – PESCARA – PORTO TURISTICO
- 22 AGOSTO – MACERATA – SFERISTERIO