Giaime: «Il reggaeton mi ha fatto amare di nuovo il rap. Ora sono pronto per un nuovo inizio»
Venerdì 28 maggio esce il nuovo album d’inediti del rapper, Figlio Maschio. Un fiocco azzurro per la (ri)nascita dell’artista
Giaime, nella vita, si è innamorato della musica non una, ma due volte. Il primo amore è stato il rap, il secondo il reggaeton, una vera e propria folgorazione. Un artista che detta i tempi del suo percorso: dopo la grande visibilità ottenuta su Youtube negli anni ‘10 con i singoli Mi Ami o No, Fiori, e ancora con l’EP Mula, Giaime si è fermato, mentre molti hanno accelerato. Ha rallentato quando sentiva di essere diventato qualcosa di diverso rispetto a quello che avrebbe voluto essere, e non ha fatto un album quando i fan glielo hanno chiesto.
Perché nella musica, come nella vita, parla quando ha davvero qualcosa da dire – e lo confermano anche le poche pubblicazioni sui social.
E così ha aspettato tanto tempo prima di dar vita al suo nuovo disco. Agli esordi, come in Blue Magic, descriveva film e temi che lo appassionavano, come Blow o American Gangster. Oggi non ha più bisogno di esprimersi attraverso le parole degli altri e in Figlio Maschio (Epic Records / Sony Music Italy) parla di sé. Poche citazioni, se non ai “maestri”, come li definisce lui stesso, Club Dogo e Bassi Maestro.
L’immagine del padre, l’odore delle carte da wres: comincia così questa nuova storia in cui Giaime descrive l’inizio del suo percorso personale e lo conclude dicendo che quello artistico è appena cominciato. Il risultato è una fotografia che racconta, in 14 tracce, chi è e dove sta andando: verso una nuova declinazione rap, quella che sposa la musica latina. Se il primo amore non si scorda mai, con il secondo scopri chi sei, e Giaime porta attraverso il rap un cuore e un’atmosfera reggaeton perché parla, tra le barre, di sentimenti, amicizia e spesso di donne, presenza costante della sua vita.
Figlio Maschio è un album leggero ma di significato. Se Giaime ha assecondato i momenti e le curve della sua strada musicale, è adesso che è pronto ad accelerare. E porgendo l’orecchio alle tracce, tra una produzione hip hop di Big Joe, una punk-rock di Shorty Shok e una reggaeton di The Caesars, si può sentire in Figlio Maschio il primo vero vagito di Giaime Mula. Ci sembra aver tagliato, insieme al filo del palloncino rappresentato nel video con cui ha annunciato l’album, anche il suo cordone ombelicale, sganciandosi metaforicamente anche dalle collaborazioni che ne hanno segnato i successi. Non sa dirci se quel palloncino azzurro supererà o meno il soffitto, ma quel volo spicca da qui.
Leggi l’anticipazione della nostra chiacchierata con l’artista, l’intervista completa sarà nel numero di giugno di Billboard Italia!
Inizi a scrivere Figlio Maschio dando i riferimenti di quello che sembra il tuo inizio. Ho visto subito l’immagine di tuo padre, l’odore delle carte, i giochi. Forse questo disco serve a dire “io ho cominciato da qui, ora chiudo il cerchio e adesso parto da un nuovo inizio”?
Non l’ho concepita in questa maniera, non è stata pensata. Mi piace quando queste cose vengono interpretate, perché vuol dire che la naturalezza con cui sono venute fuori poi diventa diretta, e se qualcuno le coglie vuol dire che l’obiettivo è raggiunto. Anzi, mi ci hai fatto riflettere tu sul fatto che la prima immagine che do nell’intro dell’album è una foto del passato, citando l’immagine di mio padre, e questo si ricollega anche al titolo del disco. È molto utile ricevere queste domande per fare io stesso riflessioni sul disco!
Mi ricollego proprio al titolo, sul quale hai chiarito (anche se non sarebbe stato necessario) che non ha un riferimento gender, ma ai tuoi genitori. Ti riferisci in particolare al rapporto che hai con tua madre?
Anche questa è una cosa che è venuta da sola… sono cresciuto con mia madre e rappresenta una presenza importantissima nella mia vita, ho vissuto per 25 anni con lei. Penso che la madre, a meno che tu non abbia un rapporto distrutto con lei, sia nei tuoi gesti, nelle frasi che dirai ai tuoi figli, dalla scelta del balsamo al sapone da cucina. Penso sia importante per tutti.
Certo, la mamma è sempre la mamma, e tu hai anche un tatuaggio dedicato a lei. La porti con te in tutto quello che fai, anche nella musica?
Sì, mi sono fatto tatuare il nome di mia madre con un serpente tutto intorno che rappresenta un simbolo che la protegge. Certo, sono anche un po’ ostile con lei, sono pur sempre un figlio post-adolescente come tutti! Però poi la penso, la metto nei miei pezzi, è come un tuo amico, un fratello o una sorella, che non sopporti quando lo vedi, ma guai poi a chi te lo tocca.
Giaime, come mai solo oggi, dopo tanti anni, fai un nuovo disco?
Non ero ancora consapevole e bravo da poter concepire un disco come quello che ho fatto oggi. È stato dettato da una voglia, come dire “voglio andare a Parigi”, e io invece avevo voglia di fare un bel disco, di raccontarmi.
Eppure, con tanti singoli d’oro, non sei stato assente, ma il disco arriva solo ora, perciò ti chiedo: nella vita e nella musica ti esprimi quando hai davvero qualcosa da dire?
Dipende da chi sei, alcuni se le inventano le cose! Io non avevo esigenza di farlo. Nessuno ha detto che se non fai un album non sei un artista.
Certo, ma sono stati i tuoi fan a chiederti quando avresti scritto un nuovo disco…
Sì, me lo hanno chiesto tanto, però io non avevo quella spinta, e sapevo che farlo senza la spinta non avrebbe avuto senso. Ora invece sono pronto.
Infatti tu chiudi questo progetto con un provocatorio “scusate il ritardo, pensavate che non ci fossi più, invece sono qua”. È questa l’urgenza del progetto? Ovvero voler dire agli altri “faccio questa cosa e ci sono?”
Per come io vivo il rap, è chiaro che io comunico per dire qualcosa agli altri. Per tanto tempo me lo hanno chiesto ma ho ignorato la richiesta. Quella frase vuol dire “non mi devo giustificare con nessuno, ma (provocatoriamente, come hai detto tu) questo è quello che tanto aspettavate e ora il disco è arrivato”. Quando volevo, come volevo, ma questo è l’album.
Hai tenuto molto a dire che è un album rap, ma sicuramente meno squisitamente rap rispetto a progetti passati. Da dove nasce l’idea di avvicinarti al reggaeton e ad altre sonorità?
Il brano Mamma strizza l’occhio al punk-rock, ma non è un genere di cui sono fan, non è mai stato il genere che mi ha appassionato. Volevo vedere cosa accadeva e uno dei producer del disco, Shorty Shok, è un producer che fa questo genere. Volevo provare ad unire questo alla mia scrittura rap. Mentre per il reggaeton, beh, essendo io fan sfegatato, ho fatto solo una cosa per amore del genere! Io ascolto quasi solo reggaeton, oltre al rap.
E cosa ti ispira? Ti faccio questa domanda perché non è un ascolto abituale dei rapper, mi permetto di dire…
È vero, solo io e Fred De Palma diciamo di essere così tanto fan del genere. Lui ne ha fatto un marchio di fabbrica, mentre io sono solo un fan che lo fa in italiano con le sonorità che piacciono a me. Credo che questa propensione derivi dal fatto che sono fan del neomelodico, e trovo che la lingua napoletana abbia assonanza con quella spagnola. Se facendo lo scemo provo a cantare dei pezzi neomelodici sul reggaeton, le melodie stanno da Dio, sembrano quelle dei reggaetoneri, quindi c’è un punto in comune. E poi mi sono appassionato dal 2018 al genere, quindi sono un fan giovane ed è accaduto quando il reggaeton mondiale è stato cambiato da Bad Bunny, che gli ha dato un attitudine rap.
Allora io ho cercato il rap e l’ho trovato non solo dove fa freddo e si parla inglese, ma in località che a primo impatto sembrano entrarci poco con l’hip hop. Invece, questo incontro ha creato un genere che ora ha invaso il mondo, non è più solo Despacito. Il fatto che rap e raggaeton si siano incontrati mi ha aiutato a ri-amare il rap, ma sotto una nuova veste. È stata la seconda folgorazione musicale della mia vita, dopo la prima da bambino con il rap.
Nel disco troviamo le collaborazioni con Rose Villain (nel singolo Soli, che ha anticipato l’album), Jake La Furia, Gué Pequeno, Chadia Rodriguez e Nashley. Ti va di dirmi qualcosa in particolare sui featuring?
Ho scelto due donne perché credo che in Italia le donne dovrebbero avere maggiore spazio nel rap. Dovrebbero poter dire quello che vogliono liberamente, come accade oltreoceano. Con Nashley avevo già lavorato in Prendere o Lasciare, Quanto Freddo Fa… Mentre Jake e Gué costituiscono una bandierina che posso piazzare nel mio cuore da fan, per me è realizzare un sogno.
Giaime, ti domando soltanto un‘ultima cosa: non quali progetti hai per il futuro, ma a che punto sei adesso?
Il 28 maggio esce il mio album con Sony, quindi faccio come se fossi all’inizio, perché mi sento così. Ciò che stato fatto mi ha portato a questo, ed è la cosa più concreta che io abbia realizzato nella carriera musicale. Lo vedo come un grande training, una lunga gavetta. Vorrei che le cose andassero come devono andare! Io ho dato quello che dovevo dare in questo disco, e ora vediamo cosa succede.
Articolo di Daniela De Pisapia