GionnyScandal: «La morte mi gironzola intorno fin da bambino, ma vedrò la luce»
“Black Mood 2”, il nono album del rapper, è un disco di rivalsa. Un percorso intimo e tortuoso tra nostalgia, barre e pop-punk, con cui l’artista ha liberato i propri demoni
Tra Gionata Ruggieri e il suo alter ego artistico GionnyScandal non c’è molta differenza, parlare con il secondo implica un confronto anche con il primo, e tutto questo lo si ritrova anche nel suo nuovo album Black Mood 2. Un album personale, quasi di rivalsa, che parte dall’oscurità e punta dritto alla luce. Come Gionata, che negli ultimi anni ha affrontato il buio della depressione e la luminosità degli occhi del padre biologico che finalmente ha ritrovato. Sempre in guardia, con la morte che gli gironzola attorno da quando era piccolo.
Lo abbiamo incontrato all’ultimo piano di un hotel di Milano per parlare del suo ultimo lavoro discografico e della nuova fase della sua vita. Gionata indossa una t-shirt rosa delle Spice Girls e si è appena bevuto una Coca-Cola nell’attesa. «Non bevo praticamente acqua, sono addicted alle bevande zuccherate». Ecco, non stupitevi dell’inglesismo. GionnyScandal sogna da sempre gli Stati Uniti, quelli forse un po’ romanzati e poco realistici dei Blink-182 e di Machine Gun Kelly (su una sedia vedo appoggiato un cappellino del Mainstream Sellout Tour, scommetto che fosse il suo).
Con GionnyScandal, non abbiamo parlato solo di Black Mood 2. Ci ha raccontato come ha affrontato con i fan il periodo della depressione e quanto è stato importante per lui l’incontro con suo padre a marzo scorso. Grazie al servizio de Le Iene Gionata ha conosciuto i suoi genitori biologici e ha trovato una risposta alle tante domande che da trent’anni lo tormentavano.
L’intervista a GionnyScandal
Dopo Anti (2021) hai deciso di tornare nel Black Mood, che è un po’ come la tua tana del Bianconiglio. Come mai questa scelta?
Non è stata una scelta dettata dal mercato, ma più una roba d’urgenza. Esattamente come è stato Black Mood. Le canzoni di questo album in origine erano pensieri che avevo in testa. È complicato spiegarlo, per me è stato come scrivere delle lettere a me stesso. Ogni traccia deriva da qualcosa che mi è successo dentro o intorno e che avevo bisogno di buttare fuori, prima per me e poi ovviamente per gli altri. Il mio umore, il modo in cui mi sentivo in quel periodo, era tornato ad essere negativo. Percepivo le stesse sensazioni vissute durante la depressione e la mia salute mentale iniziava a vacillare. Il bisogno di vomitare fuori quello che stavo passando è arrivato prima rispetto all’idea di voler scrivere delle canzoni.
Un brano centrale di Black Mood 2 è Felina, il cui titolo è ispirato al titolo della puntata finale di Breaking Bad. Nel primo verso c’è un riferimento al fatto che hai di recente conosciuto tuo padre biologico. Quanto quell’evento ha influenzato il disco?
In realtà Black Mood 2 l’avevo già quasi scritto interamente. Felina si chiama così perché è stata l’ultima canzone che ho scritto. È il mio episodio finale. Il brano non nasce con l’intento di parlare di quell’episodio nello specifico, ma è il classico pezzo che scrivi in 5 minuti, di pancia, come un flusso di coscienza. Avevo da pochissimo incontrato i miei genitori dopo averli cercati per tanto tempo e ho deciso di mettere quella barra all’inizio. Per me è stata una liberazione, come dire: “Ora che l’ho detto, sono sereno e posso proseguire”.
Cosa porti con te di quell’esperienza?
Tante cose e soprattutto tante risposte. Sono riuscito a rispondere a molte delle domande che continuavo a pormi da trent’anni. La vita non sempre va come vorresti e spesso le cose non sono come sembrano. Io col tempo ho imparato che i veri genitori non sono quelli che ti creano, ma quelli che ti crescono. L’unica cosa che non puoi scegliere sono i proprio i genitori.
Quindi rifaresti tutto, nonostante l’enorme esposizione mediatica?
Sì, rifarei tutto perché da quell’esperienza mi è tornato molto amore indietro e soprattutto mi sono sentito utile. Molta gente che non ha mai avuto la forza di andare a cercare i genitori biologici, dopo quel servizio, mi ha scritto dicendomi che grazie a me ha trovato il coraggio di farlo. Magari con più fatica, non avendo a disposizione una redazione televisiva. Tuttavia, solo il fatto che ci stia provando mi rende molto contento.
Sempre in Felina, nel ritornello, canti «Domani non so se sarò vivo». Che rapporto hai con la morte? È una paura o una fonte d’ispirazione?
Io sono spaventato a morte dalla morte, perché è inevitabile, perché la vedo a un centimetro da me da trent’anni e mi gironzola intorno da quando sono nato. Da piccolo sono morti i miei genitori [adottivi n.d.r], poi i nonni e via così. Insomma, è qua anche adesso che ti sto parlando. È impossibile che io non possa pensare la morte. Come fai? Se nasci in una famiglia di calciatori, in qualche modo il calcio entra nei tuoi pensieri. È indotto. Per me vale lo stesso discorso con la morte.
In Selfie mentre piango invece parli della condivisione del dolore. Tu utilizzi molto i social per parlare con i tuoi fan, anche dei momenti più difficili, come nel caso di 712 e del tentato suicidio. Secondo te esiste un limite oltre il quale si rischia di spettacolarizzare il dolore?
Se non fosse il mio lavoro, io probabilmente avrei solo WhatsApp. Però sono un cantante e i miei fan li definisco family non a caso. Sono realmente la mia famiglia e con loro mi rapporto come si fa in famiglia. Oltre a loro non ho nient’altro. È troppo facile dire GionnyScandal ha vinto un disco d’oro, è giusto che io condivida con loro tutto, anche le giornate storte.
712 è stato un Reset per te, citando un’altra tua canzone del 2016?
Non lo considero tanto come un ricominciare, è stato più uno spiegare col cuore in mano cosa fosse successo. Come dire: “Ok, meno male che sto bene”. Invece, Reset è stata una vera e propria ripartenza. L’ho scritta quando sono passato in major, dopo un periodo bruttissimo vissuto per colpa dell’etichetta indipendente che mi ha tenuto bloccato dal 2011 al 2015. In quegli anni mi sono ritrovato solo, è morta mia nonna, e non potevo nemmeno fare musica.
Negli ultimi anni molti artisti si sono aperti come hai fatto tu riguardo ai loro problemi di salute mentale. Pensi che la musica possa aiutare ad abbattere il tabù?
Io sono molto contento quando artisti importanti si espongono e rivelano di aver avuto problemi di salute mentale, penso ad esempio a Marracash. Spero che se ne parli sempre di più perché sensibilizzare è l’unica cosa che si può fare. Secondo me il problema principale è la paura di affrontare l’argomento e ammettere che tu soffra di questa cosa. Se tutti iniziamo a sdoganare questa ca**o di paura forse potrebbe trarne vantaggio la generazione successiva.
In Buio/Luce parli di rivedere la luce. Hai deciso subito, per contrasto, che sarebbe stata la traccia finale del disco?
In realtà è stata la prima traccia che ho scritto, è iniziato tutto da lì. In quel momento ho capito che la direzione sarebbe stata quella e il mio produttore Sam (Sam Lover) mi ha detto: “Ok, l’album a cui stiamo lavorando è Black Mood 2”. Nell’ultimo verso canto “poi rivedrò la luce” e lì finisce il disco. Quella frase racchiude tutto e, pur essendo come una scritta the end, in realtà rappresenta un nuovo inizio. È quella luce di speranza che vedo, non è un forse. Mi riprometto e sono certo che rivedrò la luce.
Climax invece è la prima traccia, un’intro rap intimistica. Il videoclip è girato in un asilo e all’inizio compaiono tre bambini che rivelano cosa vogliono diventare da grandi. Tu che ricordi hai del GionnyScandal bambino?
Non ho tanti ricordi, però il più bello e il primo che mi viene in mente è quello di Gionata all’asilo. A me piaceva andare, amavo proprio l’ambiente. Essendomi mancato affetto fuori, lì dentro per me era un altro mondo. C’erano altri bambini che giocavano con me, a casa invece non c’era nessuno, nemmeno delle figure adulte. Quindi non vedevo l’ora che suonasse la sveglia, di alzarmi e andare lì. Quando tornavo a casa ero triste.
L’ultimo bambino risponde alla domanda dicendo: “da grande voglio essere felice”. Già allora eri convinto di questa cosa?
L’ultimo bambino è una mia proiezione. È come se il me stesso di oggi, potesse tornare a quell’età e rispondere alla stessa domanda. Ecco io, avendo visto la mia vita fino ai trent’anni, non direi “voglio essere un calciatore”, ma “vorrei essere felice”.
Che musica ascoltava GionnyScandal da piccolo?
Soprattutto Pop-punk e considera che il primo singolo che ho acquistato, quando ancora si vendevano in cd i singoli, è stato Complicated di Avril Lavigne. Era quel periodo magico in cui non vedevi l’ora di tornare a casa per accendere MTV e rimanevi lì davanti ad aspettare che passassero i Simple Plan. Il primo album che ho comprato invece è stato Curtain Calls di Eminem, da lì ho scoperto il rap. Oggi però sono tornato ad ascoltare il pop-punk, anzi ti direi che non ho mai smesso.
Anche in questo nuovo album, nonostante sia diverso da Anti, ci sono tracce, per esmpio Vaffanculo o Tutorial, dove c’è un arpeggio di elettrica in stile What’s My Age Again? dei Blink-182…
Mamma mia i Blink-182, è da ieri che continuo a riascoltare e canticchiare il mini-frammento di One More Time…, non vedo l’ora che esca il loro nuovo album.
E i fraseggi di chitarra elettrica sono stati cercati o sono spontanei?
Super spontanei. Io quando lavoro a tutti i pezzi con Sam Lover, almeno una volta prendo la chitarra e, non lo faccio apposta, la prima cosa che mi viene da suonare sono degli arpeggi o accordi super tristi o nostalgici di quel genere.
Negli ultimi anni, prima negli USA e in UK, grazie ad artisti come Machine Gun Kelly o YUNGBLUD, poi anche in Italia con La Sad o Naska, per esempio, sembra che stia rinascendo il genere. Credi che si possa parlare di una nuova scena e, se sì, GionnyScandal ne fa parte?
Per me una scena in Italia non c’è ancora e, purtroppo, forse non ci sarà mai. Le nuove generazioni non sembrano molto prese e interessate. È come se negli anni 2000, durante l’esplosione del pop-punk, qualcuno avesse proposto musica anni 80. Oggi i ragazzi sono meno abituati ai suoni di una batteria e di una chitarra. Ci sarà sempre quella nicchia di nostalgici come me che diranno che diranno: “Che figata! Un nuovo album dei Blink”. Tuttavia, sembra che il genere non abbia più molto mercato, persino Avril Lavigne col suo ultimo album (Love Sux, 2021) non ci è riuscita. Però, se il nuovo dei Blink-182 entrerà in Top-50 Spotify, allora farò Anti 2 [ride n.d.r.].
Riarrangerai i pezzi nuovi con la band dal vivo?
Nonostante io abbia sempre suonato con la band nei miei concerti, per Black Mood 2 non credo che lo farò. Per i pezzi da club con l’808, il rischio è che la batteria vera, per quanto sia bella, non riesca a riprodurre lo stesso suono. Se il brano pompa meno, poi va a discapito dell’album intero.