Interviste

A Roma c’è “Nebula”, l’installazione con il suono di Giorgio Moroder: «E vi porterò più lontano di Elon Musk»

Arriva nella Capitale la VII edizione di Videocittà, il festival che indaga le frontiere più avanzate dell’audiovisivo, in programma al Gazometro dal 5 al 7 luglio con tantissimi artisti, oltre al Maestro Giorgio

Autore Tommaso Toma
  • Il3 Luglio 2024
A Roma c’è “Nebula”, l’installazione con il suono di Giorgio Moroder: «E vi porterò più lontano di Elon Musk»

Giorgio Moroder, foto di Matteo Montaldo

Prendete un luogo davvero magico come il complesso del Gazometro, una leggenda della musica elettronica e dance come Giorgio Moroder e un’installazione dei Quiet Ensemble con 400.000 punti luce: come dire di no a una visita a questo site specific project dal nome Nebula che rientra nel programma del sempre interessante cartellone di Videocittà ideato da Francesco Rutelli, con la direzione creativa di Francesco Dobrovich?

Nebula verrà accesa il 5 luglio, giorno di apertura del festival, alla presenza di Giorgio Moroder e dei Quiet Ensemble. E sarà visitabile in tutti e tre i giorni del festival dalle 22 alle 3 di notte. Anticipa l’accensione uno speech di Andrea Moccia (fondatore di Geopop). A seguire alle 19.30, il pubblico del festival potrà seguire l’incontro fra Giorgio Moroder, Quiet Ensemble e Francesco Dobrovich, curato da Nicolas Ballario per scoprire la genesi, il processo creativo, la tecnologia utilizzata e tutti i dietro le quinte relativi all’opera.

Il progetto, una spettacolare esperienza audiovisiva

Giorgio Moroder al Gazometro, foto di Guido Gazzilli

Nebula investirà il cilindro metallico più grande del complesso del Gazometro, monumento simbolo del quartiere Ostiense e della Roma contemporanea. Trasformandolo in un suggestivo spazio di osservazione intergalattica. Una spettacolare esperienza audiovisiva immersiva in grado di ricreare una costellazione fittissima che avvolgerà il pubblico completamente da ogni direzione, rendendo il Gazometro una sorta di telescopio che si innalza verso il firmamento, tracciando un collegamento tra cielo a terra, portando una porzione di cielo all’interno del cilindro.

L’idea dei Quiet Ensemble – una delle più brillanti eccellenze italiane della creazione digitale immersiva contemporanea, ospiti frequenti dei più importanti festival internazionali come Noor Riyadh, Sonar, Signal e abituati a creare installazioni che incrociano arte, scienza e natura, uniche per atmosfere e scala – è quella di ricreare il percorso che un viaggiatore spaziale potrebbe seguire partendo dalla crosta terrestre fino allo spazio. Proiettori laser faranno brillare un’infinità di cavi d’acciaio e le microparticelle di polvere che si alzano dal terreno, ricreando così una vera e propria nebulosa, immensa composizione di gas e polveri cosmiche. 

Il fittissimo programma, dagli Overmono a Venerus

Oltre a Giorgio Moroder, a Nebula ci saranno i live AV del duo gallese Overmono, dell’eclettico Tommy Cash, Caterina Barbieri & MFO, Venerus, BLUEM, Thru Collected. La videoarte di Sahej Rahal e Bjørn Melhus, un evento speciale su Guglielmo Marconi nei 150 anni dalla sua nascita, condotto dal Prof. Vincenzo Schettini e molto altro ancora.

L’intervista a Giorgio Moroder per “Nebula”

Invidiamo la sua voglia di mettersi in gioco, cosa l’ha spinta a collaborare con i Quiet Ensemble?
Ma io ho sempre voluto fare qualcosa di nuovo! Però l’idea di lavorare dentro il complesso del Gazometro mi è piaciuta sin dalla prima volta che l’ho visto, è quasi come entrare in una cattedrale, un luogo bellissimo. Da lì sei quasi obbligato a guardare verso l’alto. I ragazzi mi hanno raccontato come funziona Nebula, e mi è piaciuta l’idea del viaggio interstellare. Mi è venuto un po’ in mente Elon Musk col suo desiderio di andare su Marte. Di sicuro lui a Marte ci arriverà, noi invece, con la mia musica e con questo spettacolo, superiamo Marte, in direzione Andromeda e chissà dove. Adesso peraltro sto realizzando un vinile di 35 minuti con la musica ispirata all’installazione, ma ci vorrà tempo per l’uscita ufficiale!

Ci sono canzoni o progetti dei quali è un poco deluso?
Di canzoni che non hanno funzionato ce ne sono moltissime. Per esempio Cat People, la canzone che incisi con David Bowie. Mi piaceva molto, però il film andò malissimo come la macchina della promozione. Diciamo che avrebbe avuto tutte le carte in regola per diventare un successo enorme.

Cosa le piace della musica italiana di oggi?
Seguo molto quello che succede, soprattutto la scena rap, trap. Mi intriga Sfera Ebbasta e mi colpisce rispetto al rap o alla trap americana, l’uso della melodia.

A proposito di melodie, possiamo parlare di suo italian touch nella dance?
Beh solo italiano (ride, ndr). Ascoltavo musica italiana fino a quando partii dall’Italia, avevo 19 anni, anche se avevo una profonda attrazione per le canzoni inglese e americane visto che ascoltavo sempre Radio Luxembourg. Poi girando l’Europa appresi molto anche delle nuove tendenze e come sai ho lavorato tanto a Los Angeles.

Avendo al mio fianco una artista come Donna Summer, l’influenza musicale diventò sempre più americana. Quindi le mie composizioni senza alcun dubbio hanno un italian touch ma credo anche che senza quell’international touch non avrebbe funzionato praticamente in tutto il mondo! Una cosa è certa, quando io iniziai a fare disco music, in Italia non c’era praticamente una scena. Direi che l’ho aperta io con le mie produzioni e solo dopo sono nati dei grandi pezzi disco, anche in Italia.

Quali sono i brani che lei ha composto che l’hanno reso più orgoglioso?
Take My Breath Away con i Berlin, mi sembra perché sia il più completo. A proposito di quello che dicevo prima, questo è un brano che ha nella melodia una certa influenza italiana. Anche delle  canzoni per Flashdance vado orgoglioso anche perché quelle canzoni aiutarono molto il film.  Come non menzionare I Feel Love. Continuo ancora oggi a sentire un sacco di remix e remake ma onestamente l’originale a me sembra ancora il migliore.

I Feel Love rivoluzionò il modo di fare musica non solo dance ma in generale da quel momento tutto fu diverso…
All’inizio sia la casa discografica che io stesso non eravamo ottimisti su I Feel Love. Però sentivo dentro di me che era qualcosa di innovativo e infatti quando sentii per la prima volta il pezzo allo Studio 54 vidi il dancefloor impazzire. La cosa ancor più bella poi fu il successo commerciale e quella bella cosa detta Brian Eno all’epoca a David Bowie, mentre stavano incidendo a Berlino ed erano alla ricerca di un sound innovativo, a un certo punto infatti Brian affermò: “Caro David possiamo smettere di cercare i suoni perché Giorgio Moroder lo ha già trovato”.

Qual è stato il momento in cui si è reso conto del suo talento?
Quando entrò in classifica e in tante altre parti del mondo Love To Love You Baby. Fino ad allora mi ero tolto qualche soddisfazione in Italia e in Germania.

Hollywood l’accolse presto e la celebrò con gli Oscar, però lei è un compositore un po’ sui generis, diciamo per il cinema, perché non proveniva dalla musica classica – come la maggior parte dei compositori di colonne sonore all’epoca. Forse quella libertà, il fatto di non rientrare in nessuno schema o scuola, fu l’asso nella manica?
Io non pensai, sognai all’epoca di dar vita a una colonna sonora. In effetti un po’ tutti i compositori arrivavano dagli studi accademici. Io ero reduce del successo di I Feel Love che piacque talmente tanto ad Alan Parker (il regista di Fuga di Mezzanotte del 1978, ndr) Che mi convocò e mi chiese diretto se volessi fare la colonna sonora di un suo nuovo lungometraggio. Io gli risposi: “Ma guarda io non ho mai fatto la musica per un film!”. Lui rispose immediatamente, “guarda è molto semplice, c’è una scena dove c’è il protagonista che compie una fuga. Basta che componi una musica ispirata a I Feel Love”. E The Chase mi aprì le porte del cinema hollywoodiano.

Si ricorda quando incise la sua prima composizione?
Ma certamente, anche se era veramente tanto tempo fa. Ricordo che avevo 15 anni e c’era un amico un po’ più grande in Val Gardena di me che aveva un registratore che utilizzai per incidere su sua richiesta giusto una piccola composizione. Io suonavo un po’ la chitarra e mi feci accompagnare da un paio di ragazzi che suonavano il basso e la batteria. Io sono stato veramente fortunato come compositore. Andai a Berlino dove abitava una mia zia e qui nel giro di poco tempo ebbi la mia prima occasione di fare un pezzo che divenne un successo abbastanza grande anche se non era niente di spettacolare.

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