Giorgio Poi, Schegge di un discorso amoroso
Esce il nuovo album ed è una grande gioia ritrovare questo raffinato e sensibile autore italiano che sa tradurre in canzoni pop e ballate crepuscolari il proprio caleidoscopico mondo interiore

Giorgio Poi, foto di Ilaria Magliocchetti Lombi
Milano Porta Nuova, è una giornata di sole tiepido nel bel mezzo di un lungo ponte primaverile, i turisti non lontani dall’hotel dove incontriamo Giorgio Poi a mezzogiorno, sono quasi pronti a fermare la loro processione, con sedute improvvisate ai piedi di statue per azzannare dello street food italico o occupando gli stretti spazi esterni dei bar. Anche noi due siamo in un dehors, a ridosso di un incrocio, ma se non fosse per lo sferragliare dei pochi tram di passaggio non ci saremmo accorti di essere qui. Già, perché la conversazione s’accende subito, entrando nella sfera delle passioni senza tempo: «Ma lo sai che una delle prime band per le quali sono impazzito erano i Pixies?», mi rivela Giorgio Poi mentre stavamo accennando al fatto di quanto sia bello avere pronto il proprio album anche in un formato come il vinile.
Schegge esce come tradizione per Bomba Dischi (distribuzione Sony Music), ed è un gran bel disco di raffinato pop, come potevamo aspettarci da questo autore che ha lasciato di recente il suo “tocco” nella bella Nottetempo per il nuovo disco di Franco126. Giorgio Poi conferma la sua penna ispirata anche nelle liriche, che indugiano spesso sulle relazioni amorose e che prendono forma musicale in ballate crepuscolari e malinconiche. Schegge è alla fine un viaggio verso l’interiore: “Mi piace sentirmi esploso, sprigionato, sparato via insieme a tutto e a tutti, una scheggia fra altre infinite schegge” in prima persona ha scritto Giorgio e in calce alla presentazione del disco. Ed è da qui che abbiamo cominciato la nostra serrata conversazione.
Foto: Ilaria Magliocchetti Lombi
Ass: Francesco Maria Pepe
L’intervista a Giorgio Poi
Evidentemente la “gommapiuma” non è servita ad evitare l’impatto con le schegge…
No, non è stata sufficiente, mi sono ritrovato tra le mani questi frammenti della mia vita e ho dovuto farci i conti. Questo album è alla fine una sorta di resa dei conti con quello che ho vissuto in questi anni e sono poi tanti che manco con un disco (Gommapiuma era uscito nel dicembre 2021, ndr).
Il disco ha preso forma a Roma, come hai interagito con la città?
Diciamo che invece di lavorare facevo delle lunghe passeggiate soprattutto in zona Lungotevere con le cuffiette (ride, ndr)! Si è creato questo rapporto “silenzioso” con la città, voglio dire, ero nel mio mondo, con i miei auricolari, ma alla fine intimamente connesso con gli scorci, il paesaggio, la luce dei luoghi.
E cosa ascoltavi, se posso sapere?
Ecco, in realtà lavoravo anche, mentre passeggiavo, perché ascoltavo le mie canzoni che spesso erano ancora delle bozze, degli sketch. Ma poi anche tanta altra musica, soprattutto strumentale, molte colonne sonore. Adesso mi vengono in mente Ennio Morricone o Georges Delerue. Oppure anche della ambient o del jazz. In questi anni non ho avuto molto bisogno delle parole, ho anche letto meno libri e visto meno film. Avevo bisogno di stare “dentro di me”.
Il tuo amore per il jazz, riemerge in questo album negli accordi iniziali di Tutta la terra finisce in mare.
Verissimo, è una sorta di intro un po’ fusion che esce totalmente dal linguaggio utilizzato da questo disco.
Sembrano note cosmiche, uscite dal mondo di Alice Coltrane, Lonnie Liston Smith, Pharoah Sanders. Magari un giorno ci stupisci e farai un disco così.
Bei nomi…Chissà!
Nelle prime tracce dell’album ritrovo quella freschezza pop che sai scrivere con il tuo tocco sempre elegante. A proposito di Laurent Brancowitz che ha amichevolmente lavorato al tuo Schegge, ci sento i suoni che appartenevano una volta ai Phoenix, mi vengono in mente loro lavori come It’s never been like that o Alphabetical.
Beh, io sono loro fan da sempre! Li ho sempre ascoltati e certamente ci sono dei punti di contatto con loro. Peraltro ieri – solo ieri, te lo giuro – ho scoperto una cosa che non a cui non avevo fatto caso, che anche nei loro dischi la title track è una traccia strumentale. Mi sono sì affidato ai consigli di Branco, perché ho davvero grande ammirazione per la sua sensibilità musicale.
Spiegami meglio il vostro rapporto.
Quando lui sente qualche cosa di mio, ho la netta impressione Branco riesca davvero a entrarci dentro e non ha l’imbarazzo a dirmi se una cosa non funziona per lui e che non la capisca al primo ascolto… insomma, è molto sincero e questo è importante per me.
La sincerità ti aiuta a non perdere tempo…
Esatto! So che posso fidarmi della sua sensibilità, che sa entrare come ti dicevo nel dettaglio di una canzone. Sai, io a volte tendo a complicare le cose e lui a volte sa sbrogliare le mie complessità. Ho compreso che talvolta va bene tirare la corda, giocare anche con la disponibilità e la pazienza di chi ti sta ascoltando, però deve succedere senza esagerare, perché io stesso sono una persona che si sente a suo agio quando mi sento “accolto” da qualcosa che sto ascoltando. So che la chiave emotiva devo crearla io e offrire a chi mi ascolta.
È interessante e in parte stupefacente, che tu mi parli di questa cosa, perché è innegabile che tu abbia un’ottima sensibilità pop, non solo con la produzione del tuo materiale ma anche con le canzoni create per altri artisti.
Io sono profondamente affascinato dal pop. Mi piace ascoltare una bella canzone che sia semplice chiara e efficace. Trovo che sia un’arte e so che è difficile realizzarla quanto scrivere una sinfonia.
Schegge è un disco che al primo ascolto ha quasi due anime musicali, una più pop e l’altra più introspettiva, melanconica. È come se seguisse lo scorrere temporale di una giornata, partendo da un sound solare per poi scendere verso il tramonto. Questa è l’immagine che mi sono creato ascoltando il disco nella sua interezza.
In un certo senso quello che dici ci sta. Ma è anche vero che questa sensazione è stata in parte “costruita” dalla scelta della successione dei brani, una volta finito il disco, oddio, non è stata una cosa iper ragionata…
Immagino, non voglio tirar fuori l’idea di un concept album.
Esatto perché la decisione della scaletta è stata alla fine molto istintiva. È anche vero che alla fine del disco si percepisce una certa quiete, una certa calma finale.
Quasi da album anni ’70 tra prog e cantautorato.
Prima ti dicevo che sono molto attratto dalla ambient music, dalla musica molto eterea. Penso a Brian Eno o Aphex Twin quando parliamo di calma e un altro autore che ho ascoltato in questo periodo sono stati i compositori giapponese Hiroshi Yoshimura e Isao Tomita. A proposito di Aphex Twin, io penso che oggi stia di nuovo prendendo una certa funzione di guida per le nuove generazioni, non che l’abbia mai perso il suo fascino ma ho questa impressione…
Veniamo brevemente ai testi. Sono rimasto deliziato dal fatto che sei il primo autore musicale a infilare nel testo la parola: alchermes, che è un antico liquore toscano di colore rosso usato soprattutto per i dolci. Anche se poi lo associ per ragioni di rima alla parola herpes…
(Sorride, ndr) L’ho scoperto mangiando la zuppa inglese durante la mia vita a Bologna!
Scherzi a parte, a volte tiri delle belle “sentenze” con i tuoi testi come accade in pop Le jeux sont fait: “I musicisti sono morti di fame o morti di acufene”. Però!
Io esprimo quello che penso, però non c’è mai l’idea della sentenza, non mi reputo una persona particolarmente giudicante, severa.
Te l’ho chiesto di proposito, perché non hai mai manifestato nel passato le velleità del cantautore portatore di messaggi da diffondere al popolo.
In effetti non penso di avere nessuna verità da consegnare al mondo, non credo affatto di averla. Ripeto, semplicemente esprimo quello che penso e anche quello che vivo, e quella frase è frutto della mia esperienza, perché comunque fare il musicista non è una passeggiata, cioè se si cerca di passare dalla cruna dell’ago per arrivare ad avere un certo successo è richiesto un certo grado di determinazione e potresti anche soffrire o “morire” di fame, per raggiungerlo. E poi una volta che hai anche raggiunto una certa notorietà e fai tanti concerti, può anche capitare che, stando sempre con gli amplificatori o le cuffie al massimo, ti venga fuori l’acufene. Quindi quello che sembra una sentenza è invece un modo per anche per raccontare la mia esperienza.
Ma alla fine l’hai conosciuta Natalie Portman (la regista del video di Haute Saison di Rob & Jack Lahana, con i quali ha collaborato Giorgio Poi, ndr)?
Ah no! Non l’ho mai incontrata. Però ci siamo scambiati brevissimamente dei messaggi su Instagram…
Alla fine presenti questo album prima all’estero e poi in alcuni festival. Un modo curioso di testare l’effetto del disco nuovo.
Ma anche un poco alternativo no? Per esempio nei festival ci saranno tra il pubblico certamente persone che non mi seguono e così capirò che effetto faranno su di loro le mie nuove canzoni. Comunque, la ragione di aver scelto di portare Schegge nei festival è anche una conseguenza del periodo in cui il disco viene fuori. Suonare in estate nei club o nei palazzetti non avrebbe molto senso, meglio inserirsi in un bel contesto di un festival estivo. Mentre suonare nei club all’estero anche nel mese di maggio è una cosa normale. Poi arriverà il momento di pensare a un tour invernale… Ma con calma.
Giorgio Poi presenterà il disco dal vivo con un tour europeo che partirà il 9 maggio da Berlino e toccherà Bruxelles l’11, Parigi il 12 e Londra il 13 maggio.
Seguirà un tour italiano attraverso alcuni festival:
24 maggio MI AMI, Milano
6 giugno WØM Festival, Lucca
13 giugno Forte Antenne, Roma (SOLD OUT)
14 giugno Dlen Dlen Festival, Arsita (TE)
15 giugno Parco Maria Carolina, Caserta
22 giugno Apolide Festival, Ivrea (TO)
4 luglio Arti Vive, Soliera (MO)
9 luglio Men/Go Music Fest, Arezzo
18 luglio Sa Rock, Sarroch (CA)
24 luglio SEI Festival, Corigliano d’Otranto
1° agosto Summer Nite Love Festival, Mogliano Veneto (TV)
23 agosto NUoVO Festival, Cuneo
12 settembre, Spring Attitude Festival, Roma
13 settembre GoGoBo, Bologna