Giorgio Vanni non ha mai rinunciato al suo animo bambino: l’intervista
Il re delle sigle degli anime pubblicherà l’1 novembre la nuova raccolta, “Uno di Noi”, dedicata ai suoi fan che lo hanno sempre fatto sentire “uno di loro”
“Quando sento dire che i ragazzi di questa generazione sono poco curiosi e motivati mi cascano le braccia. Spesso questi commenti provengono da quegli adulti che non hanno fatto i conti con il proprio io bambino”. Chiacchierando con Giorgio Vanni, si ha l’impressione di parlare con uno zio. Quello cool, per intenderci, che cerca di creare un ponte tra le generazioni e predilige il dialogo rispetto al giudizio. E che ha quasi sempre il consiglio giusto e non ti fa pesare le mancanze legate alla inadempienze della travagliata fase adolescenziale. Ecco, auguro a tutti i ragazzi di trovare un amico adulto come lui. Nonostante la nostra intervista sia durata poco più di mezz’ora, Giorgio Vanni mi ha fatto entrare nel suo mondo con dolcezza, garbo e rispetto. Ma anche con l’energia di chi a sessantuno anni ha ancora molto da dire e da offrire al proprio pubblico.
“Per noi non sono delle sigle. Ci ritroviamo in studio con Max, io prendo la chitarra, lui si siede al piano, e iniziamo a ipotizzare delle melodie.” Questa è la formula del successo di Giorgio Vanni, il re indiscusso delle sigle di anime di in Italia. Far sembrare semplice un lavoro estremamente complesso e delicato. Mettere d’accordo i fan accaniti dei cartoni animati più amati. “Noi pensiamo solo a scrivere delle canzoni.” Fan che si sono indissolubilmente affezionati alla sua figura, che con la sua voce ha accompagnato la crescita di migliaia di ragazzi. Lui deve tanto a loro, almeno quanto loro devono a lui. Ed è anche per questo che nel corso di questa intervista Giorgio Vanni continua ad omaggiare la sua parte più bambina, che ha conservato e accudito durante tutti questi anni.
“Penso che sia fondamentale preservare la parte bambinesca che c’è in ognuno di noi. Riconoscerla ed alimentarla potrebbe essere il segreto per ritrovarsi ormai adulti e avere ancora l’energia dei primi giorni, sognare ed essere curiosi.” Seppur non esista ancora il segreto per non invecchiare, quello di Giorgio Vanni è sicuramente un metodo per invecchiare meglio. Questa sensibilità e apertura verso le nuove generazioni è anche sintomo di una ricerca musicale che va dal blues al rock, fino ad arrivare all’hip hop. “Sono un amante della musica black, dal soul di Marvin Gaye fino all’afrobeat di Tems”, ci racconta. Vanni freme inoltre per la sua prossima esibizione al Lucca Comics, la fiera internazionale del fumetto che si tiene ogni anno a Lucca tra ottobre e novembre. L’artista salirà sul Main Stage l’1 novembre alle 21.00
In questa intervista con Giorgio Vanni abbiamo parlato di cartoni animati, sigle, musica, il rapporto con i giovani e della sua nuova raccolta, in uscita l’1 novembre edita da Sony, Uno di Noi, dedicata ai suoi fan che lo hanno sempre fatto sentire ‘uno di loro’.
L’intervista a Giorgio Vanni
Prima di tutto, come sei arrivato a fare le sigle dei cartoni animati?
È successo tutto grazie alla collaborazione con Max Longhi, che agli inizi era chiamato l’Ammiraglio, e che è il co-produttore e co-compositore delle sigle che ho fatto fino ad oggi. Io ero invece il Capitano. Questi soprannomi provenivano dai personaggi di One Piece, una delle primissime sigle di anime prodotte da noi. Da lì è partito tutto, soprattutto con Max che, prima di iniziare a collaborare con me, aveva già arrangiato altre sigle di cartoni animati. È stato Piero Cassano, uno storico produttore italiano, a coinvolgerci; mi ricordo che nel 1998 abbiamo prodotto la mia prima sigla di Superman, e da allora siamo andati avanti con decine di progetti.
Cosa ti ha spinto a pubblicare questa raccolta e il nuovo singolo proprio adesso?
I motivi sono due. Innanzitutto, c’è stato l’invito di Sony Music, nella figura di Giorgio Zampollo, che ci ha proposto di creare un catalogo con una raccolta in CD e vinile. E poi c’era già da tempo questo inedito, Uno di noi, che avevo nel cassetto dal 2015-2016, ma per vari motivi, tra cui il Covid, non avevo mai trovato l’occasione giusta per pubblicarlo. È un brano molto importante perché parla del legame unico che si è creato con il nostro pubblico, un rapporto di energia e affetto che loro ci dimostrano sempre.
In occasione della presentazione del disco hai detto: “La vera ricchezza risiede nel ritrovarsi adulti con ancora nel cuore l’entusiasmo di un bambino.” Ci stai dicendo che il segreto per non invecchiare mai è fare le sigle dei cartoni animati?
Penso che sia fondamentale preservare la parte bambinesca che c’è in ognuno di noi. Riconoscerla ed alimentarla potrebbe essere il segreto per ritrovarsi ormai adulti e avere ancora l’energia dei primi giorni, sognare ed essere curiosi. Non si può evitare di invecchiare e questo non lo scopriamo certo noi. Ma probabilmente dare spazio alla nostra parte bambinesca ci fa invecchiare meglio.
C’è ancora uno stigma attorno a questo genere?
Mi è capitato di ascoltare sessantenni che dicevano di ‘vergognarsi’ di dire in pubblico che sono miei fan. È come se fossero costretti a reprimere la propria parte bambina, perché socialmente da molti non è accettato che una persona adulta, fatta e formata, sia ancora innamorato delle sigle dei cartoni animati. Penso al contrario che sia importantissimo continuare a coltivare le nostre passioni senza alcun timore.
Come sono cambiati, secondo te, i gusti dei ragazzi dagli inizi della tua carriera, negli anni ’90, fino ad oggi, sia per le sigle che per i cartoni?
I ragazzi a mio modo di vedere sono regrediti nei gusti musicali, ma non intendo in maniera negativa. Penso che la musica trasmessa oggi sui canali tradizionali, come radio e tv, sia piuttosto monotona e noisoa. I ragazzi se ne sono accorti. Forse è per questo motivo che tornano a scoprire la musica di ieri. Moltissimi giovani sono super di Fabrizio De Andrè, ad esempio, oppure ascoltano il rock classico degli anni ‘60 e ‘70 come Beatles e Led Zeppelin. Comunque, penso che in questo periodo ci sia molta musica buona in giro, io sono molto fan della musica black, quindi apprezzo molti rapper e trapper di oggi.
Quando però sento dire che i ragazzi di questa generazione sono poco curiosi e motivati mi cascano le braccia. Trovo che questo sia un pregiudizio di una noia mortale, anche perché tutte le nuove generazioni sono state inizialmente viste con scetticismo da quelle precedenti. Spesso questi commenti provengono da quegli adulti che non hanno fatto i conti con il proprio io bambino.
E invece com’è cambiata la produzione dei cartoni animati in questi anni?
Oggi sicuramente ci sono delle cose fighissime in giro. Viene utilizzato un livello di tecnologia impensabile fino a 10/15 anni fa. Paradossalmente però la tecnologia portata proprio all’estremo effettivamente può togliere un po’ di anima agli anime. Poi io sono un nerd micidiale di fantascienza, le innovazioni mi gasano sempre. Ecco però rispetto a uno Star Trek, non so di 15-20 anni fa, forse c’è un po’ meno pathos. La fantascienza mi porta in un’altra dimensione, io sento spesso l’esigenza di fuggire dalla realtà di tutti i giorni. Ci possono anche essere delle grandi alle sceneggiature, ma la spasmodica voglia di utilizzare a tutti i costi la tecnologia proprio al massimo toglie un pochino di calore al prodotto.
Come ti spieghi l’affetto del tuo pubblico?
Ho avuto la fortuna di visitare questo paese in lungo e in largo, suonando nei posti più disparati. Ahimè, ciò che noto è una divisione incredibile tra le comunità non solo a livello regionale, ma tra paese e paese. È sicuramente un problema politico. Quello che però ancora mi stupisce e mi meraviglia, ed è la cosa di cui vado maggiormente orgoglioso, è che le sigle dei cartoni riescono ad unire tutti.
La tradizione degli anime proviene dalla cultura artistica orientale. Come si lavora alla trasposizione delle sigle a scopo della fruizione di un pubblico occidentale?
Sinceramente, non pensiamo a questo fattore. Noi guardiamo il cartone originale, studiamo la sinossi e i personaggi. Poi io prendo la chitarra, Max è al piano e ci mettiamo a scrivere delle canzoni. Non abbiamo nella testa la preoccupazione di dover scrivere una sigla. Abbiamo la massima libertà creativa e questo è un nostro punto di forza. Poi, senza presunzione, alcune delle nostre canzoni superano il successo delle sigle originali. E a volte anche del cartone stesso.
Qual è la tua sigla preferita?
Ogni scarrafone è bello a mamma sua. È quasi impossibile scegliere. Anche se in questo periodo mi piace particolarmente suonare dal vivo My hero Accademia, e Oltre i cieli dell’avventura. Gundam è una figata. La verità è che non ero solito scrivere i testi delle canzoni. Spesso l’idea iniziale partiva da Alessandra (Valeri Manera, scomparsa lo scorso giugno, ndr) a cui devo moltissimo. La frase iniziale della sigla di Oltre i cieli dell’avventura è “La libertà è un avventura che non finisce mai”. Penso che sia una frase meravigliosa, che spesso mi capita di vedere tatuata sulle braccia dei ragazzi. Quando vedo ciò mi commuovo e dico tra me e me ‘dai qualcosa di buono l’abbiamo fatto’.
Quali sono i tuoi ascolti musicali?
Sono un grande appassionato di musica black. Dal jazz, al soul, al raggae fino all’hip-hop. Ma anche RnB, Afro-house. Band come i Temps, Thaila, Gideon. Non disdegno il rock assolutamente, ma il mio ‘artista’ bianco preferito è Sting, che ha profonde radici nella cultura black. Sono incantato dalla potenza delle grandi voci, come quella di Freddie Mercury, o ad esempio quella di Sam Smith, Adele, Amy Winehouse. In ogni caso i mio idolo di sempre sono Marvin Gaye e Bob Marley. Se dovessi scegliere di ascoltare un solo artista per il resto della mia vita sarebbe lui. Un’altra artista con cui mi piacerebbe collaborare, oltre i grandissimi che ti ho già citato, è Tems, la straordinaria cantante nigeriana.
E in italia?
Uno dei miei riferimenti italiani è senza dubbio Pino Daniele. Mi piacerebbe inoltre fare un duetto con Nek, ritrovo alcune somiglianze tra noi.
Ti senti una star?
La verità è che mi ci fanno sentire star. La mia natura empatica mi porta a essere sempre disponibile con i miei fan. Quando salgo sul palco sento che c’è un’energia potentissima e in quei momenti mi sento davvero invincibile. Se sono una star è solo grazie a loro.