Il Godai Fest approda a Milano: l’intervista a Rodrigo D’Erasmo
Il festival che unisce la musica alle arti performative e visive si terrà il 20 e il 21 settembre negli spazi del Parco Ex Paolo Pini

Gli organizzatori di Godai Fest: Rodrigo D'Erasmo è il secondo da destra (foto di Simone Cecchetti)
Da un’idea di Rodrigo D’Erasmo (direttore artistico e polistrumentista, celebre per il suo lavoro con gli Afterhours), Daniele Tortora, (produttore e discografico) e Cristiano Carotti (artista e regista) nasce il Godai Fest. Il festival unisce la musica alle arti performative e visive. Per la prima volta l’edizione si terrà a Milano negli spazi del Parco Ex Paolo Pini sabato 20 e domenica 21 settembre.
Il Godai Fest a Milano
L’obiettivo delle giornate è quello di ampliare i diversi linguaggi multidisciplinari toccando temi come la sostenibilità, la natura e l’antropocentrismo. La manifestazione si terrà a Milano in collaborazione con l’Associazione Olinda e The Goodness Factory per portare una nuova proposta culturale nella periferia urbana. Il festival fa parte di Milano è Viva, il programma che porterà musica, teatro, laboratori, incontri e molto altro nei vari Municipi della città.
I quattro elementi più uno
Il festival si ispira ai quattro elementi: fuoco, terra, aria e acqua. A questi si aggiunge anche il principio del vuoto, tratto dalla filosofia orientale. Ogni curatore rappresenterà un elemento specifico nel proprio spazio artistico.
Per il fuoco la curatrice sarà l’attrice e regista Isabella Ragonese, per la terra il rapper e cantautore Rancore, per l’aria la musicista elettronica e produttrice Daniela Pes, per l’acqua il cantautore Giovanni Truppi, infine per il vuoto il curatore sarà il regista e performer Filippo Timi. «Racconterà il vuoto attraverso due suoi spettacoli molto estremi e provocatori per certi versi che sono quelli che lui ha sentito giusti per colmare questo vuoto», anticipa Rodrigo D’Erasmo.
L’intervista a Rodrigo D’Erasmo, direttore artistico del Godai Fest
Come nasce l’idea del Godai Fest e l’ispirazione ai quattro elementi naturali e al vuoto?
L’idea nasce qualche anno fa dal mio viaggio in Giappone e da un grande innamoramento per la cultura e la filosofia giapponese. Nella filosofia orientale, buddista e giapponese prevedono la presenza di questo quinto elemento che nel loro caso è il vuoto. È un elemento molto interessante visto da loro come un’energia creativa molto positiva. Noi abbiamo il terrore del vuoto da un certo punto di vista, quindi mi piaceva sviluppare questo concetto e farlo sviluppare a sua volta.
In che modo?
La formula del festival, un pochino inusuale e penso abbastanza originale, è quella che io e gli altri due direttori artistici Daniele Tortora e Cristaino Carotti coinvolgimo cinque curatori e curatrici, ognuno dei quali si occupa di ciascun elemento. Viene chiesto loro di fare una curatela proprio come si fa nelle arti visive, soprattutto nell’arte museale. Nel nostro ambito affidare una curatela artistica all’interno di un festival e la gestione di un elemento è una cosa abbastanza irrituale. Infatti è molto stimolante.
Gli artisti che vengono coinvolti nell’edizione del Godai hanno subito apprezzato il fare una cosa un po’ diversa dal solito. Quindi non essere chiamati a performare necessariamente, ma di raccontare attraverso anche altri artisti che loro coinvolgono la loro idea rispetto a questo elemento.
Qual è il nesso tra gli elementi e le arti?
Il nesso è quello che ognuno dei curatori decide di vedere e di raccontare al pubblico. Per quanto riguarda le arti visive la parte di curatela è gestita da Cristiano Carotti che è artista per l’appunto e, a sua volta, ha coinvolto tanti artisti. A loro ha chiesto di occuparsi degli altri elementi da un punto di vista visivo. Quindi il parco dove si svolgerà il festival diventerà anche un vero e proprio parco d’arte.
Raccontaci meglio.
Sarà aperto entrambi i giorni del festival a partire dalle 12 e sarà visitabile come parco d’arte ancora prima che inizino le performance, che cominceranno dalle 16. Tutto il giorno il parco sarà visitabile e ci sarà una mappa con le installazioni che sono state o che saranno posizionate all’interno del parco, quindi sarà interessante fare questo viaggio all’interno degli elementi e delle arti visive alla scoperta del Godai.
Da quale elemento ti senti rappresentato?
Sicuramente mi sento stimolato, provocato e incuriosito dal vuoto proprio perché è un tempo di pieni in cui siamo terrorizzati. L’horror vacui è forse uno dei più grandi mali di questo tempo o la cosiddetta FOMO tendono a terrorizzare l’essere umano di oggi: il fatto di sentirsi immerso o di avere la percezione di sprofondare in un vuoto esistenziale o professionale o sociale. Invece a me piace molto l’idea di indagarlo e di provare a prenderci confidenza, avere un dialogo con il vuoto e da lì cercare di avere nuove risposte.
Sia da un punto di vista personale, sia di senso di come siamo come esseri umani, sia dal punto di vista artistico di quello che facciamo. Pensare di fare musica o di fare arte mentre intorno c’è l’orrore è piuttosto complesso. È difficile pensare di mettere su un festival e occuparsi di arti e di elementi mentre intorno accade tutto quello che accade è terrificante, ma dà anche un senso a quello che facciamo alla ricerca della bellezza e al tentativo di condividerla con gli altri, non per girarsi dall’altra parte, ma per contrastare l’orrore.
Il vuoto è da combattere o da abbracciare?
Prima è da comprendere per poi eventualmente combatterlo quando diventa un nemico. Non credo che sia sempre un nemico. Penso sia un lato inevitabile e presente nella vita e negli animi di tutti gli esseri umani quindi va compreso, va indagato. Altrimenti, se si tenta di combatterlo senza capirlo si rischia di venire inghiottiti.
Che tipo di esperienza vorresti offrire al pubblico?
Mi auguro che chi viene al Godai rimanga sorpreso e si porti a casa qualcosa di diverso, di nuovo e di stimolante. Sicuramente proviamo a rendere il festival un terreno di creatività, di stimolo e provocazione nel senso si suscitare delle reazioni, delle emozioni il più varie e auspicabilmente nuove possibili. Quello di cui sono certo è che la proposta è talmente varia e talmente alta che senz’altro sarà l’occasione per tanti di tornare a casa con una nuova scintilla o negli occhi o nel cuore che è un po’ quello che succede a noi che organizziamo il festival.
Che significato ha per te il Godai Fest?
Il Godai è un grandissimo stimolo anche per me. Affidando buona parte della direzione artistica e della curatela ad altri artisti che stimo e con cui mi relaziono per costruire la line up, a loro volta mi raccontano di tante loro scelte o di spettacoli che sono interessanti anche per me. Anche io sono curioso di vedere molti spettacoli. Il Godai per me è una scoperta.
Spiegaci meglio.
È un playground, un parco giochi di libertà ed è quello che mi auguro sia per tutti quelli che vorranno condividerlo con noi. Quello che li invito a fare è di avere la mente, la predisposizione e gli occhi più bambini possibili, più aperti, liberi e curiosi. Alla fine è anche il modo migliore di fornire questa esperienza che sarà innanzitutto visiva con opere per il parco e performance talmente varie e di discipline artistiche differenti che spero sia un inno alla libertà di espressione.
Anche tu parteciperai al palinsesto delle arti performative. Puoi anticiparci qualcosa?
Si qualcosina farò. Mi riprometto di restare super partes, ma alla fine i curatori mi coinvolgono e sul palco ci salgo. Ci sarà lo spettacolo di e con Filippo Timi, me e Mario Conte ispirato a Pasolini che si chiama “Scopate sentimentali” sabato sera. La domenica faremo invece un piccolo estratto del “Dominio della luce” che è il mio ultimo lavoro fatto con Roberto Angelini quest’anno. Sarà l’occasione per concludere il Godai e di coinvolgere tutti i curatori in una maniera un po’ speciale e particolare che però adesso non ti svelo.