Che bello non essere conservatori: intervista a Elio e le Storie Tese
Con ironia e intelligenza Elio e le Storie Tese hanno saputo unire diversi generi e divertire intere generazioni. Ora la band ha deciso di sciogliersi e di salutare il proprio pubblico. Ma questa volta non c’è nessuno scherzo: è tutto vero
Trentotto anni di una carriera che ha raccontato il nostro Paese, tra punti di forza e meschinità. Elio e le Storie Tese sono senza dubbio la band più eclettica che l’Italia ha ospitato negli ultimi decenni. Per accorgersene basta riguardarsi le loro numerose esibizioni live. Sul palco del Festival di Sanremo, ad esempio, quando si sono travestiti da Kiss. O quando – con tanto di teste “rasate” colorate d’argento – si sono presentati sotto forma di alieni. Insomma: la presenza scenica del gruppo di Elio (all’anagrafe Stefano Belisari) si è sempre fatta sentire. Con ironia e intelligenza la band ha saputo unire diversi generi e ha divertito intere generazioni. Ora, dopo la partecipazione all’ultimo Festival di Sanremo con Arrivedorci, Elio e le Storie Tese hanno deciso di sciogliersi e di salutare il proprio pubblico. Ma questa volta non c’è nessuno scherzo: è tutto vero.
Il sottotitolo del vostro tour d’addio è «La band anticipatamente ringrazia». Per cosa vi sentite in dovere di ringraziare, se pensate a questi anni di carriera?
[Elio] Ringraziamo tutti di averci ascoltato, di averci trasformato in personaggi celebri, di aver apprezzato le nostre canzoni. Quando abbiamo iniziato a scriverle tanti anni fa, erano quasi uno scherzo. Era la parodia di un’attività musicale. Non ci saremmo mai aspettati tutto quello che è successo in seguito. Finché ti cagano in dieci o quindici, ci può anche stare. Ma quando cominci a fare concerti in cui arrivano in centinaia o migliaia, le cose cambiano. Non abbiamo mai perso il contatto con la realtà, ma ora vogliamo fare altro.
Eppure tante persone non credono che quello in cui siete attualmente impegnati è davvero il vostro ultimo tour. Vi dispiace?
[E] Sì, la cosa più disturbante è stata vedere come tanti stiano mettendo in dubbio la nostra scelta. Chiunque incontriamo ci dice: «Ma tanto lo sappiamo che è una finta!». Ma noi, più che dirlo e organizzare un tour di addio, cosa dobbiamo fare? Elton John ha annunciato il suo tour d’addio di tre anni e nessuno mette in dubbio la verità della sua dichiarazione. Ma poi sciogliersi non vuol dire che siamo morti. Vuol dire semplicemente che il progetto “Elio e le Storie Tese” è arrivato alla fine.
Cosa succederà dopo il 29 giugno, data del vostro ultimo concerto?
[E] Non ne abbiamo idea. Lo capiamo e poi ve lo comunicheremo. Tutto quello che abbiamo fatto in questi anni non era stato programmato in precedenza. Quando è uscito il nostro primo disco non avremmo mai potuto dire che pochi anni dopo saremmo stati a Sanremo. Eppure è successo.
Ritorniamo alla vostra carriera. Qual è stato il momento più felice di questi anni? E quello più doloroso?
[E] L’unico momento di dolore di questi trentotto anni è stato quando è morto Feiez. Stavamo suonando insieme: abbiamo capito che per un musicista quella è la morte “più bella”, “più veloce”. Resta comunque una merda: non si può morire così a trentasei anni! Tutto il resto della nostra carriera è stato bello. Abbiamo fatto tutto ciò che sogna chi intraprende una carriera creativa e artistica. Non possiamo lamentarci di niente.
Il vostro addio (come gruppo) alla musica è in qualche modo una critica verso un sistema che non riconoscete più?
[E] Più che una critica è una presa di coscienza del fatto che stiamo andando collettivamente verso un’epoca artisticamente molto povera. Noi siamo sempre stati dei “commentatori” di quello che ci circonda. Anche il nostro scioglimento è un commento a ciò che accade. Ci fa molto ridere immaginarci come rapper o esponenti di queste nuove realtà. Sarebbe bello essere influencer! In questi mesi è già nata un’idea: vogliamo lanciare Mangoni come erede di Elio e le Storie Tese! Ma non solo: siamo già pronti ad annunciare Mangoni a Campovolo nel 2021. Puoi già dare la notizia? Anche perché così abbiamo tre anni per vendere i biglietti.
Volentieri. Ascoltate la trap? Vi piace Sfera Ebbasta?
[E] Mangoni è molto più credibile sia come rapper che come youtuber/influencer. Noi siamo già vecchi perché cantiamo. Oggi cantare è out, diciamolo.
Nella vostra carriera – tramite la vostra ironia – avete fatto molta critica sociale e politica. C’è ancora bisogno di questo tipo di atteggiamento sul palco?
[E] Sì, anche perché se è fatta in questo modo viene ascoltata con meno paura. Se ti proponi come un artista che “fa critica”, non arriva. Se la vendi come una cavolata, invece funziona.
I vostri ultimi brani sono Arrivedorci e Il Circo Discutibile. Non penso che sia facile scegliere gli ultimi due singoli di una carriera. Perché proprio questi due pezzi?
[Cesareo] Volevamo abbracciare tutti quelli che in questi anni ci hanno sostenuto. Non è stato facile. Fin dal primo disco ci davano per spacciati. Arrivedorci è una canzone fatta per salutare il pubblico. Il Circo Discutibile è invece una meravigliosa canzone che avevamo scritto con Rocco Tanica: questa era l’occasione per tirare fuori un pezzo anche un po’ diverso dalla solita produzione di Elio e le Storie Tese. E anche per far riflettere: è un pezzo “serio”.
Come stanno andando questi ultimi concerti?
[C] Stanno andando molto bene. Erano tutti molto dubbiosi e critici ma invece sta andando bene. C’è molto calore. Le cose che ci piacciono di più sono l’entusiasmo e la soddisfazione di chi esce dopo tre ore di concerto, appagato e contento della scaletta. Questo è l’importante. Noi siamo sempre stati una band che ha dato il massimo dal vivo, al di là della capienza. Suoniamo nella stessa maniera davanti a cinquanta persone come davanti a diecimila. Siamo sempre molto rispettosi del pubblico.
C’è qualche aneddoto particolare che collegate alla “vita da tour”?
[C] È difficile ripercorrere la storia dei nostri concerti. Una cosa da ricordare (e che non ha mai fatto nessuno) sono i “CD Brulé”, registrati durante i concerti e venduti all’uscita subito dopo.
Voi avete intercettato intere generazioni di giovani, la maggior parte dei quali vi ha seguito anno dopo anno. Secondo voi oggi c’è una rappresentazione reale del mondo dei giovani?
[C] Molti hanno paura di queste ondate che travolgono i giovani innamorati di rap e trap. Ma per me è una fase naturale. Ti faccio un esempio: tanti anni fa la disco music era quasi vista dagli altri generi come un pericolo. Anzi, quando un artista si avvicinava alla disco music, faceva quasi scandalo. A un certo punto, però, la musica si contagia (lo stesso rock si è fatto contagiare dalla disco music, facendo poi nascere qualcosa di diverso). Elio e le Storie Tese sono l’esempio del “non-genere” musicale: noi abbiamo abbracciato tutti i generi musicali possibili. Sai qual è la verità? Che i giovani hanno voglia di stimoli continui e quando arriva qualcosa di nuovo, ci si buttano. È bello non essere conservatori.