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Corea, non solo K-Pop: le sfide della scena hip hop secondo Jay Park

Benché nato negli Stati Uniti, l’artista rivendica con orgoglio le sue radici coreane. Ed è diventato ormai un punto di riferimento per il mondo rap di Seul e dintorni

Autore Billboard IT
  • Il24 Novembre 2024
Corea, non solo K-Pop: le sfide della scena hip hop secondo Jay Park

intervista Jay Park (photo courtesy of More Vision)

Quando si parla di Jay Park, non si sta solo nominando un rapper o un cantante R&B. Si tratta di un nome che risuona nella scena musicale coreana e che ha lasciato un’impronta indelebile a livello globale. Nato a Seattle nel 1987, Jay Park ha iniziato la sua carriera come membro del gruppo K-Pop 2PM, ma ha rapidamente intrapreso un percorso solista che lo ha portato a diventare una figura di spicco nell’hip hop e nell’R&B asiatico. La sua carriera non si è limitata al canto: l’artista ha mostrato fin da giovane la sua versatilità entrando a far parte del collettivo di b-boy di Seattle Art of Movement nel 2001. Questo legame con la breakdance ha rafforzato la sua connessione con la cultura hip hop e ha contribuito a forgiare il suo stile unico come performer.

Quello che però molti non sanno è che l’artista coreano-americano non ha mai veramente deciso di diventare un rapper. Quella che era una semplice curiosità, ispirata da giganti come Dr. Dre, Tupac, Jay-Z, Nas ed Eminem, si è trasformata in una passione e, infine, in una carriera. «Ho iniziato per divertimento», ci racconta Jay Park. «In un certo senso, sono semplicemente diventato un artista, e ora canto e scrivo musica».

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Photo courtesy of More Vision

L’inizio della carriera di Jay Park

Inizialmente imitava il flow degli artisti che ascoltava, cimentandosi in rap battle online e affinando la sua capacità di scrittura. «Per me l’hip hop e il rap hanno significato tutto», dice Jay Park. «Mi hanno dato un senso di identità e una forma d’arte che mi ha reso di successo e capace di supportare me stesso e la mia famiglia».

Il suo album del 2011, Take a Deeper Look, ha segnato una svolta importante, debuttando al terzo posto nella classifica Billboard World Albums e al 26° posto nella Billboard Heatseekers Albums Chart, portando Jay Park sotto i riflettori internazionali. Questo successo ha contribuito a rafforzare il ruolo di Park come uno degli artisti che hanno ridefinito l’hip hop coreano, rendendolo parte di un movimento più ampio che, negli ultimi due decenni, ha visto il genere crescere da fenomeno di nicchia a elemento centrale della cultura musicale grazie anche a programmi come Show Me The Money.

«Oggi è molto più facile registrare e fare musica», racconta Jay Park. «L’opportunità di entrare nell’hip hop è più ampia rispetto al passato. In precedenza, dovevi conoscere qualcuno del settore o lavorare molto per farti notare. Ora puoi semplicemente partecipare a un programma TV o pubblicare il tuo materiale sui social media».

Ma Jay Park sa che questa evoluzione ha portato con sé una certa saturazione del mercato. «C’è stata una fase in cui l’hip hop era underground. Poi è diventato mainstream, influenzando anche il K-Pop. Oggi sembra in una fase di limbo».

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Photo courtesy of More Vision

L’etichetta indipendente

Una parte essenziale del suo percorso è il suo impegno nel coltivare nuovi talenti: «Anche se non sono sotto la mia etichetta, ho collaborato con tanti musicisti e li ho portati sui miei palchi. L’hip hop mi ha dato una piattaforma per sostenere altri talenti. È qualcosa che mi dà orgoglio e gratificazione».

Nel 2013 ha fondato l’etichetta indipendente AOMG, seguita nel 2017 da H1GHR MUSIC, entrambe focalizzate sulla promozione di artisti hip hop e R&B. Nel 2022 ha lanciato una nuova etichetta chiamata More Vision, continuando il suo impegno nel supportare la scena musicale coreana. Nello stesso anno ha anche vinto i MAMA Music Award per la Miglior Musica Hip Hop & Urban grazie alla collaborazione con IU in GANADARA, mentre l’anno dopo si è esibito al Coachella.

Il potenziale della scena hip hop coreana

Jay Park crede fermamente nel potenziale della scena coreana e aspira a fare ancora di più: «Con decine di milioni di dollari a disposizione, potrei creare piattaforme e contenuti che rispettino la cultura e attirino il grande pubblico. Credo di avere il giusto equilibrio tra la comprensione della cultura e la capacità di proporre qualcosa che il mainstream possa apprezzare senza perdere autenticità. Così potremmo colmare quel divario e ottenere riconoscimento dal mainstream, rimanendo però fedeli alle nostre radici».

I featuring tra artisti hip hop coreani e occidentali sono un altro elemento cruciale per lui. Jay Park sa bene che non tutte le collaborazioni sono autentiche: «Dipende se sono fatte bene. Se un’etichetta compra solo una collaborazione per aggiungere un tocco di autenticità, non funziona. Ma se c’è una vera sinergia tra due artisti importanti, l’impatto può essere enorme. Quando ho firmato con Roc Nation (l’agenzia di Jay-Z, ndr), è stato un grosso segnale per molti rapper qui». L’artista cita come esempio la collaborazione tra Megan Thee Stallion e Yuki Chiba, che ha rappresentato un punto di svolta per l’hip hop giapponese, dimostrando come queste collaborazioni possano riaccendere e rafforzare una scena musicale emergente.

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Photo courtesy of More Vision

La questione delle radici culturali

La carriera di Jay Park riflette il dualismo dell’essere un artista coreano-americano. Nato e cresciuto negli Stati Uniti, ma di origini coreane, l’artista incarna l’influenza culturale che lega le due sponde del Pacifico. «Parlo della mia vita, di ciò che rappresento, e molto di questo deriva dalle mie radici coreane», spiega. «Vivere in Corea mi ha permesso di capire e abbracciare la mia identità coreana in un modo che non avevo sperimentato crescendo negli Stati Uniti».

Per lui, la musica è un mezzo per portare consapevolezza, sia attraverso testi leggeri sia toccando argomenti più impegnativi. Tuttavia la percezione internazionale della scena coreana rimane un mix di ammirazione e scetticismo. «L’hip hop è nato in America», sottolinea, «e molto di ciò che vedi nella sua versione coreana è influenzato da questa cultura. Ma oggigiorno, ogni scena ha preso quell’influenza e l’ha mescolata con la propria cultura».

È un processo di adattamento che ha permesso al genere di trovare la sua identità, pur mantenendo una costante ricerca di legittimità. Le sfide per i rapper coreani non mancano, soprattutto quando si confrontano con i loro omologhi occidentali. La novità dell’hip hop asiatico può risultare un’arma a doppio taglio: da un lato è percepito come fresco e unico, dall’altro è spesso messo in discussione per la sua autenticità.

«Anche con il successo del K-Pop, c’è ancora una resistenza nei confronti degli artisti asiatici nel mondo del rap», chiarisce l’artista. «Non ci sono stati molti esempi di rapper di origine asiatica che siano entrati nel mainstream, quindi le persone non sono ancora così abituate e potrebbero non accettarlo completamente. Ma allo stesso tempo, quando ascoltano qualcosa di nuovo, lo trovano interessante e unico. È una sfida, ma è anche un’opportunità, a seconda di come la giochi».

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Photo Courtesy of More Vision

Il nuovo album di Jay Park

La sua ultima uscita discografica, The One You Wanted, è un regalo speciale per i fan e un progetto che ha richiesto anni di lavoro. «Questo album è una raccolta di canzoni R&B su cui ho lavorato per quattro o cinque anni», racconta. «Non ho potuto completarlo prima a causa dei miei impegni aziendali e delle tante responsabilità come artista. Ma finalmente ci sono riuscito. È come una continuazione del mio lavoro del 2016, Everything You Wanted. Ha la stessa vibe, ma è più maturo e raffinato, con grandi collaborazioni. Questo album è per i miei fan. Anche quello del 2016 era per loro, ma questo è speciale perché le persone lo hanno aspettato tanto».

Articolo di Ambra Schillirò

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