Loco Dice, for the culture
Il dj ha da poco pubblicato il suo nuovo album, “Purple Jam”: nell’intervista che trovate nel nostro Electronic Issue ci ha raccontato del featuring con Guè e ci ha svelato con quali altri artisti italiani vorrebbe collaborare
Loco Dice
Così come accade nell’hip hop, anche in una scena in continua evoluzione come quella della musica elettronica – con nuovi artisti che continuamente animano i palchi e le console di tutto il mondo – ci sono dei pilastri irremovibili: Loco Dice è senza dubbio uno di quelli. Classe 1974, nato a Düsseldorf, in Germania a genitori tunisini, Yassine Ben Achour (questo il suo vero nome) è uno di quegli artisti che restano anche quando tutto cambia, attraversando tre decenni della musica come rapper prima – seguendo in tour nomi del calibro di Snoop Dogg e Ice Cube – e come dj di fama globale poi. Il suo ultimo album, Purple Jam – uscito a maggio – è una sintesi perfetta delle sue influenze, con un’incursione di un’altra leggenda (stavolta del rap italiano) come Guè in G Class.
In questa intervista Loco Dice ci ha raccontato di come è nato questo progetto, quali sono i rapper italiani con cui gli piacerebbe collaborare, di cosa hanno in comune l’hip hop e la musica elettronica e di come cambi il significato di successo quando arrivi nell’Olimpo.
Loco Dice è uno dei protagonisti dell’Electronic Issue di Billboard Italia, già disponibile qui in pre-order e da fine luglio in punti vendita selezionati: ecco un estratto della nostra intervista esclusiva.
L’intervista a Loco Dice
Da dove è nato Purple Jam?
L’album è nato da una selezione di tracce che avevo prodotto e che tenevo in una cartellina che aveva quel nome: non avevo intenzione di fare un disco, ma dopo un po’ stava prendendo quella forma e ho deciso di condividerlo con il mondo!
Come hai conosciuto Guè e perché hai scelto di averlo nel tuo album?
Io e Guè ci siamo incontrati tramite Marcelo Burlon durante un party della fashion week a Milano. Marcelo mi ha detto “devi assolutamente conoscere Guè perché secondo me avete tantissime cose in comune e in effetti è stato così. Da quel giorno siamo diventati amici. Quando possiamo ci vediamo sempre, e abbiamo sempre parlato di fare qualcosa insieme.
Ci sono altri rapper in Italia con cui vorresti collaborare?
Certo, mi piacciono molto Baby Gang, Simba La Rue, Shiva, Samurai Jay… A volte non capisco quello che dicono nei loro testi, ma le vibes che mi danno sono assurde, adoro i beat che scelgono.
Tu arrivi dall’hip hop: secondo te cosa ha in comune questa cultura con la musica elettronica?
Quello che noto è che un sacco di ragazzi appassionati di hip hop frequentano anche i party di musica elettronica e apprezzano davvero questo genere. Non vanno nel club per fare sfoggio delle loro bottiglie, ci vanno perché vogliono davvero ballare e ascoltare musica. Penso che questi due mondi debbano fondersi sempre di più. L’hip hop e l’house sono sempre stati due generi fortemente connessi. Ci sono molte persone che dicono “okay, tu fai questo genere e non puoi fare altro”, ma la musica è l’ultima libertà che abbiamo in questo mondo: non portatela via per favore!
Cosa hai portato del tuo background hip hop nella tua carriera da dj?
Lo stile di vita. L’hip hop non è solo musica: è cultura, è un movimento, e una volta che ne fai parte lo sarai per sempre. Nonostante tutto io sento di essere ancora in evoluzione, ma senza pensare ai soldi, agli streaming, al successo.
In passato sei stato in tour con leggende del calibro di Snoop Dogg e Ice Cube.
Sono sempre stato un grande fan della West Coast, sono cresciuto con Eazy-E, gli N.W.A. e tutta quella scena. Quando facevo rap era questa la musica che facevo. La mia fortuna è stata che nel 1996 l’ex moglie di Suge Knight, Sharia, tramite la Death Row Records aveva detto di volere me in tour con Snoop. Per me è stato incredibile: incontrare lui, Nate – che riposi in pace -, e tutti questi ragazzi era una cosa di altissimo livello. La cosa difficile poi era tornare alla vita reale!