Interviste

I Marlene Kuntz presentano il loro concerto “doppio” – Intervista

I Marlene Kuntz si esibiranno il prossimo 31 maggio ai Magazzini Generali di Milano con due live differenti: il primo in acustico, e il secondo in versione classicamente elettrica sul main stage

Autore Giovanni Ferrari
  • Il18 Maggio 2018
I Marlene Kuntz presentano il loro concerto “doppio” – Intervista

I Marlene Kuntz

Due concerti in uno. Per presentare al proprio pubblico due anime nelle quali si sentono completamente a loro agio. I Marlene Kuntz sono pronti per la loro data evento “Il Doppio”, del prossimo 31 maggio ai Magazzini Generali di Milano. Il gruppo alternative rock presenterà, prima, alcuni brani in acustico al piano superiore del locale. Subito dopo, un concerto in versione classicamente elettrica sul main stage (sono disponibili ancora pochi posti per questo secondo live; il primo è già sold-out). Abbiamo incontrato Cristiano Godano.

Il prossimo 31 maggio sarete i protagonisti di un evento speciale ai Magazzini Generali di Milano. Ce lo raccontate?

Sarà uno spettacolo per l’appunto diviso in due momenti ben precisi. Anzi: in due concerti veri e propri. Il primo totalmente in acustico. Ma a parte me (che non passerò attraverso nessun amplificatore, dunque diretto nell’impianto) ogni altro strumentista avrà il suo ampli e la sua circoscritta dose di elettricità. Il secondo concerto elettrico, ruggente come nella tradizione dei Marlene nella loro veste più rockettara.

Come sarà composta la scaletta?

La parte in acustico sarà composta soprattutto dai pezzi che il sottoscritto ama suonare in versione solitaria ogni tanto in giro per l’Italia: in questa occasione avranno il loro corredo di arrangiamenti, fra chitarre di Riccardo, basso e contrabbasso di Lagash, percussioni varie di Luca, violini e tastiere di Davide Arneodo. La prima parte del concerto elettrico sarà invece una successione di pezzi molto o sufficientemente attinenti col tema del “doppio”, che nel secolo scorso ha iniziato in letteratura e cinema a essere piuttosto frequentato e elaborato dai più grandi fra gli scrittori e i registi della storia di quelle due arti: nei miei testi ha sovente dato vita a personaggi dalla natura ambivalente, in maniera esplicita o sottile. Se poi la gente ci chiederà il bis, suoneremo un po’ delle cose che più sono rimaste nel loro cuore nel corso della nostra ormai ventennale carriera.

 

Qual è lo stato di salute del rock oggi secondo i Marlene Kuntz?

Se si parla di rock di derivazione indie (uso il termine non secondo l’accezione italica attuale, che di indie da un punto di vista estetico-ideologico, per così dire, non ha nulla, ma secondo la forse ormai vecchia visione di un ambito artistico dall’attitudine non mainstream, ovvero non votata, per sua stessa costituzione, alla produzione di canzoni destinate a percentuali enormi di pubblico), direi che non se la sta passando molto bene. Non è al centro dell’attenzione delle nuove generazioni, più che altro. Tenendo a mente che il concetto di “nuovo” non è una mia particolare ossessione, per quel che mi riguarda c’è sempre qualche buon disco rock in ogni annata. Pochi, è vero, ma buoni. Non “nuovi”, ma di questo me ne frego il giusto. Va da sé che il discorso dovrebbe includere un sacco di precisazioni: la prima di tutte cosa si intende veramente con rock. I Tindersticks sono rock? Gli Elbow? Sono i primi due nomi che mi vengono in mente or ora i cui lavori ultimi mi sono piaciuti un sacco. Forse per alcuni non sono propriamente “rock”…



E lo stato di salute della musica in generale? Oggi le nuove generazioni sembrano attratte dalla trap e dal rap. Perché?

Non sono uno studioso di fenomeni di costume. Posso azzardare che per una serie di concomitanze (la tecnologia che permette a un ragazzo qualsiasi un po’ sveglio di creare ottime basi e a un ideatore di rime di rapparci su, il fatto che le nuove generazioni abbiano dimestichezza con internet e stiano cominciando a imparare a sfruttare il mezzo per le loro trame comunicative) questi due generi abbiano avuto qualche facilitazione a trovare un via per rendersi fascinose. A me il rap mediamente piace molto (in Italia credo che Salmo sia super, anche se io ascolto più spesso cose straniere), e la trap mi diverte non poco: questi ragazzi si inventano veri e proprio funambolismi con la lingua, tra rime astruse e invenzioni ritmiche notevoli, e non si può negare che questa, sì, è una cosa nuova. Non ho mai ascoltato un disco di trap per intero, e credo che mi stuferebbe, ma un pezzo ogni tanto mi diverte e me lo gusto. Mi fanno invece un po’ sorridere le esibizioni dei Rolex e quant’altro: a parte il fatto che non è certo una loro invenzione, questa rivendicazione volgare di una ricchezza a buon mercato sarebbe buona materia di studio dei sociologi. Non mia di sicuro.

Non suonate dal vivo da sei mesi. Che cosa vi manca della dimensione live? 

Lo stare in giro, lo svegliarsi la mattina in una stanza d’albergo e scendere per fare la colazione, i lunghi viaggi silenziosi in van, il contatto con la gente dopo i concerti, l’adrenalina che ci dà il palco, lo sganciarsi del tutto dalle contingenze del quotidiano (e questo è un privilegio, illusorio quanto si vuole, ma vitale).

State lavorando sul vostro nuovo disco? Avete novità a riguardo?

Siamo entrati in una fase di stand-by (ormai dura da almeno 8 mesi): nel 2018 abbiamo creato una decina di pezzi che ci convincono. La cosa più sicura che posso dire è che sono diametralmente opposti a Lunga Attesa.



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