“Dove c’è luce c’è speranza”: l’italo disco piena di ottimismo della Toy Tonics
Esce a fine mese “ITALOMANIA II The New Wave of Italian Disco”, una strepitosa compilation della Toy Tonics di Mathias Modica. E la conversazione con il boss italo tedesco di questa label si è trasformata da un normale momento di promozione, in un’illuminante analisi dello stato della club culture. Con un ricordo di Pino D’Angiò
Mathias Modica ne sa di storia della musica dance e sa anche produrla con ottimi risultati sulla pista da ballo. Sotto diversi moniker ha manifestato, nel corso degli ultimi 20 anni, la sua capacità di leggere le mode che passavano sul dancefloor, attraverso una camaleontica trasformazione: da DJ dalle venature jazz-funk, ad abile maestro dell’indie disco e new wave. Grazie anche al suo moniker iniziale Munk, con il quale si presentò in coppia con guest sorprendenti come Asia Argento o James Murphy degli LCD Soundsystem.
Da qualche anno, grazie alla sua etichetta Toy Tonics (e al nuovo alias, Kapote), Mathias Modica è diventato uno dei grandi fautori del ritorno di passione del genere italo disco. Supportata da una fanbase di 70 milioni di stream solo su Spotify, Toy Tonics si sta imponendo nella scena clubbing europea con le Toy Tonics Jam. Dalle prime feste berlinesi del 2020 con qualche centinaio di persone fino al Berghain, lo scorso anno la crew tedesca è stata protagonista in più di cento date europee, e nel 2024, fra numerosi club e festival.
La nuova compilation con M¥SS KETA, Elasi, “l’eroe di casa” Sam Ruffillo e cover inaspettate
Avendo a che fare non solo con un grande cultore della italo disco, ma in generale della musica italiana, era giusto aspettarsi da Mathias Modica una compilation per niente prevedibile nella scelta delle cover o degli omaggi ai maestri della antica scena italo disco. E infatti ITALOMANIA II The New Wave of Italian Disco presenta anche la rivisitazione di un bellissimo brano di Enzo Carella, autore italiano di culto, Malamore con la voce di Elasi e la complicità nella produzione del DJ Lele Sacchi. C’è anche la sorprendente cover di un classico della canzone italiana, Estate di Bruno Martino, traccia non propriamente accostabile all’estetica coloratissima della italo disco, ma che nelle mani della Toy Tonics si trasforma in un finale di compilation quasi ibizenco. C’è anche M¥SS KETA che fa un figurone con il brano inedito, Maledetto. ITALOMANIA II The New Wave of Italian Disco esce il 27 settembre.
L’intervista a Mathias Modica
Ti seguo da tanti anni ma vorrei capire bene quali furono i tuoi primi passi nel mondo del clubbing.
Premetto, sono metà italiano e da bambino ho vissuto a Roma. Vengo da una famiglia di musicisti dove la musica era al centro dei nostri interessi. Mio padre è un musicista “serio”, aveva studiato composizione con Goffredo Petrassi, mentre mia mamma sentiva sempre la radio con tante canzoni italiane anche quando ci trasferimmo in Germania. Poi anche io ho studiato musica, pianoforte e il jazz. Era la mia passione. A un certo punto è entrato nel mio mondo la musica da ballare. Ovviamente avendo avuto una passione per il jazz m’innamorai immediatamente dell’acid jazz, e poi la drum’n’bass e impazzii per Aphex Twin. Ho sempre cercato di capire i fenomeni culturali e di non subire, piuttosto di assimilarli, comprendendone le radici.
Per esempio, se ti nomino la scena di New York non penso che i suoi inizi siano da datare agli anni ’70 con gli storici club dove s’impose la figura del DJ, ma faccio risalire le origini addirittura ai tempi di Cab Calloway. Parliamo degli anni ’30, delle sue serate al Cotton Club. Sempre a proposito della Big Apple ho anche imparato ad apprezzare la cultura imprenditoriale dei newyorkesi, lavorando con alcuni impresari della scena hip hop, producendo anche Rammellzee che è principalmente un artista visivo. Incisi un brano con James Murphy degli LCD Soundsystem. E a questo punto ero già di base in Germania dove ho scoperto un sacco di situazioni clubbing belle a Berlino, ovviamente ma non solo.
E arrivando all’oggi, dopo vent’anni di professione stai diventando un maestro e un divulgatore in giro per il mondo della musica italo disco, ma quando è scattata questa passione?
Guarda… la risposta s’attacca perfettamente a quello che ti do raccontato fino ad adesso. Dopo essermi appassionato alle varie scene della musica elettronica di Londra, NY e Berlino, ad un certo punto capii che l’Italia è una tappa fondamentale per comprendere la musica da ballare, perché da voi si sono create tantissime cose che spesso noi italiani – mi ci metto in mezzo anche io – non ne siamo sempre troppo consapevoli. I producer italiani hanno cominciato a usare per primi la strumentazione elettronica per creare nuovi stili nella musica dance e tra i generi nati c‘era anche la italo disco, nome che per ironia della sorte fu scelto da un tedesco!
Non sapevi neanche che tutti quegli artisti che dalla fine degli anni ’70 in poi facevano uscire una valanga di produzioni, fossero italiani, perché incidevano con nomi esotici e di matrice anglosassone.
C’erano negozi di dischi ovunque in Italia e uscivano ogni settimana una cinquantina di 12”. E altro particolare assolutamente da non sottovalutare era che in Italia c’erano tantissime discoteche. Tra il 1976 e il 1981 pare fossero nate 7.000 locali! Spesso erano degli spazi assurdi, architettonicamente fuori da ogni immaginazione, talvolta al limite dell’avanguardia, anche negli interni. Ma tu sai che sono gli italiani ad aver messo al centro della scena il DJ? A New York non erano così protagonisti negli spazi del dancefloor. Fu Claudio Cecchetto che posizionò la consolle al centro dell’attenzione e facendo anche lo speaker in radio e poi conducendo le trasmissioni su Italia 1 divenne la prima superstar DJ al mondo.
Comunque anche prima di Cecchetto, la RAI andava in onda con programmi innovativi e coraggiosi nelle scenografie che richiamavano il dancefloor. Se le riguardi oggi, sembrano attuali. E oggi per l’appunto quella estetica visiva, ma anche musicale è diventata virale anche tra i giovanissimi. Così l’italo disco diventa un genere apprezzato anche da chi non ha vissuto quell’epoca. Lo vedo ormai da lungo tempo nelle nostre serate. E poi alla base di tutto c’è una cosa certa…
Ovvero?
La cosa interessante è che dopo la grande abbuffata di rap e trap, ora al centro dell’attenzione dei giovanissimi c’è la musica pop e tantissima musica elettronica. In questo momento si assiste alla commercializzazione totale della musica techno e pensare che negli anni ‘90 era un fenomeno underground. Adesso vedi che i ragazzi impazziscono per questo genere, e la gradiscono ancor piùa ccelerata nei bpm.
La scena trap è ancora enorme, ma i numeri stanno scendendo ed è assolutamente normale. Più o meno ogni 10 anni i trend musicali cambiano. Non c’è da meravigliarsi se l’underground dopo tanti lustri diventa di massa, è quello che è accaduto con la techno. Mettendo lo sguardo oltre la musica, pensiamo all’arte: artisti e movimenti che sono stati di nicchia diventano popolari dopo circa mediamente 30,40, 50 anni.
Con la però musica l’attesa del cambiamento è minore, perché abbiamo accesso a tutti i generi…
A farmi decidere di lavorare con il sound italo disco è stata la combinazione di due fattori: accontentare le nuove generazioni che hanno voglia di ballare e poi dare spazio a quella vena pop nella produzioni dance che piace molto adesso. Ma di sicuro non vado a 140 bpm come la techno (ride, ndr).
Hai un’etichetta indipendente e ti fai affiancare da tanti ventenni, immagino che sia anche grazie a loro che ti senti stimolato, giusto?
Sì assolutamente. Io sono uno che vuole sempre cambiare e, come ti dicevo all’inizio, se vedo un fenomeno, un genere dance che emerge, voglio capirlo. I ragazzi che lavorano con me hanno la stessa attitudine. Sono sempre culturalmente interessati e stimolati. Ma devono essere anche vogliosi di mischiare e contaminare. Io poi sono un musicista e mi guardo attorno. Quando trovo una bella voce o un ragazzo che sa suonare, oltre a fare il DJ, voglio aiutarlo e stimolarlo. Ho anche osservato che questo tipo di ragazzi sono quelli che vengono alle serate Toy Tonic. È una nuova generazione, diciamo dai 19 ai 28 anni, che sono un po’ simile a me (sorride, ndr). Li incontro fuori dalla consolle, parlo con loro e mi diverto tantissimo.
Veniamo alla compilation, anzi scusa, doveva essere il motivo principale della nostra conversazione. Come ti è venuto in mente di coinvolgere M¥SS KETA?
Perché sa essere una artista avanti. Anzi, specifichiamo, d’avanguardia nella scena pop. Mi spiace che talvolta venga scambiata frettolosamente da qualcuno come un’artista trash, è un grosso errore. M¥SS KETA è capace di apprendere, ascoltare e poi di riproporre le idee, alla sua maniera. Questo a me piace tantissimo! Lei, prima di altre artiste italiane, si è creato un personaggio super unico e sa oscillare tra i vari mondi delle sottoculture e il mainstream. Diventando così assolutamente autentica.
Mi piace anche questa cosa che hai fatto incontrare il tuo “vecchio io” con la tua nuova identità, firmando La Musica come Munk-Kapote.
Sono sincero, questo brano era uscito nel 2008. Questa idea di produrre una traccia italo disco con voci italiane l’avevo già, ma non era il caso di insistere in quel periodo perché stava per arrivare l’ondata trap, mentre adesso funziona alla perfezione…
E poi c’è questo gran finale con una canzone che spiazzano questo gran finale spiazzante con una vostra cover di Estate di Bruno Martino!
È perché trovo numero uno il pezzo, è bellissimo! Uno dei migliori degli anni’60. Molto intelligente l’approccio di Rodion.
Alla fine è un italo disco dal sapore ibizenco!
Bravo, perché è downbeat. La velocità scende e siamo alla fine del disco!
A proposito di grandi maestri italiani, vorrei un tuo ricordo di Pino D’Angiò.
Pino l’ho potuto incontrare in diverse occasioni, anche perché ho organizzato dei party a Berlino e a Londra con la Toy Tonics dove lui c’era. Si è sempre dimostrato una persona gentilissima. Frequentando un maestro come lui ho imparato tre cose. Prima di tutto che la vera coolness nasce dalla gentilezza. Lui è davvero un mito, non solo per chi lo ascoltava ai tempi, ma anche adesso ho visto ventenni a Berlino impazzire per lui. La seconda cosa importantissima che ho imparato è che se vuoi avere una carriera lunga e importante, devi essere in grado di mischiare gli stili. La conformità ai trend uccide. Spiazzare invece affascina e ti rende interessante.
La terza… (ride, ndr) è che una volta gli dissi: «Cazzo ti sei fatto la bella vita con la barca in Costa Amalfitana». Lui mi rispose serafico: «Forget fuckin’ boat! Sono solo due i giorni più belli per un proprietario di una barca e sono quelli dell’acquisto e della vendita». Quindi non sognerò mai di possedere anche io una bella barca!
Tornando alla compilation, bella la versione di Malamore di Enzo Carella, proposta dall’amico Lele Sacchi ed Elasi, Carella è un personaggio di culto, non è molto conosciuto ma questa canzone è un must.
Lele è un amico ed Elasi è bravissima. Sono loro che sono venuti a proporre il brano. Enzo Carella sarà di culto ma è un artista importante secondo me, perché è un po’, come qualcuno l’ha descritto, uno vicinissimo al talento di Lucio Battisti. Solo che non ha avuto la stessa fortuna. E sono contento che le nuove generazioni, grazie alle piattaforme musicali, lo abbiano scoperto.
Ritorno al paragone con l’arte. Ci sono tanti nomi che magari quando vivevano non erano arrivati al successo e che hanno avuto i riflettori puntati addosso solo 50 anni dopo. Ecco a Enzo Carella è successo un po’ questa cosa.
Tu hai attraversato più di due decadi della nostra club culture, sei la persona perfetta per dirci quale sia lo stato dei locali della notte, che sono in crisi, noi ne abbiamo spesso scritto…
Non è la prima volta che per esempio in Italia c’è una crisi delle discoteche. Tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90 tantissime discoteche vennero chiuse, tante per problemi di droga, altre per corruzione. Oggi il problema principale è la crescita insostenibile degli affitti e dei costi in generale.
Poi il processo di gentrificazione in città come Milano o Roma sta ancor più alimentando le problematiche. Ma io frequento assiduamente la scena del clubbing di altre città europee come Londra, Parigi, Barcellona, Lisbona e i problemi sono gli stessi. Ma tu pensi che nonostante questa situazione la gente smette di aver voglia di ballare?
Non so, durante il periodo pandemico ci ho pensato su…
E invece stiamo assistendo alla più grande richiesta di evasione con il ballo in questo momento storico se ci pensi! Non si balla solo nei club, ma nei festival, nei luoghi post industriali dismessi. In luoghi che hanno una visione con più sfaccettature dell’intrattenimento, tra sale dove si vedono film o dedicate all’arte. Si balla nei luoghi dove si può anche cenare e vedere uno spettacolo di stand up comedy. Ma poi c’è un’altra cosa interessante che sta accadendo nei locali notturni…
Ovvero?
C’è sempre più presenza della luce. Non penso funzionino più per le nuove generazioni quei locali totalmente al buio con la musica ad alto volume, è roba techno che certamente ora può ancora dare un certo effetto, ma saranno sempre più soppiantati da location con una forte presenza dell’illuminazione e alla polifunzionalità.
Parafrasando chiuderei affermando che allora il futuro è radioso per la club culture.
Senza alcun dubbio. Se c’è la luce attorno a dove la gente s’incontra e balla, si percepisce anche uno spirito positivo e qualcosa di nuovo crescerà.