Interviste

Musica e brand: come, quando e perché funziona. L’intervista a Mattia Zibelli

Ci siamo fatti spiegare dal fondatore di MZ Management, protagonista di progetti di successo come “Da zero a cento” di Baby K e “Ti raggiungerò” di Fred De Palma, in che modo una canzone può associarsi creativamente al mercato e alla pubblicità

Autore Samuele Valori
  • Il8 Ottobre 2024
Musica e brand: come, quando e perché funziona. L’intervista a Mattia Zibelli

Ascoltando l’incipit di Da zero a cento la mente si colora subito di rosso e diventa impossibile non ripensare alle parole del ritornello. Quel singolo del 2018, non è solo una delle canzoni di maggiore successo di Baby K – forse seconda solo alla precedente Roma-Bangkok – ma una case history centrale della discografia italiana. Come ci racconta Mattia Zibelli, manager e fondatore di MZ Management, quella partnership con Vodafone ha scardinato pregiudizi e aperto la strada a molti altri. La brand partnership nella musica, da anni, non rappresenta più né una novità né un motivo di vergogna. Gli artisti non hanno più il timore di essere etichettati come “venduti”.

L’interesse di Mattia Zibelli, dopo i suoi inizi alla Best Sounds di Franco Godi, e la sua attenzione verso i brand sono cresciuti col tempo. Il motore, come in tutte le cose, è stata prima di tutto la curiosità. Un aspetto che, oltre alle esigenze di mercato, è importante anche per quanto riguarda gli artisti. Un percorso come quello intrapreso da Baby K (qui la nostra intervista) negli anni può essere intrapreso solo se dall’altra parte c’è qualcuno disposto a mettersi in gioco: «Io ho avuto la fortuna storicamente di lavorare con persone che a un certo punto hanno avuto un’apertura mediatica ed erano volenterose di provare a buttarsi in questo mercato. Questo per me era uno stimolo ad andare oltre la canzone, l’album e le solite vie preferenziali con cui la discografia promuove gli artisti. a discografia per promuovere».

Da lì, da quel magico 2018, i progetti sono proseguiti e hanno continuato a funzionare. Sia con Baby K, con M’ama non m’ama per Fonzies nel 2023 e Fino al Blackout per Tezenis nel 2024, che con un altro artista del suo roster Fred De Palma con Ti raggiungerò (2021).

L’intervista a Mattia Zibelli

Da dove nasce il tuo interesse per la brand partnership?
Io ho iniziato a fare il mio lavoro nella Best Sounds, l’etichetta storica che produceva, tra gli altri, gli Articolo 31 e i Gemelli Diversi. Il proprietario degli studi, Franco Godi, era soprannominato Mr Jingle perché arrivava dal mondo della pubblicità. In qualche modo, quindi, sebbene fossi più nella parte discografica, sentivo di riflesso questa sua propensione che col tempo mi ha trasmesso.

Il tuo primo progetto di questo tipo, quello con Baby K e Vodafone, è arrivato molto tempo dopo.
Sì, col passare degli anni, dopo aver creato una mia società (la Mz Management n.d.r), ho scelto di provarci. Tra il 2016 e il 2017 Vodafone aveva iniziato a lavorare con alcuni artisti musicali, lanciando la campagna con cui si shakerava il telefono. La intercettai in televisione, mi piacque e presi contatto. Il fatto che il brand cercasse un’artista donna mi convinse del fatto che fosse il momento giusto. Claudia (Baby K n.d.r.) veniva dal successo con Giusy Ferreri Roma-Bangkok e io le proposi: “Tu scrivi il brano da sola e io ti creo il mondo intorno”. Da lì è nata Da zero a cento.

Quale è il segreto affinché un’operazione di questo tipo non risulti una marchetta?
La cosa più importante, oltre al brano, è la narrazione. Nel 2018 Baby K era anche protagonista televisiva dello spot; quindi, è stato un progetto di scrittura a quattro mani tra me lei. Proprio la penna per me è fondamentale. Io amo lavorare con gli artisti a 360 gradi e preferisco farlo con chi scrive le proprie canzoni. Claudia ha scritto Da zero a cento ed è questo che fa la differenza.

Uno può pensare anche che l’arte non debba mescolarsi al commercio, però di fatto le canzoni poi hanno vita propria. Non tutto funziona a prescindere. Esistono esempi in cui non ti ricordi né la pubblicità né la canzone. Nel nostro caso, se i brani sono andati molto bene vuol dire che al pubblico sono piaciuti. La gente non è stupida, anche se gliela passi tante volte in TV, la canzone brutta non l’ascolta. I progetti se sono buoni, sono buoni anche se associati a un brand. Per questo motivo quando un brand non ci concede questa possibilità di lavorare a quattro mani però, ci tiriamo indietro.

Com’è cambiata la percezione del singolo brandizzato rispetto al passato?
Rispetto a quando ho cominciato è molto diverso, anche se all’estero questo tipo di progetti sono molto più diffusi e vanno avanti da tanto tempo. Per certi versi ora è più facile, quando sei il primo devi rompere un muro e, inevitabilmente dal successo della cosa o meno, qualche graffio te lo fai. Ai tempi della Newtopia ho vissuto il primo The Voice con J-Ax e il primo X Factor con Fedez. Due case history andate molto bene che hanno aperto la porta a tutti gli altri. Invece, per i brand in generale in realtà è cambiata la percezione, non è che mi sia inventato nulla. Io, da fan, per esempio, ricordo che Gaber faceva la pubblicità della televisione Mivar.

Ultimamente il rapporto tra musica e brand si risolve anche con canzoni in cui la marca o il prodotto vengono citati in modo diretto. Sembra un modo più semplice e veloce.
L’abbiamo fatto una volta con Pantene, poco dopo il primo spot con Vodafone. Ci cercavano in molti per rifare la stessa cosa di Zero a cento, ma volevamo provare qualcosa di nuovo. In Non mi basta più, nel 2020, c’era anche Chiara Ferragni che faceva un cameo nel brano e lì inserivamo il nome della marca. Da lì in tanti hanno chiesto di pagarci per essere citati in un pezzo, ma abbiamo sempre rifiutato. Ripeto, la gente non è scema. Alla lunga credo che sia un metodo che non funziona perché non offre nulla. Se dietro non c’è una storia all’ascoltatore fa l’effetto opposto. L’interazione tra musica e brand ha valore se vengono favorite l’arte e l’intrattenimento.

Con i film e le serie Tv sta succedendo il procedimento inverso: sono loro a citare un brano e a riportarlo in trend.Hai mai pensato di lavorare in questo senso?
Essendo anche editor discografico mi è capitato che mi chiedessero delle canzoni da utilizzare, ma non mi è mai successo che una di queste ripartisse dopo essere comparsa nella serie o nel film. A me piace lavorare soprattutto sul nuovo e preferisco che venga scritto un brano ad hoc, piuttosto che si attinga dal catalogo. Infatti, mi sto interessando alle piattaforme di streaming e nell’anno nuovo uscirà una collaborazione in questo senso. Non posso rivelare nulla per ora.

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