Interviste

Mochakk, Global Calling. L’intervista

Con il suo format itinerante, il dj e producer brasiliano classe 1999 sta creando un vero e proprio movimento globale in cui le parole d’ordine sono due: libertà e condivisione. Lo abbiamo incontrato dopo un infuocato set a Lisbona

Autore Greta Valicenti
  • Il14 Agosto 2024
Mochakk, Global Calling. L’intervista

Mochakk, foto di Fabrizio Pepe

Se negli ultimi anni avete seguito gli sviluppi della musica elettronica internazionale, il nome di Mochakk non vi suonerà sicuramente nuovo. Classe 1999, nato e cresciuto a Sorocaba, alle porte di San Paolo, ma vero e proprio cittadino del mondo, attingendo ispirazione da ogni suo angolo (nei suoi set si mescolano infatti il suo background hip hop, l’house, le sue radici brasiliane sottoforma di baile funk, Música popular brasileira e molto altro ancora), Pedro Maia in breve tempo – e grazie a TikTok, ma non solo – si è ritagliato uno spazio considerevole tra i big della scena, diventando una vera e propria superstar globale. 

Ma a Mochakk di occupare da solo la cima della montagna del successo proprio non interessa. Per lui, infatti, le parole d’ordine sono due: libertà e condivisione. Proprio per questo in Brasile ha fondato la Dogghauz Records, un vero e proprio movimento che ha come scopo quello di unire e scovare le nuove generazioni di dj e producer, perché «non lo faccio per la fama, se solo io sono al top e attorno a me non succede nient’altro, allora quello per me non è il top», e nell’ultimo anno ha portato in giro per l’Europa e gli Stati Uniti il suo Mochakk Calling. Un party che Pedro ha concepito come «una piattaforma di aggregazione di artisti locali e non» e che ad agosto arriverà anche in Italia. 

Una grande festa come quella che si è svolta nel primo weekend di luglio a Lisbona, in una cornice spettacolare e simbolica come la Torre di Bélem, sotto la quale dal primo pomeriggio a notte fonda si sono radunate circa 12mila persone (tra cui tantissimi brasiliani) mosse da un unico amore, quello per la musica, e dalla voglia di lasciarsi trasportare dai ritmi di Mochakk. Ecco cosa ci ha raccontato alla fine di un set assolutamente da vedere. 

Mochakk
Mochakk, foto di Fabrizio Pepe

L’intervista a Mochakk

Quella di Lisbona è stata la più grande data di Mochakk Calling fino ad ora, come te la sei vissuta?Benissimo! È stato tutto incredibile. La location era pazzesca, il pubblico era straordinario e c’erano molte più persone di quante potessi aspettarmi quando abbiamo deciso di portare Mochakk Calling a Lisbona. Sono venute 12mila persone, è stato folle! 

Come è nato il progetto Mochakk Calling?
La nostra idea era quella di fare un party che inglobasse tutto il mio universo, non solo sonoro, ma anche visivo e di immaginario. E soprattutto creare un qualcosa che fosse una piattaforma di aggregazione di artisti locali e non. Ogni volta che andiamo in qualche città cerchiamo sempre di scoprire i dj del posto e volevo che quelli che io ritengo validi avessero un posto in cui farsi conoscere. Il nome ci è venuto in mente guardando una fotografia in cui avevamo usato un vecchio telefono come elemento decorativo e abbiamo detto “Okay, ce l’abbiamo!”. Abbiamo costruito il tutto attorno a questa immagine, come se stessimo dicendo “Vi stiamo chiamando, venite a vedere cosa facciamo e quello in cui crediamo”. 

Mochakk Calling a Lisbona, foto di Matheus Massarotti

La condivisione e la dimensione collettiva mi sembrano due cose molto importanti per te, infatti in Brasile hai fondato la Dogghauz Records, un vero e proprio movimento che unisce le nuove generazioni di dj e producer.
Assolutamente, la cosa più importante per me è vedere un intero movimento che va avanti. Io non ho mai voluto essere il più grande artista del mondo, ma creare connessioni, situazioni, scenari dove potessero succedere delle cose interessanti, dove le persone fossero libere di creare la loro musica e la loro arte in ogni sfaccettatura. Sono queste le persone di cui mi voglio circondare e che voglio facciano parte del mio progetto

In un’intervista avevi anche detto che «se solo io sono al top e attorno a me non succede nient’altro, allora quello per me non è il top».
Sta tutto qui per me. Per come la vedo io, la scena dovrebbe essere sempre collettiva, non dovrebbe mai esserci l’individuo e basta, ma più persone che creano il proprio spazio senza contenderselo ma anzi, lottando insieme per prenderne sempre di più. 

Qual è il luogo in cui non vedi l’ora di portare Mochakk Calling?
Io vorrei portarlo ovunque senza confini! Penso che ogni città abbia un’energia diversa e possa rispondere alla chiamata. Il prossimo anno mi piacerebbe molto portare Mochakk Calling in Sud America perché in questi mesi abbiamo girato praticamente solo l’Europa e gli Stati Uniti. 

E dell’Italia che mi dici? 
La amo, il pubblico italiano è il mio preferito in assoluto. Ieri sera ho suonato a Torino ed è stato fantastico, anche perché mi sono esibito su due palchi diversi ed entrambi i set sono stati incredibili. 

Una data italiana che per te è stata speciale?
Sicuramente quando ho suonato a Rimini, è stato tutto perfetto: il tempo, il luogo, la line up. Ricordo che ho suonato con nomi enormi come The Martinez Brothers, Seth Troxler, Maceo Plex, Peggy Gou. Incredibile. 

Tu sei molto legato ad Ibiza, ti ricordi la prima volta che hai suonato sull’isola?
Assolutamente sì, ricordo che ero davvero davvero nervoso – anche più piccolo, avevo 22 anni -, infatti non credo di aver fatto un set indimenticabile (ride, ndr)! Ma già la seconda volta ero molto più preparato ed è andata molto meglio! 

Che rapporto hai con l’isola? Ha una vibe particolare che la differenzia da altri luoghi?
Amo Ibiza ed è senza dubbio uno dei miei posti preferiti dove suonare. L’energia che emana è davvero unica, è così stimolante che ogni volta che atterro lì ho una gran voglia di fare. La cosa che mi piace di più in assoluto è il mix di persone e culture che riesce ad unire. Non c’è un unico pubblico di riferimento. Per farti un esempio: io amo l’Italia, amo il pubblico italiano, ma è – appunto – italiano. Lo conosco, so esattamente cosa vuole. A Ibiza invece c’è gente da ogni parte del mondo, quindi non sai mai cosa le persone si aspetteranno, è sempre una sorpresa. 

A proposito di Ibiza, quest’anno hai partecipato all’International Music Summit con un talk sul tema della salute mentale quando si è costantemente in tour. Tu sei diventato famoso a livello globale molto giovane, come reggi la pressione? 
Mi sento molto fortunato perché anche se sono giovane stanno accadendo tantissime cose ma riesco comunque a non farmi schiacciare dalla pressione. Mi diverto, amo la musica e amo suonare in giro per il mondo. Amo essere libero e godermi tutto ciò che arriva. Se tra due anni non fossi ancora al top come lo sono ora non mi arrabbierò, perché mi sarò goduto l’amore per la musica. Io lo faccio per passione, non per la fama. 

E che consiglio daresti ai giovani che vogliono approcciarsi a questa professione?
Sicuramente ascoltare più generi possibili e non solo quella che già vi piace. Cercate sempre cose nuove, di tanti Paesi diversi, anche che non avete mai ascoltato prima. Quanto più sarà variegata la vostra conoscenza musicale, tanto più lo sarà la vostra musica e tanto più sarà grande il vostro bagaglio da cui attingere. Ad esempio c’è questo dj sudafricano che si chiama Kyle Watson che mi ha detto una cosa che mi ricorderò sempre: una buona idea nasce dalla combinazione di tante buone idee. Se hai più fonti, allora hai più possibilità di creare qualcosa di bello. La diversità è sempre un vantaggio. 

Pedro, tu hai raggiunto il successo globale dopo aver postato dei video su TikTok, pensi che in questo momento i social siano essenziali per chi vuole fare il dj?
Nulla è essenziale, ma puoi usare gli strumenti che hai a tuo vantaggio. Se sei una persona a cui piace far accadere cose puoi far nascere una scena in una città, un movimento, e farlo crescere anche senza i social. Ma non possiamo ignorare la potenza e la risonanza di questo mezzo. Gran parte delle cose oggi si basano sui social, che sono un ottimo strumento per presentare il proprio materiale creativo al maggior numero di persone possibili. Poi ciascuno trova il proprio tramite, quello che si adatta meglio.

Ad esempio, i miei video funzionano molto bene su TikTok. Magari non è la stessa cosa per qualcun altro che invece funziona meglio su YouTube e così via. Conosco un ragazzo brasiliano che ha basato un’intera carriera sulla pubblicazione di set su YouTube o ha 10 milioni di visualizzazioni a video. Non dobbiamo vedere i social come una prigione o un’imposizione, ma come uno strumento.

La sfida poi è portare nel mondo “reale” ciò che si è costruito in quello virtuale? 
Io penso che la vita sui social sia già la vita reale. Non credo ci sia più distinzione tra le varie dinamiche, ho parlato con le persone sui social media e nella vita reale più o meno allo stesso modo. Certo, ci sono differenze nel modo in cui le cose si ripercuotono sui social media e nella vita reale, ma credo che se si guarda al mondo come a una cosa sola, allora cominceremo a considerarli come la stessa cosa. Viviamo nell’era di Internet, è quasi una parte del nostro corpo. 

E pensi che i social media influenzino l’esperienza del clubbing?
Dobbiamo usare i social media per continuare a dare luce alla cultura, così non lasceremo che si estingua. In Brasile, per esempio, stiamo vivendo una situazione molto delicata: i party all’aperto nei club stanno sparendo. Dobbiamo continuare a sostenere il clubbing e i club, e i social in questo possono aiutare. 

Tu preferisci suonare nei club o nei grandi festival? 
Mi piacciono entrambe le cose ma preferisco i club. Per me c’è una differenza proprio di suono, ci sono tracce che suonano meglio nei club e tracce che suonano meglio nei festival e io amo le prime!

Sei profondamente connesso con le tue radici brasiliane: in che modo influenzano il tuo processo creativo quando fai musica? 
Sia che si tratti di MPB, ovvero Música popular brasileira degli anni ’70 e ’80, sia che si tratti di roba più moderna come il Funk e tutto il resto, tutto ciò che proviene dal Brasile è una grande influenza per me perché è il posto in cui mi sento più a casa, il posto in cui riesco a dare il mio meglio. Io amo la mia terra, non potrei vivere da nessun’altra parte del mondo. 

Puoi anticiparci qualcosa sulle tue prossime uscite?
La mia prossima uscita sarà fuori molto presto per Circoloco Records, è un doppio EP. La prima parte è uscita il 26 luglio. Si chiama Locomotive Ibiza 2099 ed è composto da sei tracce molto diverse tra loro con tante persone coinvolte.

Share: