Interviste

Punk ruvido e filosofia pop che piacciono anche a Miley Cyrus: l’intervista ai Model/Actriz

Nel secondo album della band newyorchese, “Pirouette”, la melodia diventa centrale così come l’esperienza da artista e uomo gay di Cole Haden. Con lui viene spontaneo parlare di popstar, diritti e di Miley Cyrus per cui ha scritto un pezzo del prossimo disco

  • Il3 Maggio 2025
Punk ruvido e filosofia pop che piacciono anche a Miley Cyrus: l’intervista ai Model/Actriz

Foto di Kane Ocean

Al primo ascolto difficilmente si tende ad associare un brano dei Model/Actriz a un’esperienza pop. Nel tempo di un ritornello però si inizia a percepire un’insensata voglia di movimento. Perché insensata? Perché il canto del frontman Cole Haden non è tradizionale e perché ciò che dice è profondamente legato ai suoi ricordi più intimi, al suo accettarsi come persona gay e come artista. Se nell’acclamato debutto Dogsbody si era raccontato in modo claustrofobico e oscuro, in Pirouette la schiettezza dei suoi versi traccia il sentiero per gli hook e i ritornelli cantati. Il suo modo di scrivere canzoni e interpretarle sul palco ha colpito persino Miley Cyrus che in lui ha visto un autore pop ideale per uno dei brani del suo prossimo album.

Conseguenza diretta del precedente, definito un «rito di passaggio», in Pirouette i Model/Actriz si aprono alla melodia rendendo però ancora più marcato il suono simil elettronico. Jack Wetmore (chitarra), Aaron Shapiro (basso), ma soprattutto Ruben Radlauer (batteria) ingannano volutamente l’ascoltatore facendogli credere che stia sentendo musica elettronica con un piglio post-punk. E invece è tutto suonato dal vivo. «Lavoriamo molto per creare questa sensazione. Per esempio, Ruben utilizza un kit molto scarno e il suono della sua batteria, con questo stack plack, ricorda un Roland TR-909» spiega Cole. «Credo che sia la firma di questo album che è molto più vicino alla musica da club. Che poi è quella che amiamo».

Chiacchierare con Cole è assistere un po’ a un piccolo saggio della sua poliedricità. È come se andasse in scena su un palco. Il suo sogno, mi rivela, è calcare il palco di Broadway. Sarà un caso? Quando inizia la nostra chiamata Zoom è su un taxi, dopo aver appena ritirato una delle primissime copie di Pirouette, poi scende, passeggia per le strade di New York mentre fuma una sigaretta, senza mai però perdere la concentrazione. Sembra che non sia in controllo, ma in realtà è estremamente concentrato. Che, come mi spiega, è l’esatta sensazione di chi fa una piroetta. L’illusione di aver perso le staffe si accompagna in modo ossimorico a un impegno inconscio nel tenere bilanciato il tronco.

La musica dei Model/Actriz, soprattutto quella del loro secondo album, è una piroetta tra noise e pop che riesce a farti cantare, a intristirti e poi di nuovo a risollevarti. Ma cosa più importante, è fondamentale per i tempi che corrono in cui i diritti civili delle persone queer, soprattutto negli Stati Uniti sono a rischio.  «Spero che le nostre canzoni e le nostre parole possano aiutare la gente e farla sentire rappresentata. In questo momento non bisogna arrendersi, ma lottare ancora di più». Cole lo ha fatto abbandonando metafore e simbolismi e adottando un linguaggio narrativo che pesca direttamente dal suo vissuto riportandone un’immagine con meno filtri possibile.

L’intervista ai Model/Actriz  

Fin dal primo ascolto di Pirouette, la cosa che colpisce del nuovo album è il lato melodico. È l’opposto di Dogsbody, che era invece claustrofobico. Com’è avvenuto questo cambiamento?
Nel primo album era come se non riuscissi a cantare. Per certi versi era come se sentissi il bisogno estremo di punirmi. Quindi, più che un canto, il mio era un ghigno. Con Dogsbody ho superato questo sentimento e dopo averlo pubblicato ho avuto la sensazione di aver riconquistato il dono del canto. Di colpo ero di nuovo pronto.

Quindi, in un certo senso, il primo album, è stato un rito di passaggio.
Sì, totalmente. Per me è stato come passare dall’infanzia all’età adulta.

Questa liberazione prende piede anche attraverso riferimenti e un gusto pop pronunciati. Come riuscite a trovare il modo di convogliare questa passione con il vostro stile più noisy?
In questo disco, a livello musicale, abbiamo cercato di inserire più ganci e strutture pop, ma in generale il discorso, per quanto mi riguarda, è più legato al concetto di popstar. Mi affascina il modo in cui molti artisti uniscono il loro personaggio alla loro arte. È come se la persona fosse incorporata nella musica a tal punto che certe canzoni hanno senso solo se cantate da quell’artista. Quindi il mio approccio con i nuovi brani è stato quello di impormi in modo netto perché per me una grande canzone pop è tale solo se può essere cantata in modo autentico da una sola persona. Immagina, una traccia di brat cantata da qualcuno che non sia Charli

A proposito di popstar, come sei finito a scrivere un pezzo per Miley Cyrus?
È stato fantastico perché Miley è una persona con cui è molto facile collaborare. Mi ha invitato in studio per farmi ascoltare il suo disco e all’improvviso mi ha chiesto di scrivere qualcosa per lei, qualunque cosa. Mi ha solo suggerito qualche tematica. All’inizio, ancora un po’ incredulo, ho scritto diversi testi e glieli ho inviati. Appena le ho mandato quello di Prelude mi ha risposto immediatamente con una demo in cui leggeva i miei versi. Devo ammettere che è stata una bella sensazione, ma quando ho saputo che l’avrebbe inserita nell’album sono stato ancora più felice e onorato.

Anche i testi sono molto più diretti e meno metaforici rispetto al passato. Come ti sei liberato di questa sorta di armatura che ti limitava?
È stato un grande ostacolo da superare, ma è avvenuto tutto nel mentre. Le canzoni di questo album sono nate tutte poco prima se non addirittura durante le registrazioni. Ed è stato solo allora, solo una volta che ho capito come sarebbe stata la forma finale dei vari brani, che sono riuscito a iniziare a scrivere. Se da un lato il fatto di essere più diretto è dipeso da una questione di economia di tempo, dall’altro è stata una sfida che mi sono sentito di affrontare dandomi il “permesso” di scrivere in un certo modo. Mi sono reso conto che le metafore e i termini più vaghi erano un meccanismo di difesa ed erano causati dall’insicurezza e dalla paura di risultare più vulnerabile di quanto volessi mostrare. Con questo disco volevo, invece, essere il più trasparente possibile.

Senza Dogsbody, credi che i Model/Actriz avrebbero mai potuto scrivere Pirouette?
Sarebbe stato impossibile. Penso che questo nuovo album sia il risultato diretto della scrittura e del processo creativo di Dogsbody. Pirouette è rivolto al mio bambino interiore e il tono che ho adottato fa proprio riferimento alla mia infanzia. Il me stesso di qualche anno fa non sarebbe stato capace di fare questa cosa.

La piroetta del titolo però è una metafora azzeccata: un gesto infantile durante il quale ti lasci andare e perdi il controllo.
Credi di non avere il controllo, ma in realtà è l’esatto opposto: devi impegnarti per mantenere l’equilibrio e rimanere in piedi.

Quando in Poppy canti “I’ve made my art to suffer for the spectacle ti riferisci a questo meccanismo di autodifesa?
Sì ha una doppia lettura, come anche il testo di Diva. C’è il lato artistico e quello personale legato alla mia infanzia. La malinconia e i ricordi sono due grandi fonti di ispirazione. Gli attori spesso si affidano alla memoria sensoriale: il provare o l’aver provato lo stesso dolore delle storie che vuoi raccontare, aiuta a essere più onesti nell’interpretazione. Credo che nella musica valga il medesimo discorso.

Due delle canzoni centrali del disco, sono Doves e Headlights, tra l’altro parlano del tuo coming out e di come hai vissuto la tua omosessualità da ragazzo.
La cosa divertente è che Doves è stata la prima canzone che ho scritto per Pirouette, quando ancora stavo cercando di capire di cosa avrebbe parlato il disco. Non volevo raccontare il mio coming out attraverso una vignetta poetica, ma una volta completata la canzone e il resto del disco mi sono reso conto che invece era il brano meno trasparente. Così poi è venuto fuori Headlights che ho scritto per ultimo. Non volevo cantare, ma solo raccontare quella storia così come la ricordavo. È stato il momento in cui mi sono spinto più lontano dalla mia comfort zone.

I temi che trattate nelle vostre canzoni sono fondamentali per il periodo storico attuale. Senti una responsabilità in questo senso?
Penso di sì, soprattutto ora, considerando che la politica degli Stati Uniti sta minacciando il benessere e il diritto alla vita delle persone queer. La cosa migliore è fare rumore. Anche se sto solo condividendo la mia personale esperienza di uomo gay, cercando di essere il più schietto possibile, se c’è qualcuno che ha bisogno di identificarsi nella musica che ascolta, magari le mie parole e il nostro suono possono essergli d’aiuto. Non possiamo rassegnarci, è tempo di lottare.

Nel disco c’è anche la tua famiglia. C’è Acid Rain dedicata a tua nonna, nomini tua madre e poi c’è Baton che chiude il disco. È stato anche quello un modo per fare pace col passato?
Sì, Baton in particolare è dedicata alle mie sorelle ed è stata una delle ultime canzoni che ho scritto. Baton e Acid Rain mi sono servite per riflettere sul periodo della mia vita in cui la mia famiglia mi incoraggiava e io nemmeno me ne rendevo conto. Il rapporto con le mie sorelle è diventato molto più stretto negli ultimi tempi, a differenza di qualche anno fa. Siamo molto più in confidenza ora da adulti, di quanto lo fossimo da bambini. Sono davvero grato per questo, è un privilegio avere persone così nella tua vita che conosci e che ti conoscono da così tanto tempo.

Hai parlato di canto, ti sei esercitato per questo nuovo progetto?
Sì, lo sto facendo tuttora, anche se credo che capirò la mole di lavoro necessaria solo strada facendo. Ho studiato canto molto tempo fa, ma la voce è un muscolo che devi tenere in buona forma. In questo momento mi sto allenando per i concerti. Sarà interessante capire come gestirmi perché voglio dare vita a uno show energico come sempre ma, dovendo cantare di più, devo prendermi maggiore cura delle mie corde vocali.

I Model/Actriz saranno dal vivo in Italia al prossimo C2C Festival di Torino in autunno.

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