Interviste

Essere un giovane fuoriclasse: una conversazione tra calcio e musica con Moise Kean

Per il numero speciale su Capo Plaza e il rap in Europa il calciatore della Juventus, amico del rapper, ci ha parlato della sua passione per l’hip hop, per Bob Marley e delle ferite che lo hanno segnato

Autore Samuele Valori
  • Il15 Maggio 2024
Essere un giovane fuoriclasse: una conversazione tra calcio e musica con Moise Kean

I parallelismi nelle vite di due persone ci sono sempre, inutile girarci troppo intorno. Basta sforzarsi un po’ e qualcosa si scova. Ci sono alcuni casi però in cui le coincidenze sono così evidenti che danno l’idea di essere il preludio di un incrocio inevitabile, come quello tra Moise Kean e Capo Plaza. È il 27 maggio del 2017 e allo stadio Dall’Ara di Bologna il calciatore della Juventus diventa il primo classe 2000 a segnare un gol in uno dei principali campionati europei. Qualche mese dopo Capo Plaza segna una rete fondamentale pubblicando Giovane fuoriclasse, il singolo che lo lancerà definitivamente tra gli astri nascenti della trap italiana. Una canzone che ha idealmente (e di fatto) unito i due, facendoli diventare amici. Anche se finora, incredibile ma vero, come ci ha raccontato durante l’intervista, Moise Kean non è mai stato a un concerto di Plaza.  

«Pensiamo a nuovi progetti / Alziamo la coppa a Wembley» recita un verso del brano e fa venire in mente i successi e le ferite che hanno reso simili le loro carriere. Da un lato la passione comune per il rap: con i 19F, la gang degli amici di Asti, Moise ha superato il milione di streaming su Spotify con il singolo d’esordio OUTFITDall’altro, appunto, le ferite, come quella coppa che la Nazionale ha alzato proprio a Wembley, ma che Kean ha perso per un soffio a un passo dalla convocazione.
«Le sconfitte fanno parte del gioco» però e, anzi, sono le uniche ferite da cui si può e deve imparare qualcosa. Chissà che poi, proprio da quei tagli, non nascano gol o canzoni.

L’intervista a Moise Kean

Capo Plaza, ormai non è più solo un tuo amico, ma anche un tuo collega. Come vi siete conosciuti?
La prima volta che ci siamo sentiti è stato sui social. Era da poco uscita Giovane fuoriclasse e un giorno, mentre stavo guardando su Sky un servizio che parlava di me, hanno inserito proprio quel pezzo in sottofondo. Gli ho scritto dicendogli: “Ehi, però la canzone combina bene con le mie immagini”. Da lì abbiamo continuato a messaggiare finché non abbiamo trovato l’occasione di vederci dal vivo. Abbiamo un bel rapporto, appena possiamo cerchiamo di ritagliarci del tempo e ne approfittiamo per incontraci in studio. Parliamo, proviamo delle cose e ovviamente ascoltiamo musica.

Nel nuovo album Plaza parla delle ferite e di quanto il successo, anziché curarle, porti spesso alla solitudine. Per te vale la stessa cosa?
Sì, è vero. Nella vita inevitabilmente si devono compiere delle scelte e, prima o poi, ti ritrovi a dover sacrificare qualcosa. Talvolta devi staccarti da qualcuno per raggiungere i tuoi obiettivi.

A livello sportivo hai una ferita in particolare che ancora fatica a rimarginare?
Ad averne una sola, sarebbe bello fosse così.Sai, quando inizi a giocare a calcio devi aspettarti delle ferite e impari che continueranno a esserci finché giocherai. Ovviamente si alternano anche a dei momenti belli, però è un aspetto a cui devi far fronte e al quale devi preparati mentalmente. Lo sport segue un po’ l’andamento della vita.

Si guarisce mai da una sconfitta?
Per me la sconfitta non è mai una sconfitta e basta. Io cerco di prenderla come un insegnamento. Può sembrare banale, ma non è un caso che dopo aver perso una partita con l’allenatore e la squadra si analizzino gli errori e si prendano spunti per far meglio la volta successiva. E te lo dice uno che non sopporta le sconfitte. Io odio perdere. Col tempo però ho dovuto imparare ad accettarlo perché è inevitabile.

Vinicius Jr qualche settimana fa in conferenza stampa è scoppiato a piangere dicendo che gli insulti razzisti gli tolgono la voglia di giocare a calcio. Essere vittima di razzismo provoca ferite che difficilmente rimarginano.
Sì, è così, sono ferite che ti fanno stare molto male. Il calcio dovrebbe significare unione e rappresentare un simbolo di pace. Quando giochi non è che guardi al colore della pelle del tuo avversario. La testa è concentrata sul pallone e ti preoccupi solo di divertirti. Le persone che vanno allo stadio, soprattutto quelli che portano i bambini, e poi insultano i calciatori. È una cosa bruttissima perché tuo figlio poi farà la stessa cosa.

Gli ululati di Cagliari di qualche anno fa (Cagliari – Juventus 0-2 del 2 aprile 2019) mi distrussero perché per me era la prima volta. Io scendo in campo, non tanto per lavoro, non mi piace chiamarlo così, ma per giocare e vincere. Non me l’aspettavo. L’unico modo in cui potevo rispondere era con il gol e quando ho segnato, d’istinto, sono andato a esultare sotto la curva. Non era un modo per andare contro i tifosi del Cagliari, ma semplicemente per dire loro: “Sono così, quale è il problema?”.

Dopo l’episodio di Cagliari pubblicasti un post con un aforisma di Bob Marley: “Io amo la notte perché di notte tutti i colori sono uguali e io sono uguale agli altri”.
Beh, è un’icona. Lo ascolto fin da quando ero piccolo. Avevo le cassette e sapevo a memoria i testi delle sue canzoni. Me l’hanno fatto conoscere i miei genitori perché, devi sapere, che in famiglia non sono l’unico appassionato di musica. Anzi, c’è sempre stata questa usanza che alle cene più importanti, quelle dove ci sono tutti i parenti e gli amici, per esempio Natale, si balla tutti insieme, è una sorta di rito di condivisione. Bob Marley è stato l’artista con cui ho iniziato ad apprezzare la musica e col tempo, crescendo, ho imparato altre cose che magari da piccolo non potevo comprendere. Mi ha aperto la mente.

Tant’è che tuo figlio si chiama Marley. Quanto ha influito sulla tua vita, dato che ora devi preoccuparti anche delle sue ferite, oltre che delle tue.
Ha cambiato molte cose, in primis il mio modo di comportarmi. Non dico che adesso sono più responsabile, però rifletto molto prima di fare qualsiasi cosa. Sono più consapevole e questo mi rende molto felice.

Tornando alla musica, ora che sei cresciuto, quando l’ascolti e in che modo?
Sempre. Letteralmente tutti i giorni e in ogni momento. Per darti un’idea, anche prima di andare a dormire. Ho creato apposta una playlist con brani più tranquilli e soft per addormentarmi. Ne faccio di tutti i tipi. Ho la playlist “sole” con musica più allegra, la playlist “pioggia” un po’ più triste. Sì, sono in fissa con questa cosa.

Quale è la playlist più strana che hai creato?
Mmm…meglio di no. Non si può dire (ride n.d.r).

Da diverso tempo hai in parallelo una carriera da rapper. Quando trovi il tempo di scrivere e a cosa ti ispiri?
Parlo di quello che mi succede attorno, di ciò che vivo tutti i giorni e delle cose che ho passato. Infatti, scrivo sempre. Nei momenti in cui sono libero apro le note del telefono e butto giù qualche verso. È una cosa molto istintiva in realtà. Magari per un po’ sono ispirato, poi mi fermo, passano dieci minuti, ho un’illuminazione e riprendo subito il cellulare in mano. 

Quali altri rapper ascolta Moise Kean oltre a parte Capo Plaza?
È complicato dirti un nome preciso perché tendo ad ascoltare gli album appena escono. Se c’è un artista che pubblica un nuovo disco, lo sento subito. In generale sono un grande fan di Kodak, King Von, Young Thug, YoungBoy, tutti rapper che fanno roba che qua in Italia non è molto diffusa.

C’è qualcuno a cui ti ispiri nella scrittura?
Col fatto che ascolto molta musica, soprattutto tanto rap, diciamo che non ho un punto di riferimento preciso. Magari provo a prendere, qua e là, dai vari artisti che mi piacciono, qualcosa che mi colpisce, ma non per imitarli. Cerco sempre di aggiungere un tocco mio, di far emergere il mio stile. Non voglio essere una copia di qualcuno che esiste già, ma mi piace introdurre qualcosa di nuovo per essere riconoscibile. 

Hai raccontato a Dazn che stai scrivendo un pezzo con Rafa Leao e il tuo compagno di squadra Weston McKennie, è pronto?
Sì, è quasi finito, ma non so quando lo pubblicheremo. Un pezzo non puoi farlo uscire così, bisogna sempre trovare il momento giusto. Uscirà al momento giusto. Sì, non so quando uscirà, ma uscirà al momento gusto.

Il numero speciale “Capo Plaza e il rap in Europa” con l’intervista a Moise Kean è prenotabile a questo link.

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